Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8895 del 06/04/2017

Cassazione civile, sez. un., 06/04/2017, (ud. 15/11/2016, dep.06/04/2017),  n. 8895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sezione –

Dott. DIDONE Antonio – Presidente di Sezione –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sezione –

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di Sezione –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 5918/2016 R.G. proposto da:

DIESEL CENTER S.P.A., in persona del legale rappresentante

rappresentata e difesa dagli avv.ti Paolo Berruti e Maria Grazia

Alfisi, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via

Flaminia, n. 135;

– ricorrente –

contro

MAN TRUCK & BUS AG, in persona del legale rappresentante

rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Gigli, con domicilio

eletto presso il suo studio in Roma, via G. Pisanelli, n. 4;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Genova, n. 980,

depositata in data 28 luglio 2015;

sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 15 novembre 2016

dal consigliere dott. Pietro Campanile;

sentiti per la ricorrente gli avv.ti Berruti e Arfisi;

sentito per la controricorrente l’avv. Gigli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FUZIO Riccardo, il quale ha concluso per il rigetto

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata in data 25 ottobre 2012 il Tribunale della Spezia, pronunciando sulla domanda proposta dalla S.p.a. Diesel Center nei confronti della MAN Truck & Bus AG, con sede in (OMISSIS), in relazione all’accertamento dell’illegittimità della risoluzione del rapporto commerciale dichiarata dalla convenuta e al conseguente risarcimento del danno, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice italiano, affermando la competenza internazionale, in via esclusiva, del giudice tedesco.

2. La Corte di appello di Genova, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato il gravame proposto dalla Diesel, confermando la decisione di primo grado.

2.1. In particolare, è stata rilevata l’inammissibilità del primo motivo di appello, con il quale era stato dedotto che il Tribunale, ritenendo che fosse stata pattuita la giurisdizione in via esclusiva del foro di Monaco di Baviera, aveva erroneamente interpretato l’accordo quadro: in proposito si è osservato che risultava violato – avendo l’appellante meramente richiamato le difese svolte in primo grado – il principio di specificità sancito dall’art. 342 c.p.c..

2.2. In merito alla seconda censura, fondata sull’assenza di specifica sottoscrizione della clausola di deroga della giurisdizione, in quanto contenuta nelle condizioni generali di contratto richiamate dalle parti nel contratto, la corte distrettuale ha osservato che, a prescindere dall’adesione dell’appellante a detta clausola, per aver in precedenza intrapreso un giudizio, nell’ambito del medesimo rapporto, davanti al Tribunale di Monaco di Baviera, il requisito della forma scritta, ai sensi dell’art. 23 del Regolamento U.E. n. 44 del 2001, è rispettato anche quando, come nella specie, la clausola risulti fra le condizioni generali di contratto, purchè esso, debitamente sottoscritto – non ricorrendo per altro la necessità di una specifica approvazione – contenga un espresso richiamo a dette condizioni generali.

3. Per la cassazione di tale decisione la S.p.a. Diesel Center propone ricorso, affidato a due motivi, illustrati da memoria, cui la società intimata resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione al successivo art. 360, comma 1, n. 4: si sostiene che la formulazione della doglianza ritenuta inammissibile dalla Corte di appello aveva in realtà consentito alla stessa di apprezzarne la portata, per altro puntualmente indicata nella decisione impugnata, con riferimento alla previsione “franco cantiere Italia”, contenuta nell’art. 2 dell’Accordo Quadro in data 11 marzo 2003, con la quale “la volontà negoziale si era conformata alle previsioni normative dettate in materia di compravendita internazionale”.

2. La censura è infondata.

2.1. Dall’esame degli atti, consentito dalla natura procedurale del vizio dedotto, emerge che nella decisione di primo grado, premesso che le parti avevano validamente attribuito, ai sensi dell’art. 23 del Regolamento U.E. n. 44 del 2001, la competenza internazionale al giudice tedesco, si era osservato che “le molteplici integrazioni contrattuali successive all’accordo dell’11 marzo 2003 – alcune delle quali indicano la competenza giurisdizionale del giudice italiano – assumono evidente carattere di accordi particolari destinati a regolamentare prevalentemente solo nuove e diverse modalità di pagamento da parte di Diesel Center in favore di Man e non rivestono certamente efficacia novativa dell’accordo fondamentale, che anzi viene sempre espressamente o implicitamente richiamato e mai sostituito da tali parziali accordi”.

2.2. Nel primo motivo formulato nell’atto di appello, giudicato inammissibile dalla Corte distrettuale, si deduceva che il Tribunale avrebbe trascurato l’esame delle pattuizioni intercorse, e si affermava, in sostanza, che, avendo le parti stabilito la consegna dei motori marini “franco cantiere Italia”, le stesse, essendosi poi attenute a tale clausola, in quanto “tutte le forniture sono state eseguite presso gli stabilimenti di Diesel Center in (OMISSIS)”, avrebbero in tal modo inteso conformarsi alle previsioni dell’art. 5 del citato Regolamento n. 44/2001, nella parte in cui prevede la competenza giurisdizionale, in caso di compravendita di beni, del luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati.

Orbene, premesso che la specificità dei motivi deve essere correlata al tenore e alla portata delle argomentazioni della decisione impugnata (Cass., 4 marzo 2014, n. 5022; Cass., 26 gennaio 2014, n. 1651), deve constatarsi che nel motivo di appello in esame non solo è assente qualsiasi accenno critico alla rilevata assenza, da parte del Tribunale, di aspetti novativi, negli accordi integrativi intervenuti in epoca successiva alla stipulazione del contratto in data 11 marzo, rispetto alla clausola derogatoria della giurisdizione, ma, addirittura, l’esistenza e l’efficacia di detta clausola vengono interamente pretermesse, richiamandosi esclusivamente i criteri di determinazione della giurisdizione previsti, in assenza di accordi in tema di proroga della giurisdizione, dal citato Regolamento U.E. n. 44 del 2001.

2.3. Deve pertanto osservarsi che, come correttamente ritenuto nell’impugnata decisione, la censura in esame è totalmente carente del requisito della specificità prescritto dall’art. 342 c.p.c., che richiede la necessità della presenza, dell’atto di appello, di una parte argomentativa che – contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata – con espressa e motivata censura, miri a incrinarne il fondamento logico-giuridico (Cass., 16 maggio 2014, n. 13546).

3. Con il secondo mezzo, deducendosi violazione delle norme sulla giurisdizione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, si sostiene che, pur non essendo necessaria la specifica approvazione per iscritto della clausola con la quale viene attribuita la competenza esclusiva dei giudici di uno Stato membro a conoscere delle controversie scaturite da un determinato rapporto giuridico, nella specie la validità di detta clausola doveva escludersi in quanto nella specie la stessa figurava al punto XIII.3 delle Condizioni generali di fornitura, che non erano stampate a tergo dell’Accordo Quadro dell’11 marzo 2003, ma semplicemente allegate al contratto, “senza alcun elemento di congiunzione che le rendesse parte integrante e unitaria della convenzione sottoscritta”. Nè la circostanza relativa a un precedente giudizio intrapreso dalla società ricorrente presso il Tribunale di Monaco poteva assumere la valenza di un comportamento successivo tale da integrare l’ipotesi di cui alle lettere b) e c) del Regolamento U.E. n. 44 del 2001, art. 23, trattandosi di un evento isolato, al quale non poteva attribuirsi il significato univoco di un’effettiva e consapevole adesione alla clausola suddetta.

3.1. La censura è infondata.

La questione proposta dalla ricorrente è incentrata sui requisiti formali richiesti dall’art. 23, paragrafo 1, del Regolamento U.E. n. 44 del 2001 ai fini della validità della clausola di attribuzione della giurisdizione, la quale, in linea di principio, deve intendersi esclusiva (Corte giustizia, 21 maggio 2015, El Majdoub): in proposito è stato più volte sottolineato che il rispetto delle forme richieste da detto regolamento ha la funzione di garantire che il consenso in merito alla proroga della giurisdizione sia stato effettivamente prestato (Corte giustizia, 6 maggio 1980, Porta-Leasing).

L’indagine deve quindi essere diretta alla verifica dell’esistenza di una pattuizione fra le parti che sia manifestata “in modo chiaro e preciso”, in maniera tale da tutelare il contraente più debole, evitando che clausole attributive di giurisdizione, inserite nel contratto da una sola delle parti, passino inosservate (Corte giustizia, 16 marzo 1999, Castelletti).

3.2. In relazione all’ipotesi, come quella in esame, in cui la clausola di proroga della giurisdizione sia contenuta nella condizioni generali di contratto, si ritiene che essa sia lecita, qualora nel testo del contratto sottoscritto dalle parti – senza la necessità di una specifica approvazione per iscritto, come riconosce la stessa ricorrente (cfr. Cass., Sez. U, 14 giugno 2007.n. 13891; id. 27 settembre 2006, n. 20887; id., 4 gennaio 1995, n. 90) – sia contenuto un richiamo espresso alle condizioni generali contenenti la clausola stessa (Corte giustizia, 20 aprile 2016, Profit Investment SIM; Cass., Sez. U, 9 marzo 2012, n. 3693; Cass. Sez. U, 27 settembre 2006 n. 20887).

3.3. Tale circostanza, come correttamente posto in rilievo nell’impugnata decisione, si è verificata nella presente vicenda, in quanto nell’accordo contrattuale in data 11 marzo 2003, sottoscritto da entrambe le parti, vi è un esplicito riferimento alle Condizioni Generali, per altro allegate al contratto stesso, le quali al paragrafo XIII prevedono espressamente la deroga a favore del foro di Monaco di Baviera, non a caso già adito in precedenza dall’odierna ricorrente in relazione a una controversia riferibile al medesimo rapporto contrattuale.

3.4. L’orientamento secondo cui la clausola attributiva di giurisdizione è lecita ed efficace qualora nel testo del contratto firmato dalle parti sia contenuto un richiamo espresso a condizioni generali che la prevedano, è stato ribadito di recente dalla Corte di giustizia (sentenza 7 luglio 2016, Hosziz Kft), con la precisazione che è necessario che risulti provato che le condizioni generali contenenti la clausola attributiva di giurisdizione siano state effettivamente comunicate all’altro contraente.

Appare del tutto evidente, sotto tale profilo, che l’allegazione al contratto delle condizioni generali costituisce un quid pluris rispetto alla mera trasmissione delle stesse all’altro contraente, ragion per cui, in virtù dell’esplicito richiamo alle stesse contenuto nel punto 8 dell’accordo in data 11 marzo 2003, deve ritenersi integrati i requisiti di forma richiesti dal citato regolamento n. 44, in forza dei quali, come sopra evidenziato, è consentito ritenere che si sia formato il consenso in merito alla clausola di attribuzione della giurisdizione esclusiva al giudice tedesco.

4. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese relative al giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00, cui Euro 5.000,00 per compensi, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2017

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