Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8885 del 18/04/2011

Cassazione civile sez. II, 18/04/2011, (ud. 21/03/2011, dep. 18/04/2011), n.8885

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Avv. M.D., rappresentata e difesa da se medesima, per

legge domiciliata presso la Cancelleria civile della Corte di

cassazione, piazza Cavour, Roma;

– ricorrente –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Torino, sezione 1^ penale,

depositata il 18 dicembre 2008.

Udita, la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 21

marzo 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per

l’improcedibilità del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che l’Avv. M.D. ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in data 18 dicembre 2008, con cui il Tribunale di Torino, sezione 1^ penale, ha respinto l’opposizione dalla medesima presentata, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 170 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), contro il decreto del GIP che aveva rigettato l’istanza di liquidazione degli onorari richiesti per avere svolto il ministero di difensore d’ufficio nell’ambito di un procedimento penale a carico dell’imputato C. D.;

che il ricorso per cassazione è stato depositato nella cancelleria del giudice a quo il 30 dicembre 2008;

che il ricorso è affidato ad un motivo, il quale – privo della prescritto quesito di diritto ex art. 366-bis cod. proc. civ. (ratione temporis applicabile) – denuncia violazione e falsa applicazione di norma di legge.

Considerato che, successivamente alla proposizione della presente impugnazione, le Sezioni unite civili di questa Corte (sentenza 3 settembre 2009, n. 19161), chiamate a risolvere un contrasto di giurisprudenza in ordine alla qualificazione del vizio derivante dal mancato rispetto della sede civile della decisione dell’opposizione, hanno stabilito che qualora l’ordinanza che decide l’opposizione sia stata adottata da un giudice addetto al servizio penale, si configura una violazione delle regole di composizione dei collegi e di assegnazione degli affari, che non determina nè una questione di competenza nè una nullità, ma può giustificare esclusivamente conseguenze di natura amministrativa o disciplinare; ed hanno inoltre affermato, innovando il precedente orientamento, che (a) spetta sempre al giudice civile la competenza a decidere sulle opposizioni nei confronti dei provvedimenti di liquidazione dell’onorario del difensore del soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato (o di persone ammesse al programma di protezione), dei compensi agli ausiliari dei giudici e delle indennità ai custodi, anche quando emessi nel corso di un procedimento penale, e che (b) l’eventuale ricorso per cassazione avverso il provvedimento che decide sull’opposizione va proposto, nel rispetto dei termini e delle forme del codice di rito civile, dinanzi alle sezioni civili della Corte;

che l’applicazione del nuovo indirizzo giurisprudenziale impone di effettuare il controllo di ammissibilità e di procedibilità dell’impugnazione secondo le regole del ricorso per cassazione in sede civile, laddove il presente ricorso, con cui viene impugnata una ordinanza resa in sede di opposizione da un giudice penale, è stato proposto in base alle regole procedurali proprie del rito penale, in conformità dell’orientamento allora dominante nella giurisprudenza di questa Corte;

che, con ordinanza interlocutoria n. 16772 del 2010, regolarmente comunicata, alla parte ricorrente è stato assegnato il termine perentorio di giorni sessanta per proporre e notificare ricorso per cassazione secondo le forme del codice di procedura civile, nonchè l’ulteriore termine perentorio di giorni venti dalla notificazione per il deposito del ricorso nella cancelleria della Corte;

che, come risulta dalla pertinente certificazione della Cancelleria, la parte ricorrente non vi ha provveduto;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto non notificato a cura del ricorrente ad alcuno e privo del prescritto quesito;

che, in difetto di instaurazione del contraddittorio, nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 21 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2011

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