Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8889 del 18/04/2011

Cassazione civile sez. II, 18/04/2011, (ud. 23/03/2011, dep. 18/04/2011), n.8889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24936/2005 proposto da:

GEOTECNOSOIL SRL P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEL LEGALE

RAPPRESENTANTE DOTT. T.L., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIALE PARIOLI 95, presso lo studio dell’avvocato EPIFANI

BIANCA, rappresentata e difesa dall’avvocato PETRELLI Aldo;

– ricorrente –

contro

C.L. P.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato

PAFUNDI Gabriele, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato RANABOLDO CARLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1841/2004 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 11/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23/03/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato Pafundi Gabriele difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.L. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Casale Monferrato: (AL) la società GEOTECNOSOIL srl. Per sentire dichiarare risolto il contratto di appalto relativo all’esecuzione di opere di stabilizzazione mediante micropali ed ancoraggio di un tratto di terreno in frana sottostante l’immobile di proprietà dell’attore, per grave inadempimento della società appaltatrice, nonchè alla condanna di quanto percepito, oltre il risarcimento dei danni subiti.

Si costituiva la società appaltatrice in persona del legale rappresentante, la quale eccepiva di aver correttamente eseguito le opere di palificazione commesse in appalto secondo il disegno esecutivo dell’ing. D.C. professionista di fiducia dell’attore. Proponeva domanda riconvenzionale per ottenere il residuo credito di 37.345.100 quale residuo compenso per le opere compiute.

Il Tribunale adito con sentenza n. 356 del 2001 condannava la società appaltatrice al pagamento, a favore dell’attore, della somma di L. 149.321.500 a titolo d risarcimento danni Respingeva la domanda riconvenzionale.

Proponeva appello la società GEOTECNOSOIL srl, chiedendo il rigetto delle domande dell’attore e la condanna di questi al pagamento del suo credito di L. 37.345.100. Si costituiva C.L., il quale eccepiva l’infondatezza dell’appello ed, in via riconvenzionale, chiedeva previa pronuncia di risoluzione del contratto di appalto il risarcimento danni in misura maggiore rispetto a quanto stabilito dal Tribunale.

La Corte di appello di Torino, con sentenza n. 1841 del 2004, riformava parzialmente la sentenza del Tribunale: dichiarava ai sensi dell’art. 1668 cod. civ., comma 2, la risoluzione del contratto di appalto, limitatamente ai lavori di consolidamento del muro di sostegno, accoglieva la richiesta di maggior danno avanzata da C.L., condannava C.L. al pagamento della somma di L. 8.503.100 a titolo di saldo del corrispettivo per le opere diverse di consolidamento.

La cassazione della sentenza della corte di appello di Torino e stata chiesta dalla società Geotecnosoil srl. con ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria. C.L. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la società Geotecnosoil srl lamenta la violazione e/o falsa applicazione di quanto disposta dagli artt. 1667, 1668 e 1669 cod. civ., art. 2041 c.c. e art. 1453 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Avrebbe errato la Corte territoriale, secondo la ricorrente, per aver dichiarato la risoluzione del contratto di appalto in ordine all’esecuzione delle opere di consolidamento ma negando alla società appaltatrice il diritto di percepire il compenso quale le parli avevano contrattualmente stabilito. Chiarisce la ricorrente che: a) la Corte territoriale non poteva pronunziare la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., perchè l’azione prevista dall’art. 1669 cod. civ., è diretta solo al risarcimento danni presupponendo che il contratto sia stato eseguito ed il suo corrispettivo pagato, b) se la Corte territoriale avesse ritenuto di ricondurre le domande del C. alla garanzia di cui all’art. 1667 disponendo ex art. 1668 cod. civ., comma 2, la risoluzione del contratto non avrebbe dovuto accordare alcun risarcimento danni o, quantomeno, non avrebbe dovuto comprendere nei danni risarcibili il costo di opere non pagate dal committente (autorizzato con la pronuncia di risoluzione a non remunerarle). La ricorrente, insomma, lamenta una errata quantificazione del risarcimento danni.

1.a) Con il secondo motivo la società Geotecnosoil srl lamenta – come da rubrica – contraddittoria motivazione nonchè omesso esame di atti e documenti e violazione e/o falsa applicazione di quanto disposto dagli artt. 1458 e 1668 cod. civ. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). La Corte territoriale, secondo la ricorrente, avrebbe omesso l’esame e degli atti e documenti prodotti dalle parti ed ha ritenuto che sia intervenuto un unico contratto di appalto e ne ha dichiarato la risoluzione parziale, limitandola alle opere di consolidamento del muro di sostegno siccome inidonee alla loro destinazione. Senza distinguere i diversi rapporti intercorsi tra le parti, aggiunge il ricorrente, la Corte territoriale ha nei fatti dichiarato la risoluzione dell’intero contratto per cui è causa perchè non ha riconosciuto alla Geotecnosoil il diritto a percepire neppure in parte gli ammontari indicati in due diverse fatture. Ora se è certa la premessa, affermata dalla Corte territoriale, secondo la quale è possibile dichiarare la risoluzione parziale del contratto quando vi siano più cose che hanno una loro individualità, è necessario per conseguenza accordare il corrispettivo pattuito per quella parte di contratto non colpita da risoluzione.

1.1. – La Corte rileva la fondatezza, nei sensi e nei limiti di seguito precisati, delle censure sopra riportate, che vanno esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza tanto che la prima si propone quale specificazione o completamento dell’altra.

1.2. – Va preliminarmente osservato che corretta e sufficientemente motivata è la decisione della Corte territoriale di dichiarare la risoluzione del contratto di appalto ai sensi dell’art. 1668 cod. civ., comma 2. Nell’ipotesi in esame la Corte territoriale ha accertato mediante l’ausilio del CTU che le opere realizzate dalla società Geotecnosoil, oggetto del contratto di appalto intercorso con C.L. erano inidonee alla loro destinazione di consolidamento del muro, pertanto, ha accertato, così come richiesto, la sussistenza dei presupposti per riconoscere all’attuale ricorrente il diritto di chiedere ed ottenere la pronuncia di risoluzione del contratto di appalto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1668 cod. civ., comma 2.

1.2.a. – Corretta e sufficientemente motivata è, anche, la pronuncia della Corte territoriale in ordine alla risoluzione parziale del contratto di appalto oggetto di giudizio. Come concorda anche il contro ricorrente, la soluzione parziale del contratto – espressamente prevista dall’art. 1458 cod. civ., nella ipotesi di contratti ad esecuzione continuata o periodica – è ammissibile anche nella ipotesi in cui l’oggetto del negozio sia rappresentato (come nel caso di specie) non già da una cosa caratterizzata da una sua unicità non frazionabile, ma da più cose funzionalmente collegate che una volta separate, abbiano una propria individualità fisica rispetto all’aggregato, conservino una concreta funzione economico giuridica ed abbiano attitudine ad essere oggetto di diritti come beni a se stanti.

1.3. – A parte queste prime ed essenziali considerazioni, la sentenza impugnata contiene, però, due statuizioni non coordinate tra di loro e soprattutto non chiare. La Corte territoriale ha dichiarato la risoluzione del contratto di appalto e ad un tempo ha condannato la società appaltatrice al risarcimento danni. Epperò, la Corte territoriale non ha chiarito in che modo abbia identificato l’ammontare del risarcimento del danno ovvero se la somma identificata sia commisurata alla sola demolizione dell’opere difettose o mal costruite. In verità, la sentenza non chiarisce se la somma riconosciuta a titolo di risarcimento danni integra gli estremi di un risarcimento danni in forma specifica.

1.4. – Per risarcimento danni in forma specifica s’intende, in linea generale, quel risarcimento diretto a garantire all’interessato, di conseguire la stesse utilità garantite dalla legge, e non, invece, – come nel risarcimento per equivalente – un ristoro in termini monetari. Il risarcimento in forma specifica, dunque, rientra tra i rimedi satisfattori, perchè rappresenta l’attuazione della posizione soggettiva di cui è portatore il danneggiato. Parte della dottrina e della giurisprudenza, per il particolare modo di atteggiarsi di questo rimedio, lo hanno identificato con il rimedio reintegratorio che assume caratteristiche diverse rispetto al rimedio risarcitorio.

Tuttavia, quale che sia l’identità giuridica che si vuole attribuire resta il fatto che il risarcimento danni che può aggiungersi alla risoluzione del contratto non potrà, comunque, essere un risarcimento satisfattorio o in forma specifica. Il soggetto non può chiedere che vengano ripristinate le situazioni giuridiche, quali esistenti, prima del contratto che si chiede sia risolto e contemporaneamente sia posto nella situazione giuridica in cui verrebbe a trovarsi in conseguenza dell’adempimento o dell’esatto adempimento del contratto. Tanto non è voluto dall’art. 1458 cod. civ.. Ove così fosse la risoluzione contrattuale apporterebbe al soggetto che la chiede un duplice beneficio e cioè ottenere la restituzione di ciò che ha dato e ad un tempo l’utilità che il contratto se esattamente adempiuto gli avrebbe comportato.

1.5. – A sua volta la Corte territoriale nel pronunciare la risoluzione parziale I del contratto di appalto da conto del corrispettivo dovuto per le opere che erano state eseguite correttamente e specifica che il corrispettivo già corrisposto doveva essere completato con il versamento di un’ulteriore somma di Euro 4.391,48, tuttavia non chiarisce o non è perfettamente comprensibile se il committente avesse conferito oltre le somme di che trattasi anche ulteriori somme quali acconto in ordine alle opere mal costruite o difettose.

In definitiva il ricorso va accolto per quanto di ragione. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata ed il processo va rinviato ad altra sezione della Corte di Appello di Torino che si atterrà ai principi enunciati in motivazione in ordine alle conseguenze relative alla pronuncia di risoluzione del contratto e che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte di Appello di Torino.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2011

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