Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8889 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 31/03/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 31/03/2021), n.8889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24720/2012 R.G., proposto da:

la “Radio Dimensione Suono S.p.A.”, con sede in Roma, in persona

dell’amministratore unico pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avv. Andrea Cimmino, con studio in Roma, elettivamente

domiciliata presso l’Avv. Francesco Fratini, con studio in Roma,

giusta procura in margine al ricorso introduttivo del presente

procedimento;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ove per legge domiciliata;

– controricorrente –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

di Milano – Sezione Staccata di Brescia il 13 marzo 2012 n.

71/67/2012, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15 dicembre 2020 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La “Radio Dimensione Suono S.p.A.” ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano – Sezione Staccata di Brescia il 13 marzo 2012 n. 71/67/2012, non notificata, che, in controversia su impugnazione di silenzio-rifiuto di rimborso per imposta di registro ed accessori su una permuta ed una cessione di rami aziendali costituiti da impianti radiofonici e connesse frequenze, ha respinto l’appello proposto dalla medesima nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza resa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo il 28 dicembre 2010 n. 169/05/2010, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di prime cure, valutando la correttezza dell’imposizione sul rilievo che i contratti dovessero intendersi alla rispettiva stregua di permuta e cessione di rami aziendali e non di beni aziendali. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 40 e 41, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 2, comma 3, lett. b, del D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177, art. 27, commi 5 e 7-bis e dell’art. 2555 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che i trasferimenti di impianti radiofonici e connesse frequenze costituissero trasferimenti di rami aziendali, anzichè trasferimenti di beni aziendali.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20 e del D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177, art. 27, comma 7-bis, nonchè dei “canoni ermeneutici” vigenti in materia (vale a dire, l'”intrinseca natura” e gli “effetti giuridici” dell’atto presentato per la registrazione) con riferimento ai contratti stipulati tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente interpretato la comune volontà delle parti nel senso della conclusione di una permuta e di una cessione di rami aziendali, anzichè di una permuta e di una cessione di beni aziendali, omettendo di considerare che gli impianti radiofonici e le connesse frequenze erano stati trasferiti con esclusione delle concessioni amministrative di emittenze radiofoniche.

3. Con il terzo motivo, si denuncia insufficienza della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento ai contratti stipulati tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver erroneamente interpretato le clausole contrattuali relative ai trasferimenti di “impianti e diritti di godimento di frequenze radiofoniche” nel senso che la permuta e la cessione avessero per oggetto rami aziendali.

Ritenuto che:

1. I motivi – la cui stretta ed intima connessione suggerisce l’esame congiunto – sono infondati.

1.1 Al di là delle eterogenee prospettazioni in relazione a differenti errores in iudicando, le censure si concentrano sull’erronea qualificazione dei rapporti giuridici in termini di permuta e cessione di rami aziendali (con assoggettamento ad imposta di registro in misura proporzionale) anzichè in termini di permuta e cessione di impianti e diritti di godimento di frequenze radiofoniche (con assoggettamento ad I.V.A. ed imposta di registro in misura fissa), a dispetto della conforme e pedissequa denominazione in sede di intitolazione dei contratti sub iudice.

1.2 Il regime fiscale delle cessioni di impianti radiofonici e relative frequenze ha avuto una genesi complessa.

In primo tempo, su pressante sollecitazione degli operatori del settore, la questione era stata oggetto della risoluzione della VI Commissione (Finanze) della Camera dei Deputati n. 7/00544 del 4 aprile 2011, la quale, dopo aver “premesso che: a seguito delle verifiche tributarle svolte negli ultimi anni dalla Guardia di finanza e dall’Agenzia delle Entrate in materia di cessione degli impianti radiofonici, sono emerse alcune problematiche in ordine alla corretta qualificazione, a fini tributari, di tali cessioni, in quanto le stesse possono essere qualificate come “cessioni di impianti” soggette ad I.V.A., oppure come “cessioni di ramo d’azienda” soggette ad imposta di registro; in particolare, gli uffici finanziari, seppur in momenti diversi, per quanto riguarda gli atti assoggettati ad imposta di registro, hanno in alcuni casi accertato un maggior valore della cessione, ed hanno in altri casi contestato la mancata applicazione dell’I.V.A., mentre, per gli atti assoggettati ad I.V.A., hanno richiesto l’applicazione dell’imposta di registro; in tale contesto appare quindi necessario consentire il corretto inquadramento tributario di tali operazioni; al riguardo si può rammentare che il D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 27, comma 5, riprendendo il disposto della L. n. 650 del 1996, consente i trasferimenti di impianti, rami di azienda ed intere emittenti televisive e radiofoniche; secondo quanto ricordato dall’associazione delle imprese radiofoniche e televisive locali (AERANTI) con la propria circolare n. 20 del 1998, le operazioni di compravendita di impianti e/o rami di azienda radiofonici e televisivi sono possibili ai sensi del D.L. n. 545 del 1996, art. 1, comma 13 e dalla L. n. 249 del 1997, art. 3, comma 19, tra imprese radiofoniche locali, tra imprese radiofoniche locali e nazionali e tra imprese radiofoniche nazionali; la predetta circolare precisa inoltre che: “le acquisizioni di ramo d’azienda soggette ad imposta di registro del 3 per cento devono essere stipulate con atto pubblico ovvero con scrittura privata autenticata da notaio; le acquisizioni di impianti, soggette a fatturazione e I.V.A., possono essere stipulate con scrittura privata registrata anche senza firme autenticate”, senza tuttavia individuare le caratteristiche delle due diverse fattispecie; per poter identificare un impianto radiofonico e considerarlo quale bene giuridicamente tutelabile, bisogna individuarlo nei suoi componenti, che sono costituiti dalla frequenza radiotelevisiva, dalla possibilità di utilizzo della frequenza, in quanto pervia e libera, nonchè dalle apparecchiature ricetrasmittenti installate nel loro complesso; in particolare, la frequenza, che deve essere assegnata in via amministrativa, ai sensi del D.Lgs. n. 177 del 2005, caratterizza l’impianto, ed è determinante, sotto il profilo amministrativo, perchè quest’ultimo assuma la qualificazione di bene giuridico; infatti, il predetto atto amministrativo di assegnazione della frequenza, sebbene non possa essere considerato come avviamento commerciale, costituisce un connotato essenziale della frequenza e dell’impianto radiofonico; al fine di fare chiarezza nel complesso quadro appena esposto, fornendo agli operatori del settore un’indicazione univoca circa il regime fiscale da applicare, occorre definire con maggiore precisione le due fattispecie della cessione di impianti e della cessione di rami d’azienda o di intere emittenti, in modo da consentire la corretta applicazione del regime tributario corrispondente, nel corso di una recente audizione dinanzi alla Commissione Finanze, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate è intervenuto anche circa la corretta qualificazione tributaria delle predette fattispecie, fornendo la sua valutazione in merito, cui ci si è attenuti integralmente ai fini della riformulazione del presente atto di indirizzo”, aveva impegnato il Governo: “a) ad adottare tutte le necessarie iniziative al fine di chiarire quale sia il regime tributario applicabile nelle distinte fattispecie di cessioni di impianti, da un lato, e di cessioni di rami d’azienda o di cessioni di emittenti, dall’altro, specificando che: qualora oggetto della cessione siano le sole apparecchiature radiofoniche, l’operazione configura una cessione di beni rilevante agli effetti dell’I. V.A.; qualora la cessione dell’impianto sia accompagnata dai relativi diritti d’uso connessi all’autorizzazione amministrativa relativa alla frequenza, essa deve essere considerata come cessione di ramo d’azienda, e pertanto essere assoggettata all’imposta di registro in misura proporzionale; qualora l’oggetto del trasferimento sia costituito, oltre che dal predetto impianto, dall’avviamento commerciale, connesso ad una parte del pacchetto pubblicitario, dai marchi, dalle testate radiofoniche, dai brevetti, dai rapporti di collaborazione autonoma e subordinata e da altri rapporti giuridici in essere, la relativa cessione sia assoggettata alla sola imposta di registro in misura proporzionale, atteso che la combinazione degli elementi sopra descritti configura un complesso aziendale o un ramo d’azienda; b) a considerare in ogni caso validi e non rettificabili a fini tributari gli atti di cessione sopra richiamati precedentemente posti in essere dagli operatori del settore”. 1.3 Indi, si deve dar conto della sopravvenienza in corso di causa di un elemento normativo imprescindibile, costituito dal D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177, art. 27, comma 7-bis, (quale introdotto dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 40, comma 9-bis, convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, in vigore dal 28 dicembre 2011), secondo cui: “La cessione anche di un singolo impianto radiotelevisivo, quando non ha per oggetto unicamente le attrezzature, si considera cessione di ramo d’azienda. Gli atti relativi ai trasferimenti di impianti e di rami d’azienda ai sensi del presente articolo, posti in essere dagli operatori del settore prima della data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma, sono in ogni caso validi e non rettificabili ai fini tributari”.

1.4 La disposizione ha stabilito, per le future cessioni di impianti radiofonici, un rigido criterio di qualificazione, ma, al contempo, ha inteso assicurare l’intangibilità fiscale delle cessioni pregresse (come le presenti, che risalgono al 12 giugno 2007 ed al 26 agosto 2009), onde garantire certezza di programmazione ed operatività agli operatori di un settore economico reputato di particolare rilevanza e delicatezza (orientamento costante: Cass., Sez. 5″, 14 luglio 2017, n. 17515; Cass., Sez. 5″, 26 luglio 2017, n. 18489; Cass., Sez. 5″, 28 dicembre 2017, nn. 31071 e 31072; Cass., Sez. 5″, 26 gennaio 2018, nn. 1968 e 1969; Cass., Sez. 5″, 21 dicembre 2018, n. 33230; Cass., Sez. 5″, 9 gennaio 2019, n. 360; Cass., Sez. 5″, 30 dicembre 2019, n. 34698).

1.5 Sul punto, è intervenuta anche la risoluzione della Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate n. 33/E del 10 aprile 2012, la quale ha chiarito – proprio al fine di stabilire il più appropriato regime di tassazione, nell’alternatività tra I.V.A. ed imposta di registro – che: “Con riferimento alle cessioni di impianti radiotelevisivi la qualificazione del trasferimento quale cessione d’azienda o di singoli beni è stata definita in via normativa. Il D.L. n. 201 del 2011, art. 40, comma 9-bis, ha disposto, infatti, che vi è cessione di ramo d’azienda tutte le volte in cui il trasferimento abbia ad oggetto anche un singolo impianto radiotelevisivo purchè lo stesso non sia costituito dalle sole attrezzature. A maggior ragione, vi è trasferimento di ramo d’azienda tutte le volte in cui la cessione riguardi più impianti. Si deve, quindi, ritenere che la cessione delle attrezzature unitamente ad altre risorse (quali frequenze, marchi, brevetti) configuri una cessione di azienda o di ramo d’azienda, come tale esclusa dal campo di applicazione dell’IVA, mentre il trasferimento delle sole “attrezzature” configuri una cessione di beni, rilevante ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. La norma fa salvi, comunque, i comportamenti pregressi adottati dagli operatori del settore, riconoscendo in ogni caso la validità della qualificazione giuridico – tributaria attribuita agli atti relativi alla cessione di impianti radiotelevisivi come definiti dalla disposizione in esame, posti in essere prima dell’entrata in vigore della disposizione stessa”.

Da ciò si evince come la stessa amministrazione finanziaria abbia riconosciuto l’intangibilità fiscale delle cessioni pregresse, per le quali il legislatore ha mostrato di valutare l’irrilevanza e l’indifferenza della qualificazione giuridica datane dalle parti, posto che l’alinea finale del D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177, novellato art. 27, comma 7-bis, (quale introdotto dal D.L. n. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 40, comma 9-bis, convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 214) ha genericamente sancito la regolarità della soggezione ad I.V.A. con riguardo agli “atti relativi ai trasferimenti di impianti e di rami d’azienda ai sensi del presente articolo, posti in essere dagli operatori del settore prima della data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma”, senza alcuna distinzione in ordine all’oggetto.

1.6 Tuttavia, che, nel caso di specie, la qualificazione intenzionalmente adoperata dai contraenti per ciascuna operazione non rispondesse alla permuta ed alla cessione di una pluralità di “impianti” singolarmente e separatamente considerati, bensì alla permuta ed alla cessione di “rami aziendali”, doveva desumersi in ragione della considerazione, ben evidenziata dalla stessa sentenza di appello, che i contratti stipulati tra le parti – oltre ad essere nominativamente indicati come “permuta” e “cessione di rami aziendali” – riguardavano, in realtà, i trasferimenti di impianti di radiodiffusione con la specifica attribuzione di un valore di “avviamento”.

Difatti, benchè non si tratti di elemento costitutivo essenziale dell’azienda, potendo esso anche mancare, come accade nel caso di azienda che non abbia ancora iniziato a funzionare o di azienda che abbia sospeso l’attività, l’avviamento (inteso come capacità di generare profitto) è un indice rivelatore della destinazione (ancorchè potenziale) di un complesso di beni organizzati all’esercizio di un’attività imprenditoriale. Non a caso, l’avviamento è considerato una “qualità” dell’azienda, che viene a configurare un vero e proprio bene (immateriale) della stessa.

E tale è stata correttamente intesa dalla sentenza impugnata, che ha ben evidenziato come “i contenuti specifici degli atti “incriminati” non lasciano alcuno spazio per uscire dal concetto di “azienda” o di “ramo di azienda”, restando particolarmente clamoroso il dato relativo all’avviamento, bene tipicamente ed anzi esclusivamente inquadrabile come “aziendale”, la cui cessione non è concettualmente ipotizzabile se non connessa a quella della azienda sottostante”.

1.7 Tutto ciò, in definitiva, esclude che la qualificazione giuridica impressa dalle parti ai suddetti contratti possa giustificare l’applicazione del trattamento tributario più favorevole della permuta e della cessione di beni strumentali, prescindendo dalla reale configurazione delle operazioni concluse, desumibile dalla volontà manifestata dalle stesse parti nella formulazione delle relative pattuizioni, in termini di trasferimenti di rami aziendali.

A tal proposito, è il caso di chiarire che, anche prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177, art. 27, comma 7-bis, (quale introdotto dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 40, comma 9-bis, convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, con il quale il legislatore ha inteso dettare – in considerazione della peculiarità dell’oggetto – un preciso criterio di distinzione, anche ai fini del trattamento tributario, tra le “cessioni di impianti” (soggette ad I.V.A.) e le “cessioni di rami aziendali” (soggette ad imposta di registro), gli operatori del settore potevano, comunque, addivenire alla stipulazione di contratti aventi ad oggetto, per l’appunto, la cessione di “rami aziendali”, costituiti dalla proprietà degli impianti radiofonici e dall’uso delle relative frequenze, nella determinazione convenzionale del cui corrispettivo poteva venire in rilievo anche il computo del valore di avviamento.

Per cui, in tali casi, la sopravvenienza della norma “sanante” per le pattuizioni antecedenti il 28 dicembre 2011 non può giustificare una postuma riqualificazione del contratto stipulato tra le parti, allorquando la chiara e precisa individuazione dell’oggetto non lasci adito ai dubbi interpretativi che il legislatore ha inteso dissipare.

2. Pertanto, valutandosi l’infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.

3. Ad ogni modo, la definizione della controversia alla luce dello ius superveniens ed il consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale suggeriscono di compensare le spese dell’intero giudizio.

4. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese dell’intero giudizio; dà atto dell’obbligo, a carico della ricorrente di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, in corso di conversione in legge, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020), il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

 

 

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