Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8892 del 14/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 14/04/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 14/04/2010), n.8892

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – President – –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consiglie – –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consiglie – –

Dott. BALLETTI Bruno – Consiglie – –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15611-2006 proposto da:

INARCASSA – CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA PERI GLI

NGEGNERI ED ARCHITETTI LIBERI PROFESSIONISTI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BOCCA DI LEONE 78, presso lo studio dell’avvocato LUCIANI MASSIMO,

che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO FRANCESCO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GRAGNOLI ENRICO,

giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 932/2005 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 11/02/2006 R.G.N. 551/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato LEONIDA CRAGNOLI per delega GRAGNOLI ENRICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO RICCARDO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 16.2.1996, T.G.F. convenne in giudizio avanti al Pretore di Reggio Emilia la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti (qui di seguito, per brevita’, anche “Inarcassa”) e, premesso di essere stato iscritto dall’1.1.1964 al 31.12.1969 e, successivamente, dal 10.9.1981 in poi presso la convenuta, chiese la condanna di quest’ultima alla corresponsione della pensione di vecchiaia, con decorrenza dal 1 marzo 1995 o, comunque, dai raggiungimento di venti anni di anzianita’ contributiva. Il Giudice di prime cure, sulla resistenza dell’Inarcassa, accolse la domanda con decorrenza dal 1 marzo 1995.

La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza in data 17.11.2005 – 11.2.2006, accogliendo parzialmente l’impugnazione proposta dall’Inarcassa, dispose la condanna di quest’ultima alla corresponsione della pensione con decorrenza dal 1 ottobre 1995 (avendo l’espletata CTU accertato che soltanto il 10.9.1995 il T. aveva maturato venti anni di anzianita’ contributiva) e compenso’ le spese “con eccezione” di quelle di CTU, poste definitivamente a carico dell’Inarcassa.

A sostegno del decisum la Corte territoriale, per quanto qui specificamente rileva, ritenne che, nel caso di specie, doveva farsi applicazione della norma transitoria di cui alla L. n. 6 del 1981, art. 25, comma 7, con conseguente diritto del T. alla pensione richiesta al raggiungimento di venti anni di anzianita’ contributiva (anziche’ trenta come successivamente previsto), dovendo al contempo escludersi che tale disposizione riguardasse soltanto coloro che erano iscritti all’Inarcassa al momento di entrata in vigore della legge.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale l’Inarcassa ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.

L’intimato T.G.F. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge (L. n. 6 del 1981, art. 25, comma 7), nonche’ vizio di motivazione, osservando che, ai sensi della legge indicata, il diritto a pensione di vecchiaia degli ingegneri liberi professionisti ad essa iscritti maturava, all’epoca cui si riferisce la domanda di pensione, al compimento del 65 anno di eta’ del professionista ed in presenza del requisito contributivo minimo di 30 anni di versamenti e che la norma transitoria di cui alla L. n. 6 del 1981, art. 25, comma 7, n. 1 (secondo cui “Gli iscritti alla Cassa in data anteriore all’entrata in vigore della presente legge conservano il diritto … alla pensione di vecchiaia con l’anzianita’ minima di 20 anni” cosi’ come previsto dalla disciplina di legge anteriore) va interpretata nel senso che la conservazione del diritto al minor requisito contributivo minimo riguarda soltanto coloro che, oltre ad essere stati iscritti in epoca antecedente alla entrata in vigore della legge, lo fossero altresi’, a differenza del T., anche a quest’ultima data.

La questione all’esame e’ stata reiteratamente decisa dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha enunciato il principio interpretativo, da ritenersi ormai consolidato, secondo cui la L. n. 6 del 1981, art. 25, comma 7, con l’espressione “iscritto alla cassa in data anteriore alla entrata in vigore della presente legge”, fa riferimento ad una situazione statica in se’ conclusa e non gia’ ad un’iscrizione perdurante nel vigore della nuova legge (cfr, ex pluhbus, Cass., nn. 1818/89; 4559/2002; 18532/2006; 17424/2007;

13815/2008; 5571/2009).

Sotto il profilo testuale e’ stato infatti osservato che la norma transitoria in esame, laddove, attraverso l’impiego della preposizione “in”, fa riferimento ad una situazione statica e in se’ conclusa e non gia’ ad una situazione in via di svolgimento, porta ad escludere qualsiasi rilevanza alla permanenza della stessa iscrizione alla data di entrata in vigore della nuova legge; sotto il profilo logico-sistematico e’ stato poi rilevato che, nel precedente comma 6 del medesimo articolo di legge, laddove il legislatore ha inteso legare, con norma transitoria, la conservazione di una determinata disciplina precedente alla iscrizione continuativa alla cassa a partire da una certa data, lo ha detto esplicitamente, usando l’avverbio “continuativamente”, che invece non viene usato nel comma in esame.

In definitiva quindi, la sola iscrizione all’Inarcassa in data anteriore all’entrata in vigore della L. n. 6 del 1981 e’ condicio iuris, necessaria e sufficiente, per la soggezione dell’iscritto al regime transitorio di cui all’art. 25, comma 7, della stessa legge, che conserva il piu’ favorevole requisito assicurativo e contributivo per l’accesso alla pensione di vecchiaia (anzianita’ minima di venti anni) previsto dalla normativa previgente (cosi’, in particolare, Cass., n. 18532/2006, cit). Ritiene il Collegio di dover dare continuita’ a tale orientamento ermeneutico, non ravvisando nelle argomentazioni della ricorrente nuove ragioni di critica tali da giustificare una diversa lettura della norma all’esame, cosicche’, essendosi la Corte territoriale conformata all’interpretazione accolta, il motivo all’esame non puo’ trovare accoglimento.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge (artt. 91 e 92 c.p.c.; art. 152 disp. att. c.p.c.), nonche’ vizio di motivazione, dolendosi che la Corte territoriale abbia posto a definitivo carico di essa ricorrente le spese di CTU, benche’ tale mezzo istruttorio non fosse stato richiesto e avesse condotto alla parziale soccombenza della controparte.

Premesso che la ricorrente non si duole dell’avvenuta compensazione delle spese di lite, ma solo del definitivo aggravio di quelle di CTU, osserva il Collegio che, secondo il condiviso orientamento di questa Corte, nessuna violazione della normativa concernente la regolamentazione delle spese puo’ ravvisarsi nel fatto che il giudice di merito, pur disponendone l’integrale compensazione, abbia lasciato quelle di consulenza tecnica a carico della parte che le aveva anticipate, atteso che cio’ che e’ potenziale oggetto di condanna e’ necessariamente anche, in non minor misura, potenziale oggetto di esclusione della condanna attraverso la compensazione (cfr. Cass., nn. 633/2003; 7054/2004); ne consegue che, stante la complessiva soccombenza dell’Inarcassa, quest’ultima ben avrebbe potuto, ai sensi del disposto dell’art. 91 c.p.c. essere condannata al pagamento di tutte le spese processuali (ivi comprese quelle di CTU), cosicche’ la Corte territoriale, ravvisando la sussistenza di giusti motivi nella “complessita’ della questione trattata”, ha fatto legittima applicazione del disposto dell’art. 92 c.p.c., comma 2, che consente la compensazione, anche solo parziale, delle spese.

Anche il motivo all’esame va dunque disatteso.

3. In conclusione il ricorso va rigettato, con conseguente condanna alle spese, nella misura indicata in dispositivo, della parte soccombente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 34,00, oltre ad Euro 3.000,00 (tremila) per onorari, spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2010

 

 

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