Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8879 del 13/05/2020

Cassazione civile sez. III, 13/05/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 13/05/2020), n.8879

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6766/2018 proposto da:

B.V., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

ANDREA ANFUSO ALBERGHINA;

– ricorrente –

contro

ASSESSORATO DEI BENI CULTURALI E DELL’IDENTITA’ SICILIANA, in persona

del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

COMUNE DI CATANIA, in persona del Sindaco – Rappresentante Legale pro

tempore, domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROSARIO

RUSSO;

EAR TEATRO M.B., in persona del suo legale rappresentante

pro tempore, domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

DARIO SEMINARA;

– controricorrenti –

e contro

TEATRO STABILE DI CATANIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1425/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 20/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/01/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

B.V. conveniva in giudizio il Comune di Catania, l’Assessorato ai Beni Culturali e Ambientali della Regione Sicilia e la Fondazione Teatro M.B., chiedendo il risarcimento del danno subito in occasione dell’incidente occorsole in data (OMISSIS), presso il Teatro romano di Catania.

Parte attrice deduceva che durante l’intervallo dello spettacolo si spostava in una piazzola/pedana di sosta aventi le dimensioni di una pedana, dove era presente un gran numero di spettatori e, per le assai ridotte dimensioni dello spiazzo, perdeva l’equilibrio, a causa dell’assenza di un corrimano, e cadeva all’indietro sui grandini sottostanti. L’attrice imputava la responsabilità della caduta agli Enti organizzatori e patrocinatori della rappresentazione teatrale per non aver predisposto, in occasione della serata, le misure necessarie di sicurezza.

Si costituiva in giudizio l’Assessorato ai Beni Culturali ed Ambientali della Regione Sicilia che eccepiva preliminarmente la nullità della notifica dell’atto di citazione poichè eseguita direttamente nei confronti dell’Amministrazione regionale e non presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato, e, nel merito, contestava l’infondatezza della domanda.

Si costituiva, altresì, il Comune di Catania, il quale chiedeva l’estromissione dal giudizio per non essere proprietario del Teatro e nel merito il rigetto della domanda attorea sia nell’cm che nel quantum. Eccepiva che l’unica responsabilità doveva essere ascritta alla Soprintendenza ai B.B.C.C. che doveva provvedere alla messa in sicurezza del sito. Inoltre formulava richiesta di autorizzazione alla chiamata in garanzia sia del Teatro Stabile di Catania e sia dell’Assessorato ai Beni Culturali ed Ambientali della Regione Sicilia, sul presupposto che quest’ultimo, benchè costituito in giudizio, aveva eccepito la nullità della notifica dell’atto di citazione.

Il Tribunale di Catania, con sentenza n. 3465/2011 del 10 ottobre 2011, in rigetto della domanda attorea, dichiarava la responsabilità esclusiva della stessa danneggiata nella verificazione del sinistro oggetto di causa, condannandola alla refusione delle spese di lite in favore dei convenuti costituiti.

2. La Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 1425/2017 del 20/07/2017, confermando integralmente la sentenza di prime cure, rigettava l’appello proposto da B.V., condannandola alla refusione delle spese del presente giudizio.

La Corte riteneva non provato il nesso causale tra le dedotte inadeguatezze strutturale del sito e l’incidente subito dalla B. quale conseguenza “normale” della condizione potenzialmente lesiva della res.

Secondo il giudice del merito la causa della caduta doveva imputarsi al comportamento dell’appellante che “perdeva l’equilibrio non perchè scendendo le scale, queste fossero scarsamente illuminate, ma per aver perso l’equilibrio dando le spalle alla scalinata che dava accesso alla via di fuga”. La presenza della scala, seppur scarsamente illuminata era comunque percepibile da parte di coloro che erano fermi sulla pedana. Inoltre affermava anche che “quanto alla mancanza di idonea segnalazione della via di fuga, le caratteristiche proprie della pedana erano tali da mettere in luce la funzione di luogo di transito verso la sottostante scala”.

3. Avverso tale decisione, B.V. ricorre per cassazione, sulla base di quattro motivi illustrati da memoria

3.1. Resistono con controricorso, il Comune di Catania, l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana ed il E.A.R. Teatro M.B.. Quest’ultimo ha anche depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la “violazione dell’art. 2051 c.c.” perchè la Corte territoriale non avrebbe esaminato il comportamento del custode che sarebbe stato tenuto ad adottare tutte le misure idonee ad evitare eventi dannosi come quello in esame, trattandosi di comportamenti prevedibili.

Denuncia la ricorrente richiamando la giurisprudenza di questa Corte che la condotta della vittima del danno causato da cose in custodia può costituire caso fortuito ed escludere integralmente la responsabilità del custode solo qualora essa sia imprevedibile. Ne consegue che l’unico comportamento idoneo a recidere il nesso causale e ad escludere la responsabilità del custode è quello eccezionale e/o abnorme, quindi in alcun modo prevedibile ed evitabile dal soggetto chiamato a rispondere ex art. 2051 c.c.. Nel caso di specie, il comportamento della signora B. non presenta i caratteri dell’eccezionalità, rientrando tra quelle condotte che dovevano e potevano essere evitate adottando le opportune precauzioni. Era infatti prevedibile che in mancanza di una idonea segnalazione e del personale preposto ad assicurare la sicurezza dei luoghi, più persone potessero stazionare su una pedana che a tutti appariva essere una piazzola di sosta.

A fronte di un comportamento prevedibile di tutti gli spettatori che, ignari del pericolo, si sono spostati sulla pedana, il custode avrebbe dovuto adottare tutte le misure idonee ad evitare il verificarsi dell’evento dannoso. Ne consegue che in alcun modo può essere esclusa la responsabilità del custode che, come chiaramente previsto dall’art. 2051 c.c. si presume fino a prova contraria.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole dell'”omesso esame di un fatto decisivo del giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5″.

Il Giudice non avrebbe espresso alcuna valutazione sulle prove documentali agli atti, in particolare il sub 9 e 10; il primo riproduce il verbale della commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo del 30 luglio 2002, il secondo, invece, riguarda la comunicazione di riscontro richiesta dalla commissione da parte dell’allora sovrintendente alle belle arti della provincia di Catania circa le istallazioni luminose presenti nel teatro. Detti documenti dimostrano la prevedibilità dell’evento e la responsabilità delle amministrazioni convenute.

4.3. Con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia la “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c. n. 3; violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 2051 c.c.”.

La Corte di merito avrebbe errato nell’addossare per intero in capo all’attrice l’onere della prova. Ed in ogni caso la ricorrente ha provato l’evento dannoso ed il rapporto di casualità con la cosa, elementi necessari ai fini dell’applicabilità dell’art. 2051; al contrario, il convenuto non avrebbe provato il caso fortuito, sotto il profilo dell’imprevedibilità e negligenza dell’attrice.

4.4. Con il quarto motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 2043 c.c., omessa pronuncia”.

Il Giudicante avrebbe omesso di valutare la configurabilità dei fatti sotto il diverso profilo giuridico di cui all’art. 2043 c.c., richiesto, in via subordinata, dalla parte.

5. Il ricorso è inammissibile e comunque infondato.

Tutti i motivi sono inammissibili in quanto manifestamente volti al conseguimento di una nuova valutazione dei fatti di causa, al di là della veste formale conferita alle censure.

In particolare nei primi tre motivi, il ricorrente rappresenta argomentazioni volte non già a confutare la correttezza logico-giuridica dell’iter argomentativo seguito dalla Corte territoriale, quanto piuttosto a minarne la validità contenutistica, oltrepassando, in questo modo, i confini che sono propri del sindacato di legittimità.

Con le doglianze in esso articolate, la parte ricorrente, in sostanza, sottopone alla Corte di legittimità inammissibili istanze di revisione di valutazioni di fatto, prevalentemente probatorie, rientranti nel sovrano apprezzamento del giudice del merito e non sindacabili in sede di legittimità.

Per completezza, è opportuno precisare che questa Corte (cfr. Cass. n. 2480/2018, Cass. n. 2481/2018, Cass. n. 2482/2018), all’esito di una ricognizione degli orientamenti nel tempo consolidatisi nella giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c. (anche in rapporto a quella di cui all’art. 2043 c.c.), ha enunciato, tra gli altri, i seguenti principi di diritto:

a) “l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicchè incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima”;

b) “la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso”;

c) “il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, ma anche dello stesso comportamento del danneggiato, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode”.

Tuttavia, l’imprevedibilità è comunque di per sè un concetto relativo, necessariamente influenzato dalle condizioni della cosa, di più o meno intrinseca pericolosità in rapporto alle caratteristiche degli eventi in grado di modificare tali condizioni ed alla stessa interazione coi potenziali danneggiati.

Alle luce dei principi suesposti, appare corretto il ragionamento eseguito dalla Corte territoriale nell’escludere la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c., ritenendo non provato il nesso causale tra lo stato dei luoghi e l’incidente subito dalla B., quale conseguenza normale della condizione potenzialmente lesiva della res.

Infine, nel quarto motivo la parte lamenta l’omessa valutazione sulla configurabilità dei fatti sotto il diverso profilo giuridico di cui all’art. 2043 c.c..

Ora, anche a voler prescindere il pur corretto inquadramento in iure della responsabilità aquiliana operato dal giudice di appello, occorre rilevare che, una volta ritenuta insussistente la responsabilità ex art. 2051 c.c., per essere l’evento dannoso determinatosi a seguito di “caso fortuito”, ciò riverbera necessariamente pure sulla responsabilità ex art. 2043 c.c., che viene anch’essa elisa, in quanto il “fortuito”, dovuto per imprudenza dello stesso danneggiato e, quindi, estraneo alla sfera comportamentale del danneggiante, si palesa, di per sè, quale causa efficiente da sola capace di determinare l’evento dannoso e, quindi, capace di assorbire interamente il rapporto eziologico materiale ai sensi degli artt. 40 e 41 c.p..

E comunque la sentenza del Giudice di merito è scevra da qualsivoglia vizio logico-giuridico.

6. In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente Fondazione Teatro, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge; a favore del Comune di Catania Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge; a favore dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2020

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