Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8882 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 31/03/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 31/03/2021), n.8882

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27486/2013 R.G. proposto da:

M.F., rappresentato e difeso, giusta procura speciale in

calce al ricorso, dall’Avv. Angelo Ciavarella, e disgiuntamente

dall’Avv. Rita Imbrioscia, elettivamente domiciliata presso lo

studio di quest’ultima, in Roma, Via Beethoven n. 52;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello

Stato e presso i cui uffici domicilia in Roma, alla Via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 55/31/2013, depositata il 15 aprile 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 ottobre

2020 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate, a seguito di mancata risposta al questionario inviato, emetteva, con riferimento all’anno 2004, cinque (come da intestazione della sentenza di appello) avvisi di accertamento (uno notificato due volte a M.F., in proprio e quale socio accomandante della società) nei confronti della società CM di M.C. s.a.s., per indeducibilità di costi, e nei confronti dei soci per il maggiore reddito da partecipazione ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5.

In particolare, l’avviso n. (OMISSIS) emesso nei confronti della società veniva notificato il 4-1-2010 alla CM di M.C. s.a.s., ma in persona del socio accomandante M.F.; l’avviso n. (OMISSIS) veniva notificato al socio accomandante M.F. per reddito da partecipazione, per la quota del 49%, in data (OMISSIS); l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), già menzionato, veniva nuovamente notificato alla società CM di Ca. M., socio accomandatario, deceduto, presso l’ultimo domicilio fiscale del defunto e, quindi, sempre a M.F., quale erede di M.C., il 4-3-2010; l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) veniva notificato l’8-3-2010 al socio accomandatario M.C. (per la quota del 51%), deceduto, presso l’ultimo domicilio fiscale, e quindi a M.F..

2.Dopo l’espletamento della procedura di accertamento con adesione M.F. impugnata tutti gli avvisi di accertamento.

3.Quanto all’accertamento n. (OMISSIS) intestato alla CM s.a.s. e notificato il 4 gennaio 2010, per l’anno 2004, M.F. eccepiva, tra l’altro, il proprio difetto di legittimazione a ricevere la notifica, essendo solo socio accomandatario, ma non il legale rappresentante (accomandatario).

Quanto all’avviso di accertamento n. (OMISSIS) a lui notificato l'(OMISSIS), quale reddito da partecipazione (49 %), tra l’altro, l’atto era nullo a fronte dell’inesistenza dell’atto presupposto, costituito dall’avviso di accertamento a carico della società CM s.a.s., mai notificato alla stessa o al legale rappresentante.

Quanto all’avviso di accertamento n. R1R01BB00891/2009, notificato al contribuente il 4 marzo 2010, quale erede di Ca. M., emesso a carico della CM di Ca. M., ed all’avviso n. (OMISSIS), notificato l’8 marzo 2010, al contribuente quale erede di M.C., a titolo di reddito da partecipazione (51%), per quel che ancora qui rileva, le notificazioni erano tardive ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43.

4. La Commissione tributaria provinciale di Milano, con la sentenza n. 112/16/2012 dichiarava inammissibili i ricorsi, in quanto proposta tardivamente oltre il termine di sessanta giorni dalla data di notificazione degli atti impugnati, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21.

5. Con l’atto di appello M.F. rilevava che doveva tenersi conto della sospensione di novanta giorni del termine per impugnare, a seguito dello svolgimento del procedimento di accertamento per adesione, ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 3, comma 3.

6. La Commissione tributaria della Lombardia rigettava l’appello del contribuente, non essendo stati tempestivamente impugnati gli avvisi di accertamento, dopo aver premesso che il M. aveva presentato istanza di accertamento con adesione per tutti gli avvisi. Il giudice di appello aggiungeva che non erano deducibili i costi ripresi a tassazione, in quanto relativi a fatture “generiche” emesse, tra l’altro, dallo stesso socio nei confronti della società, per lo svolgimento di servizi informatici, non inerenti con i ricavi conseguiti dallo svolgimento di attività societaria di locazione di immobili propri e sublocazione.

7. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente.

8. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo di impugnazione il contribuente deduce la “nullità della sentenza per violazione di legge. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in connessione con il D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3, in relazione all’art., 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto tutti gli avvisi di accertamento sono stati notificati tempestivamente.

2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la “nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Omessa motivazione e travisamento circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Infatti, la prima parte della sentenza fa riferimento a due avvisi di accertamento identificati con la data delle rispettive notifiche in data 22 febbraio 2008 ed in data 30 ottobre 2008. Trattasi di avvisi di accertamento del tutto estranei al giudizio in esame.

3. Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente si duole della “nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Omessa pronuncia circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, in quanto, con riferimento all’avviso di accertamento n. (OMISSIS), emesso a carico della società, ma notificato al socio accomandante il 4 gennaio 2010, aveva eccepito sin dal primo grado di giudizio il difetto di legittimazione passiva. Non v’è stata alcuna pronuncia sul punto da parte dei due giudici di merito.

4. Con il quarto motivo di impugnazione il ricorrente deduce “la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Ulteriore omessa pronuncia circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, in quanto il ricorrente aveva anche eccepito l’illegittima utilizzazione del metodo induttivo previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39.

5. Con il quinto motivo di impugnazione il ricorrente deduce la “nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Ancora una ulteriore omessa pronuncia circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, in quanto il ricorrente aveva eccepito la tardiva notifica dei ricorsi ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43.

6. Con il sesto motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la “nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Omessa o insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, non avendo il giudice di appello esaminato l’effettiva attività svolta dalla società, a prescindere dall’oggetto sociale risultante dalla iscrizione alla camera di commercio. Trattasi di attività di prestazione di servizi informatici, con l’utilizzo di personale, nominativamente indicato, in favore della Etnoteam, in precisi periodi di tempo e per orari prestabiliti. Anche il socio M.F. ha emesso fattura nei confronti della società MC s.a.s., per l’attività svolta in favore della Etnoteam. Tutti i documenti prodotti, analiticamente indicati, non sono stati oggetto di esame da parte del giudice di appello. La CM s.a.s. ha registrato i ricavi per l’attività svolto in favore di Etnoteam e, conseguentemente, ha indicato tra i costi le spese sostenute per compensare il personale impiegato in tale attività.

7. Anzitutto, si rileva che non ricorre una ipotesi di violazione del litisconsorzio. Infatti, pur trattandosi di società di persone, con applicazione del principio di “trasparenza” di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, con la necessità della partecipazione ai giudizi di merito sia dei soci che della società (Cass., sez. 65, 25 giugno 2018, n. 16730, Cass., sez. 5, 23 dicembre 2014, n. 27337 in relazione al socio accomandante; Cass., sez. un., 4 giugno 2008, n. 14815), tuttavia, il socio accomandatario M.C. è deceduto, e gli avvisi di accertamento sono stati notificati a M.F., quale (unico) erede di M.C.. Quanto alla società, l’art. 2272 c.c., comma 1, n. 4, in tema di società semplice, prevede che “la società si scioglie…quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è stata ricostituita”. L’art. 2308 c.c., dedicato alle società in nome collettivo, dispone che la società si scioglie “per la cause indicate nell’art. 2272”. L’art. 2323 c.c., in tema di società in accomandita semplice, prevede, poi, che “la società si scioglie, oltre che per le cause di cui all’art. 2308, quando rimangono soltanto soci accomandanti o soci accomandatari, semprechè nel termine di sei mesi non sia sostituito il socio che è venuto meno”.

Nella specie, non risulta che sia stata ricomposta la pluralità di soci.

Peraltro, per questa Corte, nella società in accomandita semplice, in caso di sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari, l’art. 2323 c.c., nel prevedere la sostituzione dei soci venuti meno e la nomina in via provvisoria di un amministratore per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, esclude implicitamente la possibilità di riconoscere al socio accomandante, ancorchè unico superstite, la qualità di rappresentante della società per il solo fatto di aver assunto in concreto la gestione sociale, posto che l’ingerenza del socio accomandante nell’amministrazione, pur comportando la perdita della limitazione di responsabilità ai sensi dell’art. 2320 c.c., non determina l’acquisto, da parte sua, del potere di rappresentanza della società (Cass., sez. 6-1, 7 luglio 2011, n. 15067).

8. Il secondo motivo, che va esaminato con priorità perchè pregiudiziale, è infondato.

Invero, l’errore commesso dal giudice di appello nell’indicare avvisi di accertamento del tutto estranei al presente giudizio, non comporta l’omessa motivazione, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in quanto nell’intestazione e nella parte della motivazione della sentenza dedicata allo “svolgimento del processo” sono indicati i cinque avvisi di accertamento impugnati dal contribuente.

9. Il primo motivo è fondato.

Invero, l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), notificato il 4 gennaio 2010 al socio accomandante, pur se emesso nei confronti della società MC s.a.s., è stato impugnato con ricorso notificato il 3-6-2010, quindi proprio il giorno di scadenza del termine di sessanta giorni ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, oltre i novanta giorni di sospensione del termine per l’utilizzo del procedimento di accertamento per adesione del D.Lgs. n. 218 del 1997, ex art. 6, comma 3, (27 giorni di gennaio, 28 di febbraio, poi fino al 5 marzo per i 60 giorni, quindi 26 giorni di marzo, 30 di aprile, 31 di maggio, fino al 3 giugno per i novanta giorni).

Le medesime considerazioni valgono per l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), notificato l'(OMISSIS), per il reddito da partecipazione dell’accomandante (49%), impugnato con ricorso notificato il 7 giugno 2010, il cui termine per l’impugnazione era proprio il 7 giugno.

Analoghe considerazioni valgono per l’accertamento n. (OMISSIS) notificato il 4 marzo 2010 al socio accomandante, quale erede dell’accomandatario, con atto indirizzato alla società, impugnato il 16 settembre 2010, dovendosi tenere conto anche dei 46 giorni di sospensione feriale (27 giorni di marzo, 30 di aprile, 3 maggio per i sessanta giorni, poi i restanti 27 giorni di maggio, i 30 di giugno, i 31 di luglio, e quindi l’ultimo giorno il 16 settembre).

Lo stesso ragionamento vale per l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), notificato l’8 marzo 2010, impugnato il 16 settembre 2010.

Va precisato, con specifico riferimento agli ultimi due avvisi di accertamento menzionati, che, secondo un orientamento di questa Corte (Cass., n. 11632/2015; Cass., n. 7995/2016) era inapplicabile la sospensione dei termini per il periodo feriale ai procedimenti non giurisdizionali, dovendosi qualificare la sospensione del termine per l’impugnazione degli atti di imposizione tributaria prevista dal D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3, come procedimento di natura amministrativa.

Tuttavia, il D.L. n. 193 del 2016, art. 7 quater comma 18, convertito in legge con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225, ha disposto che i termini di sospensione relativi alla procedura di accertamento con adesione si intendono cumulabili con il periodo di sospensione feriale dell’attività giurisdizionale (Cass., sez. 6-5, ord. 6 dicembre 2018, n. 31683; Cass., sez. 6-5, ord. 21 febbraio 2019, n. 5039). Tale disposizione ha natura processuale ed è, dunque, applicabile ai procedimenti in corso, sicchè deve ritenersi pienamente ammissibile la sospensione per il periodo feriale del termine per l’adesione.

10. Tutti i restanti motivi sono assorbiti. Invero per questa Corte, ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della “potestas iudicandi”, abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità la quale costituisce la vera ragione della decisione (Cass., sez. 1, 16 giugno 2020, n. 11675; Cass., 19 dicembre 2017, n. 30393; Cass., sez. un., 30 ottobre 2013, n. 24469).

10.La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo; rigetta il secondo; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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