Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8892 del 04/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8892 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA

sul ricorso 18136-2011 proposto da:
SCHIPANI

MARIO

SCHMRA58M15D181L,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE IPPOCRATE 33, presso lo
studio dell’avvocato GIORGIO NUCARO AMICI,
rappresentato e difeso dall’avvocato AUGUSTO SERVINO
t

giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –

2015

contro

407

ELIA

ATTILIO

LEITTL49R15C542F,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CERVATARI, 18, presso lo
studio dell’avvocato GIOVANNI TOMAINO, rappresentato

1

Data pubblicazione: 04/05/2015

e difeso dall’avvocato MARIA CANDIDA ELIA giusta
procura a margine del controricorso;
– controricorrente nonchè contro

FIRS ITALIANA ASSICURAZIONI SPA IN LCA 02113671008,

D’ITALIA, MACRI’ ANGELA MCRNGL23E551671C;
– intimati –

Nonché da:
FIRS ITALIANA ASSICURAZIONI SPA IN LCA 02113671008 in
persona del Commissario Liquidatore Dott. MARIO
PERRONE, domiciliata ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata
e difesa dall’avvocato BRUNO DORIA, giusta procura
speciale in calce al controricorso e ricorso
incidentale;
– ricorrente incidentale contro

MARIO

SCHIPANI

SCHMRA58M15D181L,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE IPPOCRATE 33, presso lo
studio dell’avvocato GIORGIO NUCARO AMICI,
rappresentato e difeso dall’avvocato AUGUSTO SERVINO
giusta procura speciale a margine del ricorso
principale;
ELIA

ATTILIO

LEITTL49R15C542F,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CERVATARI, 18, presso lo

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INA ASSITALIA SPA GIA’ ASSITALIA LE ASSICURAZIONI

studio dell’avvocato GIOVANNI TOMAINO, rappresentato
e difeso dall’avvocato MARIA CANDIDA ELIA giusta
procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti all’incidentale nonchè contro

D’ITALIA, MACRI’ ANGELA MCRNGL23E551671C;
– intimati –

avverso la sentenza n. 413/2010 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 19/05/2010, R.G.N.
1379/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/02/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA

CARLUCCIO;
udito l’Avvocato ANNAMARIA FERRETTI per delega;
udito l’Avvocato BRUNO DORIA;
udito l’Avvocato MASSIMO BELELLI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
il rigetto di entrambi i ricorsi; –

3

INA ASSITALIA SPA GIA’ ASSITALIA LE ASSICURAZIONI

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.La Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza di
primo grado, decidendo in tema di risarcimento del danno derivante da
sinistro stradale, ai fini che ancora rilevano nella controversia, riconobbe
a Mario Schipani una invalidità permanente pari al 30%, determinando di
conseguenza la quantificazione del danno non patrimoniale, tenuto conto
della somma versata a titolo di provvisionale imputata al capitale per il

limitazione della capacità lavorativa specifica pari al 15%, con
corrispondente quantificazione del danno patrimoniale. Condannò in
solido il proprietario della autovettura, responsabile del sinistro (Elia
Attilio) e Assitalia le Assicurazioni d’Italia, quale impresa designata del
FGVS, nei confronti della quale il processo era stato anche riassunto,
dopo l’interruzione dovuta alla liquidazione coatta amministrativa della
FIRS Italiana Assicurazioni Spa (sentenza del 19 maggio 2010).
Avverso queste statuizioni ricorre in via principale il danneggiato Schipani
con tre motivi attinenti al quantum della liquidazione.
Nel resistere in giudizio la Firs, in liquidazione, propone ricorso
incidentale affidato a due motivi, cui resiste con controricorso il ricorrente
principale.
Resiste con controricorso Elia Attilio.
L’Ina Assitalia, ritualmente intimata, non svolge difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale e il ricorso incidentale, proposti avverso la stessa
sentenza, sono decisi unitariamente.
1.11

ricorso principale, con il

primo motivo, denuncia omessa o

quantomeno insufficiente motivazione nella parte in cui la Corte di merito
ha ritenuto che la lesione vertebrale non fosse causalmente ricollegabile
al sinistro, così riducendo l’invalidità permanente dal 39%, riconosciuta in
primo grado, al 30%.
1.1. La Corte di appello ha dato atto: – che nel primo grado di giudizio lo
stesso consulente tecnico, dopo una iniziale valutazione dell’invalidità
permanente pari al 30%, in sede di chiarimenti chiesti sulla base delle
critiche del consulente tecnico di parte, aveva ritenuto di aumentarla al
39%; che in sede di appello era stata disposta nuova consulenza. Quindi,

danno biologico da invalidità permanente; gli riconobbe, inoltre, una

ha esposto le conclusioni del consulente di secondo grado. In particolare,
riferisce la Corte di appello, quest’ultimo ha escluso che la lesione
vertebrale fosse riconducibile all’incidente, perché si manifestò in epoca
successiva, argomentando nel senso che l’immobilizzazione e la terapia
analgesica successiva all’incidente non potevano aver mascherato la
relativa sintomatologia sin dall’epoca del sinistro.
La Corte di appello ha fatto proprie tale conclusioni, ritenendole complete

stesso danneggiato, questi aveva ammesso di aver subito
successivamente altri eventi traumatici, così che la lesione della vertebra
non poteva necessariamente ricondursi al sinistro di causa.
1.2. Il ricorrente lamenta omessa e insufficiente motivazione per non
aver la Corte di appello esaminato i diversi eventi traumatici riferiti dal
danneggiato, sostenendo che se lo avesse fatto avrebbe potuto escludere
la ricollegabilità della lesione vertebrale agli stessi e attribuire
causalmente la stessa al sinistro di causa, anche considerando che il
consulente di secondo grado l’aveva ritenuta compatibile con elevata
probabilità in sede di chiarimenti.
1.3. Il motivo non ha pregio e va rigettato.
La motivazione della Corte di merito è completa ed esente da vizi logici.
Infatti, a fronte della elevata probabilità di compatibilità della lesione
vertebrale in argomento con il sinistro, affermata dal consulente del
secondo grado in sede di chiarimenti, e alla impossibilità di escludere che
la stessa fosse causalmente collegata ad altri tre episodici traumatici
successivi al sinistro, non può dirsi insufficiente la motivazione del giudice
che ha valutato prevalente la mancanza di sintomatologia in prossimità
del sinistro senza argomentare sugli altri episodi traumatici diversi.
D’altra parte, il giudice non é tenuto ad occuparsi espressamente e
singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione
delle parti, essendo necessario e sufficiente, in base all’art. 132 c.p.c., n.
4, (nel testo ratione temporis vigente), che esponga, in maniera concisa,
gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione,
dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i
rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con

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e condotte con rigore scientifico; ha aggiunto che, come riferito dallo

la soluzione adottata e con il percorso argomentativo seguito (da ultimo,
Cass. 20 novembre 2009, n. 2009).
2. Con il secondo e terzo motivo, strettamente connessi, si lamenta
omessa e insufficiente motivazione nella parte in cui la Corte di
Catanzaro, ai fini della quantificazione del danno patrimoniale da mancato
guadagno, ha ravvisato una diminuzione della capacità lavorativa
specifica pari al 15%.

in appello, il giudice del merito ha riconosciuto tale riduzione e l’ha
quantificata equitativamente in oltre 16 mila euro, rilevando che una
riduzione della capacità lavorativa generica del 30% non può non
compromettere la capacità lavorativa di un soggetto che lavorava, sia
pure saltuariamente, come manovale non specializzato. A tale
percentuale è pervenuta rilevando che il danneggiato non era del tutto
impedito dal lavorare, come dimostrato dall’aiuto prestato alla moglie
nella gestione dell’edicola, e che dall’ufficio di collocamento risultava
avere anche la qualifica di autista, lavoro, compatibile con l’invalidità
riconosciuta, che potrebbe svolgere. Per queste ragioni non gli ha
riconosciuto l’intero danno da lui chiesto sulla base del triplo della
pensione sociale, argomentando nel senso che il danneggiato non aveva
perduto completamente la propria capacità lavorativa.
2.2. Secondo il ricorrente, la Corte di appello: – non ha considerato
quanto dal consulente affermato nei chiarimenti, dove ha sostenuto che
la incidenza sulla capacità lavorativa specifica è in misura non superiore
al 50%; – ha contraddittoriamente sostenuto che l’invalidità del 30%
influisce in modo rilevante sulla capacità lavorativa specifica e poi l’ha
individuata solo nel 15%; – ha omesso di considerare quanto risultante
dalle testimonianze, secondo le quali il danneggiato prima svolgeva il
lavoro di manovale edile e dopo aveva smesso di fare quel lavoro.
2.3. Il motivo non ha pregio e, proponendo sostanzialmente una diversa
valutazione dei fatti, esaminati dai giudice del merito con argomentazioni
prive di vizi logici, è più inammissibile che infondato. Infatti, nel valutare
la misura dell’incidenza della invalidità sulla capacità lavorativa specifica
si è dato rilievo alla circostanza che il danneggiato poteva continuare a
fare altri lavori, che in parte svolgeva.
5

2.1. Sulla base della documentazione e dell’istruttoria svoltasi ritualmente

3. Preliminare è l’eccezione – sollevata dal ricorrente principale e dal
controricorrente Elia – di difetto di interesse in capo alla società in
liquidazione coatta amministrativa (Firs) per la proposizione del ricorso
incidentale.
Si sostiene che, avendo la sentenza impugnata condannato solo l’impresa
designata dal Fondo e non anche l’Assicurazione in I.c.a., non vi sarebbe
alcuna sentenza sfavorevole nei suoi confronti, con conseguente

L’eccezione è priva di pregio sulla base della giurisprudenza di legittimità.
3.1. Costituisce principio pacifico quello secondo cui, «In tema di
risarcimento dei danni da circolazione di autoveicoli, la sentenza di
condanna emessa nei confronti dell’impresa designata ex art. 29 della
legge n. 990 del 1969 può essere legittimamente oggetto di
impugnazione da parte dell’impresa assicuratrice posta in liquidazione
coatta amministrativa, ancorché la sentenza medesima non sia stata
pronunciata nei suoi confronti.» (Cass. n. 12803 del 2006). Ed infatti,
l’impresa assicuratrice del danneggiante, posta in liquidazione coatta
amministrativa, deve ritenersi legittimata all’impugnazione della sentenza
di condanna, anche se emessa nei confronti della sola impresa designata
per conto del Fondo di garanzia, in quanto la decisione, pur avendo
natura di mero accertamento del credito del danneggiato nei suoi
confronti, essendo preclusa ai sensi della legge fallimentare una sentenza
di condanna (Cass. 18192 del 2007), la pone in stato di soccombenza,
atteso che l’impresa designata, dopo aver risarcito il danno, è surrogata,
per l’importo pagato, nei diritti del danneggiato verso l’impresa posta in
liquidazione, acquisendo il diritto all’insinuazione nel relativo passivo.
(Cass. n. 3968 del 2012).
4.

Con il primo motivo del ricorso incidentale, la FIRS Italiana

Assicurazioni in I.c.a deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 19,
21 e 25 della I. n. 990 del 1969 e del d.P.R. n. 776 del 1977, oltre a vizi
motivazionali.
4.1. La Corte di merito ha ritenuto che l’impresa designata dovesse
rispondere anche oltre il limite del massimale per interessi e
rivalutazione. Premesso che la relativa eccezione poteva essere sollevata
dalla società in liquidazione, costituendo un unico centro di interessi con
6

mancanza di interesse all’impugnazione.

l’impresa designata, ha ritenuto pacifico che l’impresa designata
rispondesse verso il danneggiato del maggior danno da cosiddetta mala

gesti° impropria, per interessi e rivalutazione, non operando per le
obbligazioni accessorie il limite di risarcibilità del massimale.
4.2. Nella parte esplicativa del motivo, la Firs sostiene che la Corte di
merito avrebbe errato nel ritenere che l’impresa designata potesse
rispondere per interessi e rivalutazione oltre il limite del massimale

Aggiunge che tale limite, normativamente stabilito, delimita il diritto del
danneggiato ed è rilevabile d’ufficio dal giudice, dopo il superamento
dell’orientamento secondo il quale andava eccepito dalla assicurazione
che doveva darne prova mediante esibizione della polizza.
4.3. La censura, per certi versi inammissibile, è, comunque, infondata.
E’ inammissibile nella parte in cui prospetta argomenti non presi in esame
dalla sentenza impugnata. Infatti, la ricorrente, per sostenere la non
superabilità del limite del massimale neanche per interessi e
rivalutazione, argomenta sulla base di quella giurisprudenza, da ultimo
consolidata, che per l’operatività del massimale di legge nei confronti
della impresa designata non richiede l’eccezione e la produzione del
decreto che lo prevede da parte della assicurazione, ma ritiene lo stesso
importo del massimale rilevabile d’ufficio e conosciuto dal giudice in
quanto normativamente previsto.
Chiarito che questi profili non vengono in questione nella causa, avendo il
giudice fatto riferimento al massimale di legge, deve ribadirsi che il limite
del massimale minimo di legge può essere superato in caso di mala

gestio o di ingiustificato ritardo nell’adempimento (causato dal Fondo di
Garanzia o dall’assicuratore, cui esso è succeduto) dell’obbligo di
risarcimento gravante sul Fondo di garanzia, con riguardo sia agli
interessi legali che alla rivalutazione, dando luogo alla cosiddetta
“rivalutazione del massimale”, secondo la disciplina di cui all’art. 1224
c.c., relativa ai debiti di valuta, quale è quello dell’assicuratore, e quindi
del Fondo di garanzia (Cass. 16.4.1996, n. 3565), operando il limite del
massimale di cui all’art. 21 cit. per il debito capitale e non per
l’obbligazione accessoria inerente al maggior danno (Cass. n. 4733 del
2001; Sez. Un. 4.7.1985, n. 4042). Ma, il massimale di riferimento,
7

minimo per legge, con conseguente violazione delle norme richiamate.

anche a questi fini, rimane pur sempre il massimale minimo di legge, di
cui all’art. 21, poiché solo a questo è tenuto il Fondo di Garanzia (e quindi
l’impresa designata, sua mandataria ex lege senza rappresentanza); con
la conseguenza che in relazione a questo massimale minimo sorge
l’eventuale responsabilità ulteriore del Fondo per colpevole inerzia o male
gestio. (Cass. n. 18833 del 2003).

5. Con il secondo motivo

del ricorso incidentale si deduce violazione

Si denuncia omessa pronuncia, e conseguente omessa motivazione, per il
mancato riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria
sulle provvisionali corrisposte dalla Firs in bonis nel corso dl giudizio, non
avendo la Corte di merito considerato che le somme a titolo provvisionale
(per l’importo complessivo di 86 milioni di lire, pagate in momenti
differenti del processo di primo grado) avrebbero dovuto essere imputate
alla liquidazione definitiva del danno con riferimento al periodo in cui
erano state corrisposte.
5.1. Il motivo va rigettato.
La Corte di appello, nel decidere l’impugnazione relativa, premesso che il
pagamento delle provvisionali va imputato al capitale e non agli interessi,
aggiunge che «gli interessi legali devono essere calcolati sull’intero
importo liquidato, con decorrenza dalla data dell’evento dannoso fino a
quella di corresponsione degli acconti.>>. Quindi, nel dispositivo,
individua la somma per danno biologico per sottrazione di quella versata
da quella spettante, oltre gli interessi sulla somma così ottenuta
devalutata al momento del sinistro e rivalutata annualmente secondo
indici Istat, e ulteriori interessi sul totale al soddisfo.
5.2. La Corte di appello, dunque, si è pronunciata e ha rispettato i principi
consolidati posti dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, «In
materia di risarcimento del danno da fatto illecito, qualora – prima della
liquidazione definitiva – il responsabile versi un acconto al danneggiato,
tale pagamento va sottratto dal credito risarcitorio non secondo i criteri di
cui all’art. 1194 cod. civ. (applicabile solo alle obbligazioni di valuta, non
a quelle di valore, qual è il credito risarcitorio da danno aquiliano), ma
devalutando alla data dell’evento dannoso sia il credito risarcitorio (se
liquidato in moneta attuale) che l’acconto versato, quindi detraendo
8

dell’art. 112 cod. proc. civ.

quest’ultimo dal primo e calcolando sulla differenza il danno da ritardato
adempimento.>> (da ultimo, Cass. n. 8104 del 2013).
6.In conclusione, entrambi i ricorsi sono rigettati. In ragione della
reciproca soccombenza, sono integralmente compensate le spese
processuali del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE

incidentale; compensa integralmente tra le parti le spese processuali del
giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2015

Il consigliere estensore

decidendo i ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale e il ricorso

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