Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 889 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. II, 17/01/2020, (ud. 29/10/2019, dep. 17/01/2020), n.889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14646-2016 proposto da:

C.S.P., rappresentato e difeso dall’avvocato

GIACOMO IRACI SARERI e domiciliato presso la cancelleria della Corte

di Cassazione;

– ricorrente –

contro

G.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 35/2016 del TRIBUNALE di ENNA, depositata il

05/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/10/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI CARMELO, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 18.4.2011 G.G. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 26/2011 emesso dal Giudice di Pace di Nicosia, con il quale gli era stato ingiunto di pagare a C.S.P. la somma di Euro 3.700 a titolo di saldo della compravendita di una vettura. Nella narrativa dell’atto di opposizione il G. esponeva di aver saldato il corrispettivo pattuito per la vendita, pari ad Euro 5.000, in parte in contanti ed in parte mediante compensazione con la propria fattura n. 21/2010, relativa a prestazioni professionali svolte in favore di C.S.A., e sollevava eccezione di prescrizione presuntiva.

Con sentenza n. 38/2013 il Giudice di Pace revocava il decreto ingiuntivo opposto ritenendo carente la prova scritta richiesta per la sua emissione, ma condannava il G. al pagamento in favore del C.S. della somma di Euro 3.700, compensando le spese del primo grado.

Interponeva appello avverso detta decisione il G. e spiegava appello incidentale il C..

Con la sentenza oggi impugnata, n. 35/2016, il Tribunale di Enna accoglieva il gravame, confermando la revoca del decreto opposto già pronunziata dal giudice di prime cure e condannando l’appellato alle spese. Il giudice di secondo grado riteneva in particolare che la dichiarazione di vendita del veicolo compilata e sottoscritta dal C.S., autenticata nella firma dal pubblico ufficiale, nella quale il prezzo veniva indicato come pagato, dimostrasse l’intervenuto saldo del prezzo.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione C.S.P. affidandosi ad un unico motivo, articolato in diversi profili. La parte intimata non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Il ricorso, chiamato originariamente all’adunanza camerale del 22.3.2017 innanzi la sesta sezione civile di questa Corte, è stato in quella sede rinviato a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.

In prossimità dell’adunanza camerale il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, non rubricato, il ricorrente si duole del fatto che il Tribunale non abbia considerato che la quietanza cd. “atipica” contenuta nella dichiarazione di vendita non poteva valere a sollevare il G. dall’onere di fornire la prova del pagamento. Ad avviso del ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto apprezzare la predetta quietanza insieme agli altri elementi istruttori acquisiti agli atti del giudizio di merito, e non invece attribuirle efficacia probatoria dirimente. Inoltre il ricorrente censura la sentenza del Giudice di Pace, nella parte in cui aveva revocato il decreto opposto per ritenuta carenza di prova scritta, senza considerare che il G. aveva affermato nel proprio atto di opposizione di aver acquistato la vettura e pagato il relativo prezzo, riconoscendo in tal modo il rapporto negoziale. Infine, ad avviso del ricorrente il Giudice di Pace aveva ulteriormente errato nel non riconoscergli gli interessi di mora sulla somma al cui pagamento il G. era stato comunque condannato e nel compensare le spese del grado.

La censura è inammissibile nella parte in cui si rivolge avverso la decisione di prime cure, atteso che in base all’effetto sostitutivo dell’appello la sentenza pronunciata dal giudice del gravame Tribunale supera e pone nel nulla in ogni caso quella oggetto dell’impugnazione.

Nella parte relativa alla decisione del Tribunale, invece, la doglianza è infondata.

Ed invero occorre evidenziare che il giudice di appello non ha affatto fondato la propria decisione sulla base della sola dichiarazione di vendita, ma ha apprezzato quest’ultima insieme alle altre prove acquisite agli atti, ritenendo la prima prevalente rispetto alle seconde. In particolare, il Tribunale ha affermato (cfr. pagg.2 e ss. della sentenza impugnata) che “… la circostanza che il C. abbia compilato un modello predisposto (uno stampato) non inficia in sè la veridicità della dichiarazione…” valorizzando l’attività professionale del C. – operatore del settore della vendita di automobili – e ricavando elementi di prova presuntiva dal fatto che “Se veramente il prezzo dell’automobile, di importo non irrisorio, non fosse stato pagato vi sarebbero state contestazioni e diffide immediate”; ha poi esaminato la deposizione del teste C., ritenendolo inattendibile alla luce tanto delle sue dichiarazioni che delle specifiche mansioni dal medesimo rivestite alle dipendenze del C.. Si tratta di una valutazione complessiva delle risultanze istruttorie, in relazione alla quale il ricorrente non solleva alcuna specifica contestazione, posto che il motivo si esaurisce nella censura della presunta mancata valutazione delle prove diverse dalla dichiarazione di vendita del veicolo. Dal che consegue che il motivo si risolve in una istanza di riesame del merito, estranea alla finalità del giudizio in Cassazione (Cass. Sez.U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790) e in una richiesta di nuovo apprezzamento delle prove, egualmente preclusa in questa sede in quanto inerente a valutazioni di merito (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv.589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv.631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv.631330).

In definitiva, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva nel presente giudizio di legittimità da parte dell’intimato.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda civile, il 29 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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