Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8879 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 31/03/2021), n.8879

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1141-2020 proposto da:

S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ACQUA

DONZELLA 27, presso lo studio dell’avvocato SALVINO GRECO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190,

presso lo studio dell’avvocato ANNA MARIA ROSARIA URSINO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4611/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRICENTI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. – Il ricorrente S.N. ha subito sequestro di una somma (17 mila Euro) nell’ambito di un procedimento penale a suo carico, somma affidata a Poste Italiane in deposito.

In seguito, la Procura della Repubblica ha disposto il dissequestro di quella somma, per la cui effettiva restituzione il ricorrente ha dovuto iniziare una causa davanti al Tribunale di Roma, conclusasi con la dichiarazione di cessata materia del contendere, avendo le Poste, nelle more, adempiuto.

Il Tribunale ha disposto la compensazione delle spese per due terzi, ponendo il restante terzo a carico di Poste, in ragione della soccombenza reciproca quanto alla domanda di pagamento degli interessi: il ricorrente aveva chiesto la corresponsione degli interessi di cui alla L. n. 231 del 2002, mentre sono stati riconosciuti gli interessi di cui al D.M. n. 127 del 2009.

Il ricorrente ha interposto appello, e la corte ha confermato la decisione ribadendo l’applicazione, quanto al regime degli interessi, del suddetto D.M. n. 127 del 2009 e confermando quindi una parziale soccombenza reciproca giustificativa della compensazione.

2. – Ricorre S. con due motivi. V’è controricorso delle Poste.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. – I due motivi possono esaminarsi congiuntamente. Essi denunciano violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e dell’art. 1284 c.c..

Secondo il ricorrente, la decisione impugnata è erronea sotto un duplice profilo, che corrisponde poi ad una duplice ratio della sentenza.

In primo luogo, la corte di appello avrebbe errato nel ritenere applicabile il tasso di interessi di cui al D.M. n. 127 del 2009, che invece si riferisce solo al periodo precedente l’inizio della lite, mentre, per contro, dopo che quest’ultima è stata instaurata, si applica il tasso legale di cui all’art. 1284 c.c., cosi che, se la corte avesse correttamente applicato il tasso di interessi, non vi sarebbe stata soccombenza.

In secondo luogo, si ritiene che comunque soccombenza non v’è stata poichè non c’è stato un diverso ammontare liquidato, ossia un minore ammontare rispetto a quanto richiesto.

I motivi sono inammissibili.

La corte di merito ha corretto la motivazione della sentenza di primo grado ed ha ritenuto che la soccombenza reciproca è da ravvisarsi nella circostanza che il ricorrente aveva chiesto il riconoscimento degli interessi ex L. n. 231 del 2002, e questa domanda è stata rigettata con applicazione del diverso tasso di cui al D.M. n. 127 del 2009.

Questa è chiaramente la ratio della sentenza impugnata (p. 4): “Si osserva infatti che l’attore in primo grado ha chiesto il riconoscimento degli interessi commerciali di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002 ma tale domanda non è stata accolta”).

Dunque, non colgono la ratio della decisione impugnata i due motivi nella parte in cui assumono che la corte abbia applicato il regime del D.M. n. 127 del 2009 in luogo del regime legale (art. 1284 c.c.) e contestano la decisione proprio nella parte in cui si ritiene che il DM sia stato preferito a quello legale.

In realtà, la corte di appello ha ritenuto la soccombenza reciproca in quanto ha accertato che il ricorrente aveva chiesto l’applicazione degli interessi commerciali (L. n. 231 del 2002) non già l’applicazione degli interessi legali (art. 1284 c.c.) e, per l’appunto, verificando che tale domanda era stata rigettata, ha ritenuto la soccombenza.

Il ricorrente invece chiaramente censura la sentenza pretendendo gli interessi ex art. 1284 c.c. (p. 3 del ricorso), che però, secondo la corte di merito, che non è aggredita sul punto, non erano quelli effettivamente richiesti in primo grado e su cui si era determinata soccombenza.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di 3200,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese legali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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