Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8895 del 13/05/2020

Cassazione civile sez. III, 13/05/2020, (ud. 17/02/2020, dep. 13/05/2020), n.8895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29917/2018 proposto da:

R.G., R.M., D.S.L., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA YSER, 8, presso lo studio dell’avvocato

VITTORIO MARTELLINI, rappresentati e difesi dall’avvocato ALESSANDRO

DALL’IGNA;

– ricorrenti –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 118, presso lo studio

dell’avvocato FRANCOISE MARIE PLANTADE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ANDREA COLLETTI;

REALE MUTUA ASSICURAZIONI SPA, in qualità del Dirigente Procuratore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CONCA D’ORO 300, presso lo

studio dell’avvocato GIOVANNI BAFILE, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIORGIO MARPILLERO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1905/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 04/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/02/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.M., ragazzo che all’epoca dei fatti aveva (OMISSIS) anni, ha provocato l’incendio ad un fienile di proprietà di S.R..

Quest’ultimo era coperto da assicurazione, per i danni alla sua proprietà, con la società Reale Mutua, la quale, dopo aver risarcito il S. dei danni subiti, stante l’inerzia di quest’ultimo, ha agito in surrogatoria verso gli autori del danno, ed in particolare verso i genitori del R., in proprio e quali rappresentati del figlio all’epoca minorenne.

Costoro si sono costituiti in giudizio innanzitutto negando responsabilità alcuna del figlio; in secondo luogo chiedendo ed ottenendo la chiamata in causa della Groupama Assicurazioni, con la quale avevano un contratto per la copertura dei danni causati dai membri della famiglia, e dalla quale dunque pretendevano di essere garantiti in caso di condanna al risarcimento.

La Groupama si è costituita ed ha eccepito la decadenza dalla garanzia assicurativa, sostenendo, ma facendone altresì oggetto di una domanda riconvenzionale, che gli assicurati avevano taciuto una circostanza determinante, ossia la malattia del figlio, il morbo di Klinefelter, che induce ad una certa piromania.

Il Giudice di primo grado ha ritenuto fondata questa eccezione, e la relativa domanda riconvenzionale, dichiarando dunque la decadenza dei convenuti dalla garanzia assicurativa. Ha però omesso di pronunciare sulla domanda principale di Reale Mutua di risarcimento del danno in surroga del danneggiato.

Hanno dunque proposto appello sia i genitori del ragazzo, ossia R.G. e D.S.L., che lo stesso R.M., diventato nel frattempo maggiorenne.

Ma ha proposto appello incidentale anche la Reale Mutua quanto alla domanda di risarcimento su cui il giudice di primo grado aveva omesso di pronunciare.

La corte di appello ha accolto quest’ultima, condannando il R. al risarcimento verso la Reale Mutua, che agiva in surroga del danneggiato, ed ha confermato la decisione di primo grado quanto alla decadenza dalla garanzia.

I convenuti, R.G., D.S.L. e R.M. ricorrono con sette motivi. V’è costituzione, con controricorso, sia della Reale Mutua che di Groupama Assicurazioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della sentenza impugnata.

La corte di appello ritiene che sebbene il disturbo psichico di piromania sia stato diagnosticato nel 2006, tuttavia già all’epoca della sottoscrizione della polizza, nel 1998, la condizione del minore era nota, e note erano le sue tendenze a comportamenti anomali, ed in alcuni casi rivolti al danneggiamento, cosi che l’attenzione dei genitori avrebbe dovuto essere maggiore del normale controllo che si esercita sui figli. Inoltre, l’omissione è da ritenersi rilevante ai fini della copertura assicurativa.

La corte accoglie poi l’appello incidentale della Reale Mutua, rilevando l’omessa pronuncia del giudice di primo grado, e condanna R.M., diventato maggiorenne, al risarcimento dei danni, in solido con i genitori, per l’incendio appiccato, ritenendo che l’autore all’epoca dei fatti era, si, affetto da quel disturbo ma capace di intendere e di volere.

2.- R.G., R.M. e D.S.L. agiscono con sette motivi.

2.1.- Con il primo motivo, denunciano violazione degli artt. 115,132 c.p.c. e art. 1895 c.c..

Ritengono errata la pronuncia della corte di appello nella parte in cui ha ritenuto reticenti le dichiarazioni degli assicurati in ordine alla malattia del ragazzo, senza considerare tuttavia che tale patologia è stata diagnosticata nel 2006, mentre il contratto è stato concluso nel 1998, e che dunque al momento della stipula i genitori non potevano conoscere ciò che solo molti anni dopo sarebbe stato accertato.

Nè può dirsi corretta la decisione impugnata per via del fatto che, accertato il rinnovo annuale della polizza, ha considerato che gli assicurati ben potevano, al momento, per l’appunto, di tale rinnovo, dichiarare la malattia del figlio, una volta venutine a conoscenza.

Infatti, secondo i ricorrenti, la polizza non si rinnovava automaticamente, piuttosto il frazionamento annuale era riferito al premio assicurativo, e non già al rinnovo.

Questo motivo di ricorso, conseguentemente, piuttosto che una erronea interpretazione dell’art. 1895 c.c., lamenta sia errore percettivo sul fatto (non essersi accorti che solo nel (OMISSIS) la malattia è stata diagnostica, o non averne tenuto conto), sia in subordine, difetto di motivazione, per avere ritenuto comunque consapevoli i genitori nonostante al momento della polizza (1998), la malattia non fosse stata diagnostica, e lo sarebbe stata solo molti anni dopo (2006).

2.2.- Il secondo motivo ed il terzo motivo attengono, nella medesima direzione, ai presupposti della reticenza contestata.

Infatti, il secondo motivo denuncia sempre violazione degli artt. 115,132 c.p.c. e art. 1892 c.c., attribuendo alla corte di merito di avere ritenuto in modo immotivato, e senza che vi fossero prove, la colpa o il dolo dei genitori nel fatto di aver taciuto la malattia del figlio, elemento soggettivo invece da escludersi in ragione della insorgenza o della diagnosi successiva alla stipula.

Il terzo motivo denuncia violazione, anche esso delle medesime norme (artt. 132,115 c.p.c. e art. 1892 c.c.), in relazione ad un diverso aspetto.

La corte di merito avrebbe errato, motivando non sufficientemente e comunque omettendo di considerare fatti probatori rilevanti (errore percettivo) quanto alla circostanza che la compagnia di assicurazione ha omesso di fare il questionario, o meglio, nel questionario presentato agli assicurati, ha omesso di chiedere informazioni specifiche sulle circostanze rilevanti, come quella della malattia del figlio.

La corte di merito non avrebbe tenuto conto di tale omissione, pur essendo stata fatta valere con specifico motivo di appello.

Inoltre, vi sarebbe insufficiente motivazione ed errore percettivo sulla clausola del contratto, con la quale si pretendono informazioni utili dagli assicurati, che se attentamente considerata, avrebbe portato a ritenere che non conteneva informazioni sanitarie o sulla salute degli assicurati.

Il quarto motivo denuncia questo capo di sentenza sotto altro profilo, ossia sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo e rilevante (art. 360, n. 5), quello per l’appunto della mancata predisposizione del questionario e del mancato esame della clausola suddetta.

Il quinto motivo invece denuncia violazione degli artt. 2697 c.c..

Secondo i ricorrenti la corte avrebbe dato per provato il carattere determinante delle reticenze, nel senso di ritenere che se l’assicurazione fosse stata informata non avrebbe stipulato, e ciò in assenza di ogni prova concludente, e senza considerare che l’onere della dimostrazione di tale decisività competeva all’assicurazione.

Il sesto motivo denuncia omessa pronuncia quanto ad un punto decisivo e controverso.

I ricorrenti assumono di avere posto con l’appello la questione della rinuncia tacita da parte dell’assicurazione, la quale il 30.3.2006 recedeva dal contratto di assicurazione, il successivo 30.10.2006 confermava la regolarità della denuncia del sinistro, e solo 21.10.2008 dichiarava di volersi avvalere dell’art. 1892 c.c., facendo valere decadenza dalla copertura assicurativa. Il lasso di tempo cosi trascorso era indice di rinuncia, posta all’attenzione della corte di appello e non considerata, in quanto la corte si limitava a prendere in considerazione solo la questione della decadenza dall’azione di annullamento del contratto e non della rinuncia.

Il settimo motivo attiene invece all’appello incidentale della Reale Mutua, e denuncia sia violazione degli artt. 115 e 132 c.p.c., che dell’art. 2046 c.c..

Secondo la corte di merito, considerate le perizie in atti, il ragazzo, al momento del fatto, era capace di intendere e volere e dunque responsabile dei danni causati con l’incendio, unitamente ai genitori che comunque non lo avrebbero controllato.

Ritengono i ricorrenti che questa decisione è stata emessa sulla base della sola conclusione peritale, per la quale la malattia incideva sulle facoltà intellettive del minore ma senza renderlo incapace del tutto.

Si contesta dunque alla corte di appello di aver basato la sua conclusione solo su questo dato senza scendere a valutare l’effettivo sviluppo del minore e lo stato psicologico in cui si trovava.

3.- Il ricorso è infondato.

I primi tre motivi attengono all’accertamento della reticenza ed alla sua rilevanza e possono esaminarsi congiuntamente.

La censura principale è nella circostanza che i genitori hanno saputo della malattia solo nel 2006 mentre nel 1998, quando il contratto è stato stipulato, non ne erano a conoscenza e non potevano dichiararla, con la conseguenza (secondo motivo) che difetta l’elemento soggettivo della reticenza e che difetta comunque la rilevanza di tale omissione ai fini della polizza (terzo motivo).

Si tratta di censure che mirano tuttavia a smentire un accertamento in fatto, sotto l’apparente rubrica della violazione di legge. Invero, la corte ha accertato che, sin dal 1998, il minore manifestava comportamenti che avrebbero dovuto indurre i genitori ad una maggiore attenzione, e per i quali era in cura psicologica (p. 10) e questo è un accertamento in fatto, motivato dalla corte e qui non censurabile. Cosi deve dirsi anche per l’elemento soggettivo la cui sussistenza (dolo o colpa) è allo stesso modo oggetto di accertamento in fatto insindacabile se adeguatamente motivato, come ha fatto la corte di appello (p. 13) anche quanto alla rilevanza. Pur se sintetica, sul punto, la motivazione è corretta: non può infatti negarsi che la tendenza ad appiccare incendi è una circostanza la cui conoscenza è decisiva per un’assicurazione da responsabilità civile.

Il quarto motivo denuncia omesso esame della questione della mancata predisposizione del questionario.

Il motivo intanto è inammissibile a cagione della doppia conformità delle decisioni di merito (art. 348 ter c.p.c.).

Comunque sia, il fatto non è decisivo per la soluzione della controversia, posto che l’onere di denuncia delle circostanze rilevanti (tra queste la malattia) sorge solo che l’assicurazione manifesti interesse a conoscere gli stati rilevanti che possano condizionare il suo impegno contrattuale, interesse che è validamente e sufficientemente manifestato attraverso un generico questionario, volto a stimolare la dichiarazione della controparte.

Correttamente è stato osservato che la predisposizione di un questionario da parte dell’assicuratore, benchè non abbia la funzione di “tipizzare” le possibili cause di annullamento del contratto di assicurazione per dichiarazioni inesatte o reticenti, evidenzia tuttavia l’intenzione dell’assicuratore di annettere particolare importanza a determinati requisiti e richiama l’attenzione del contraente a fornire risposte complete e veritiere sui quesiti medesimi e, quindi, dev’essere valutata dal giudice in sede di indagine sul carattere determinante, per la formazione del consenso, dell’inesattezza o della reticenza (Cass. 4682/1999), cosi che è sufficiente che l’assicuratore chieda all’assicurato di denunciare ogni possibile situazione che possa aumentare il rischio o concretizzarlo del tutto (Cass. 27578/2011). Risulta pacifico che un questionario è stato sottoposto e che v’era richiesta di denunciare circostanze rilevanti ed incidenti sul rischio, e tale adempimento è sufficiente a manifestare interesse dell’assicuratore per situazioni rilevanti ai fini del concretizzarsi dell’evento. Infondato è altresì il quinto motivo che invece denuncia violazione delle norme in tema di onere della prova.

Secondo i ricorrenti la corte avrebbe ritenuto provate le circostanze di cui sopra (conoscenza della malattia, sua omessa denuncia, con colpa e dolo e rilevanza di questa omissione) ma senza che l’assicurazione, cui incombeva l’onere probatorio, avesse dimostrato alcunchè.

Si tratta anche essa di una censura inammissibile.

Infatti, la corte non inverte la regola sull’onere della prova, non dice, in alcun luogo della motivazione, che spetta agli assicurati provare i presupposti dell’annullamento chiesto dall’assicurazione, piuttosto ritiene la prova raggiunta sulla base di quanto emerso ed allegato (prevalentemente dalla stessa assicurazione) in atti.

Il sesto motivo denuncia omessa pronuncia quanto all’avvenuta rinuncia dell’assicurazione al diritto di chiedere l’annullamento.

La corte si sarebbe pronunciata solo quanto alla decadenza, rigettando l’eccezione, ma non avrebbe detto alcunchè sulla rinuncia.

A parte il rilievo sulla doppia conforme, anche qui il motivo mira a far valere una omissione irrilevante, nel senso che se anche la corte avesse espressamente (lo ha fatto implicitamente) esaminato il fatto, l’esito non sarebbe cambiato in quanto è pacifico che l’assicurazione ha esercitato l’azione di annullamento, ossia ha fatto valere la reticenza, sia pure due anni dopo.

Ovviamente far valere tardivamente il diritto, o con ritardo (ma non v’è ovviamente un termine in questo caso), non vuol dire rinunciarvi.

Il settimo motivo attiene alla questione invece della fondatezza dell’appello incidentale, in accoglimento del quale, la corte ha condannato l’allora minore (in solido con i genitori) al risarcimento dei danni per l’incendio appiccato alla altrui proprietà.

Qui la censura muove rilievi in fatto: ossia denuncia l’insufficienza della sola perizia a dimostrare che il minore era capace d’intendere ciò che faceva. I ricorrenti ritengono che la consulenza medica non era sufficiente e che bisognava andare oltre, e tuttavia cosi viene sindacato un accertamento in fatto non censurabile qui; ma soprattutto la censura è fatta in termini generici, nel senso che i ricorrenti, premesso che la consulenza tecnica non era sufficiente, non dicono quali altre prove deponessero in senso contrario; cosi che, se si tratta di censurare il ricorso, quale unica prova, alle conclusioni del CTU, in astratto, il motivo è infondato, ben potendo una decisione essere assunta sulla base di un accertamento tecnico, se non vi sono elementi contrari da tenere in conto.

Il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento della somma di 2200,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2020

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