Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8879 del 29/03/2019

Cassazione civile sez. I, 29/03/2019, (ud. 22/11/2018, dep. 29/03/2019), n.8879

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12063/2018 proposto da:

G.C., elettivamente domiciliato in Roma Via Sabotino 46,

presso lo studio dell’Avv.to Comi Vincenzo che lo rappresenta e

difende giusta procura speciale su foglio separato;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso IL DECRETO del TRIBUNALE DI MILANO n. 747/2018 in data

8/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/11/2018 dal Consigliere Dott. MARINA MELONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Milano sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 8/3/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano in ordine alle istanze avanzate da G.C. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dal Senegal aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano di essere fuggito dal proprio paese, transitando in Libia dove era stato ferito all’occhio sinistro con gravi conseguenze sulla vista, in quanto temeva di essere ucciso dai figli di un proprietario di terre ora deceduto che gli aveva donato alcuni terreni di cui i figli volevano rientrare in possesso. Avverso il decreto del Tribunale di Milano ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

In via pregiudiziale il ricorrente solleva tre questioni di legittimità costituzionale: la prima del D.L. n. 13 del 2017, così come convertito nella L. n. 46 del 2017, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1 e art. 77 Cost., comma 2, per mancanza dei presupposti di necessità e urgenza nell’emanazione dello stesso decreto legge, in considerazione del differimento dell’efficacia temporale e, quindi, dell’entrata in vigore del nuovo rito in materia di protezione internazionale.

La seconda e terza questione di legittimità costituzionale, in materia di controversie di protezione internazionale, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1; art. 24 Cost., commi 1 e 2; art. 111 Cost., commi 1, 2 e 5; art. 117 Cost., comma 1, quest’ultimo parametro così come integrato dall’art. 46, paragrafo 3 della Direttiva numero 32/2013 e dagli artt. 6 e 13 della Cedu, rispettivamente in riferimento alla previsione del rito camerale ex artt. 737 c.p.c. e segg., ed al termine di impugnabilità del decreto solo in Cassazione entro 30 giorni dalla comunicazione a cura della cancelleria del decreto di primo grado.

Con i tre motivi di ricorso in via pregiudiziale il ricorrente solleva altrettante questioni di legittimità costituzionale sulle quali questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi in analoghi giudizi, ritenendole irrilevanti e manifestamente infondate, con sentenza sez. 1 n. 17717 del 27/6/2018 e ordinanza sez. 1 nr. 27700 del 30/10/2018 pienamente condivise da questo Collegio e dalle quali non vi è motivo per discostarsi.

Nel merito con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,5,7,8,11, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Milano non ha verificato e correttamente valutato la credibilità del racconto del ricorrente.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2,14 e 17, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria senza esaminare correttamente la situazione di violenza in Senegal.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 9 e art. 8, come modificato dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Milano non ha usato informazioni aggiornate e precise sulla situazione dei paesi di origine.

Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5,comma 6, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto il Tribunale di Milano, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorso è privo di fondamento.

I motivi di merito proposti contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento. Il Tribunale infatti ha ritenuto che le vicende riferite dal ricorrente non siano credibili, sia pure nell’ambito dell’onere probatorio cd. attenuato, avendo egli narrato di essere fuggito dal proprio paese in quanto minacciato dai figli di un proprietario di terre senza tuttavia essersi nemmeno rivolto agli organi statali per ottenere protezione e denunciare alla polizia i reati di cui era stato vittima.

In riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria il Giudice ha correttamente ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva che le minacce a carattere meramente privatistico e l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine escludano il diritto alla protezione sussidiaria. Secondo il Tribunale il racconto reso era generico, confuso, lacunoso e privo di qualsiasi riscontro e pertanto, stante la non credibilità della narrazione della vicenda personale resa dal ricorrente, doveva escludersi l’esistenza di una situazione di pericolo legata alla situazione individuale dell’istante.

La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014). Inoltre, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, il Tribunale ha adempiuto al proprio dovere di cooperazione istruttoria facendo riferimento alle notizie risultanti dal sito internet (OMISSIS) del Ministero degli Esteri da cui ha evinto che situazioni critiche di sicurezza e di ordine pubblico nel Senegal sono presenti in zone distanti da quella di provenienza del ricorrente.

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria – al pari di quanto avviene per il giudizio di riconoscimento dello status di rifugiato politico e della protezione sussidiaria – incombe sul giudice il dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine.

Nella specie, il Tribunale non ha violato il suddetto principio di cooperazione istruttoria, avendo semplicemente ritenuto, a monte, che i fatti lamentati non costituiscano un ostacolo al rimpatrio nè integrino una situazione di vulnerabilità o un’esposizione seria alla lesione dei diritti fondamentali della persona. Il motivo si rileva pertanto inammissibile in quanto censura senza peraltro alcun riferimento alla situazione individuale e senza nemmeno indicare specificamente i documenti o gli atti da prendere in considerazione, l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente, tenuto anche conto che il giudice di merito ha accertato una efficace risposta del ricorrente al trattamento farmacologico disposto per la diagnosticata distrofia maculare con il riscontro di un quadro medico rassicurante.

Quanto poi al parametro dell’inserimento sociale e lavorativo dello straniero in Italia esso può essere valorizzato come presupposto della protezione umanitaria non come fattore esclusivo, bensì come circostanza che può concorrere a determinare una situazione di vulnerabilità personale (Cass. n. 4455 del 2018), che, tuttavia, nel caso di specie è stata esclusa, in disparte la questione dell’applicabilità alla fattispecie del D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni nella L. n. 132 del 2018, questione non rilevante nel caso di specie, non prospettando il ricorso alcun riferimento a circostanze di fatto riconducibili alle specifiche previsioni di detto testo di legge.

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere respinto. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, essendo il ricorrente stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 22 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2019

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