Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8897 del 18/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 18/04/2011, (ud. 05/04/2011, dep. 18/04/2011), n.8897

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 18618/2009 proposto da:

P.M.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avv. ERCOLI Ennio, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 39/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di MILANO del 16.5.08, depositata il 05/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MARIAIDA PERSICO.

E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Il relatore Cons. Dott. Mariaida Persico, letti gli atti depositati, osserva:

1. P.M.A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 39/11/08, depositata il 5 giugno 2008, con la quale veniva rigettato l’appello da lei proposto e confermata la legittimità dell’avviso di accertamento che, ai fini Irpef anno 2000, rettificava il valore dell’avviamento dell’azienda ceduta; il giudice a quo, richiamata la giurisprudenza di questa Corte, ha assunto che l’amministrazione finanziaria è tenuta ad adeguarsi, in tema di accertamento ai fini Irpef delle plusvalenze realizzate a seguito di una cessione di azienda, a quanto già accertato ai fini dell’imposta di registro (alla quale è tenuto il compratore).

Si è costituita, controdeducendo, l’Agenzia delle Entrate 2. Il primo motivo del ricorso, con il quale si denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 54 (ora art. 68), è palesemente infondato secondo il principio di diritto già enucleato da questa Corte che ha costantemente affermato (ex plurimis Cass. n. 19548 del 2005): “i principi relativi alla determinazione del valore di un bene che viene trasferito sono diversi a seconda dell’imposta che si deve applicare, sicchè quando si discute di imposta di registro si ha riguardo al valore di mercato del bene, mentre quando si discute di una plusvalenza realizzata nell’ambito di un impresa occorre verificare la differenza realizzata tra il prezzo di acquisto e il prezzo di cessione. Ciò premesso (anche considerando che, in tema di accertamento, ai fini Irpef, delle plusvalenze realizzate a seguito di trasferimento di azienda, il valore dell’avviamento resosi definitivo ai fini dell’imposta di registro, assume carattere vincolante per l’amministrazione finanziaria), l’indicazione, nel bilancio di una società, di un’entrata derivante dalla vendita di un bene, inferiore rispetto a quella accertata ai fini dell’imposta di registro, legittima di per sè l’amministrazione a procedere ad accertamento induttivo mediante integrazione o correzione della relativa imposizione, mentre spetta al contribuente che deduca l’inesattezza di una tale correzione di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato rispetto al valore di mercato, dimostrando (anche con il ricorso ad elementi indiziari) di avere in concreto venduto proprio al prezzo (inferiore) indicato in bilancio.

Peraltro l’Ufficio, abilitato dalla legge ad avvalersi di presunzioni, può anche utilizzare una seconda volta gli stessi elementi probatori già utilizzati in precedenza e idonei secondo l’ordinamento a provare il fatto posto a base dell’accertamento”.

Nel caso di specie il giudice a quo, uniformandosi a tale principio, ha ritenuto corretto l’operato dell’ufficio che ne aveva fatto applicazione.

3. Il secondo motivo del ricorso, con il quale viene denunciata l’omessa ed insufficiente motivazione, è manifestamente fondato. Il giudice a quo, pur avendo elencato nella prima parte della sentenza gli elementi di fatto indicati dalla contribuente per dimostrare, in concreto, un valore della cessione inferiore a quello di mercato, omette totalmente di esaminarli, cosa alla quale era tenuto per quanto sopra detto.

4. Nel secondo motivo resta assorbito il terzo (relativo alla violazione del diritto di difesa) ed il quarto (relativo alla violazione del D.Lgs. n. 358 del 1997, artt. 1 e 2.

5. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio per manifesta infondatezza del primo motivo, manifesta fondatezza del secondo, assorbiti gli altri”.

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, va rigettato il primo motivo del ricorso, va accolto il secondo, assorbiti il terzo ed il quarto; l’impugnata sentenza va cassata in tali limiti con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale che, oltre ad applicare il principio di cui sopra, provvedere anche a regolamentare le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo, assorbiti il terzo ed il quarto; cassa l’impugnata sentenza in tali limiti e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione Tributaria della Lombardia.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2011

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