Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8885 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 31/03/2021, (ud. 29/10/2020, dep. 31/03/2021), n.8885

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian A – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24657-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t., dom.to ope legis in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, n. 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– ricorrente –

contro

D.B.A., elett.te dom.to presso il proprio studio, sito in

ANCONA, al C.SO AMENDOLA, n. 26;

– intimato –

avverso la sentenza n. 91/4/13 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

delle MARCHE, depositata il 17/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/10/2020 dal Consigliere Dott. GIAN ANDREA CHIESI.

 

Fatto

OSSERVATO

che l’AGENZIA DELLE ENTRATE notificò, nei confronti di D.B.A., una cartella di pagamento emessa a seguito di ruolo n. 2008/90 conseguente alla sopravvenuta definitività di sei avvisi di accertamento, impugnati dal D.B. innanzi alla C.T.P. con ricorsi, però, non utilmente coltivati, per effetto della mancata costituzione del contribuente nei relativi giudizi; che il D.B. impugnò la cartella di pagamento innanzi alla C.T.P. di Ancona che, con sentenza 264/3/09, accolse il ricorso;

che, avverso tale decisione, l’AGENZIA DELLE ENTRATE propose gravame innanzi alla C.T.R. delle Marche la quale, con sentenza n. 91/4/13, depositata il 17.7.2013, accolse solo parzialmente l’appello, ritenendo legittima la pretesa dell’Ufficio limitatamente alla metà degli importi recati dalla cartella impugnata, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, giacchè “l’ufficio non poteva autonomamente ritenere definitivi gli imponibili accertati in presenza di un ricorso giudiziale del contribuente” (cfr. motivazione, p. 3, penultimo cpv.); che avverso tale sentenza l’AGENZIA DELLE ENTRATE ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo. E’ rimasto intimato D.B.A..

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo, parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 14, 15 e 25, nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto illegittimo il recupero, attraverso la cartella di pagamento impugnata, degli interi importi recati dagli avvisi di accertamento sottesi alla stessa, nonostante la loro pacifica definitività al momento della pronunzia di appello;

che il motivo è infondato;

che il ricorso proposto nei termini avverso l’avviso d’accertamento è idoneo ad introdurre un processo tributario e quindi ad impedire, fino alla sua conclusione, che l’accertamento diventi definitivo, senza che a questa regola faccia eccezione l’ipotesi in cui il ricorso presenti profili di inammissibilità (quale nella specie, la dedotta mancata costituzione del ricorrente) la cui sussistenza o mancanza, in caso di contenzioso tributario, deve essere accertata dal giudice adito: sicchè, nella pendenza di un processo tributario, l’Amministrazione finanziaria non può procedere all’iscrizione a ruolo dell’imposta a titolo definitivo, neppure sul presupposto della mancanza di un requisito del ricorso, dovendo anche tale vizio essere accertato nelle sede giudiziaria (arg. da Cass., Sez. 5, 5.7.2001, n. 9116, Rv. 547935-01);

che la definitività dell’accertamento è, pertanto, esclusa dalla pendenza del procedimento giurisdizionale di impugnazione di quest’ultimo, a tal fine essendo sufficiente la presentazione di un atto potenzialmente idoneo a devolvere alla competente commissione tributaria il sindacato sul provvedimento, a prescindere da eventuali vizi dell’atto stesso o procedurali che ne comportino l’invalidità o inammissibilità (arg. Cass., Sez. 65, 8.1.2014, n. 182, Rv. 629245-01);

che, posti i principi che precedono, rappresentano circostanze pacifiche, emergenti dal ricorso e dalla stessa sentenza in questa sede gravata: a) l’avvenuta impugnazione, ad opera del D.B., dei sei avvisi di accertamento sottesi al ruolo posto a fondamento della cartella di pagamento, poi notificata al contribuente ed oggetto dell’odierno giudizio; b) l’avvenuta formazione del ruolo esecutivo e la conseguente notifica della cartella di pagamento oggetto del presente giudizio, anteriormente alla definizione (intervenuta nelle more del giudizio di appello) dei giudizi relativi agli avvisi di accertamento sottesi all’uno ed all’altra;

che, dunque, come correttamente rilevato dalla C.T.R., la riscossione per l’intero credito poteva attivarsi solo a partire dalla data di definitività – acclarata in sede giudiziale – dei suddetti avvisi di accertamento e non — come invece avvenuto nella specie – precedentemente ad essa, non rilevando, in senso contrario, la sopravvenuta declaratoria di inammissibilità di detti ricorsi nelle more dello svolgimento del grado di appello dell’odierno giudizio (arg. da Cass., Sez. 5, 17.5.2017, n. 12239, Rv. 644128-01);

che il ricorso va, pertanto rigettato, nulla dovendosi disporre in ordine alle spese del giudizio di legittimità, essendo il D.B. rimasto intimato;

che va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (arg. da Cass., Sez. 6-L, 29.1.2016, n. 1778, Rv. 638714-01).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla dispone in relazione alle spese di lite. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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