Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8878 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 31/03/2021), n.8878

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1091-2020 proposto da:

INVESTMENT DAY SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA COLA DI RIENZO, 192, presso

lo studio dell’avvocato VINCENZO DE NISCO, rappresentata e difesa

dagli avvocati GUIDO BEVILACQUA, TIZIANA BEVILACQUA;

– ricorrente –

Contro

UBI BANCA SPA, B.A., C.G., E.O.,

A.M., G.A., CA.RA., P.G.,

D.L.A., DI.LA.AL., M.S.,

T.C., P.M.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5052/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 17/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRICENTI.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

1. – B.A., Ca. Gi., P.M.C., T.C. erano garanti, per avere avallato un vaglia cambiario, oltre che in forza di una fideiussione per scoperto di conto corrente, della società (OMISSIS) srl, poi fallita.

Nel 2010 la Banca Popolare di Ancona, ora UBI Banca, ha ottenuto nei confronti dei predetti garanti un decreto ingiuntivo per 563,289,00 Euro.

Tuttavia, i garanti, nel biennio precedente, dunque tra il 2008 ed il 2009, hanno effettuato quattro vendite per atto notarile di beni immobili a loro intestati a favore di alcuni parenti ed affini, che hanno immediatamente dopo venduto a loro volta quei beni alla società Investment Day srl da poco costituita.

2. – Conseguentemente, la UBI banca ha agito per far dichiarare la simulazione sia della prima vendita che della seconda, con domanda accolta dal Tribunale, prima e dalla Corte di Appello di Napoli in seguito.

In particolare, ha osservato quest’ultima che la sub-acquirente non ha dimostrato di avere effettivamente versato il prezzo, dovendosi così ritenere non superata la presunzione di simulazione, che, peraltro, si può ricavare da una serie di altri indici, come la circostanza che i garanti si sono privati del loro intero patrimonio; che gli effetti dati in pagamento non risultano incassati; che la sub-acquirente non risulta svolgere alcuna attività; che è stata costituita alla bisogna.

La Investment Day srl ricorre con un motivo. Non v’è controricorso dell’intimata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

3. – Con l’unico motivo la ricorrente denuncia sia omesso esame di un fatto rilevante e controverso che violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 1415 e 1153 c.c..

La censura è dunque duplice: quanto all’omesso esame essa consiste nel contestare alla decisione impugnata di non avere tenuto in alcuna considerazione la presunzione, a proprio favore, di buona fede del proprio acquisto oltre che la priorità della propria trascrizione (p. 8).

In parte qua il motivo è inammissibile, in quanto non si tratta, in ipotesi, dell’omesso esame di un fatto controverso e rilevante per il giudizio, ma semmai di una erronea valutazione di quel fatto (lo stato di buona fede), che la corte esclude e che invece il ricorrente pretende sussistere.

Il motivo va dunque valutato nella sua censura di violazione di legge. Secondo il ricorrente la corte avrebbe in primo luogo violato l’art. 2697 c.c. ponendo l’onere di dimostrare l’avvenuto pagamento del prezzo a carico del sub acquirente, gravando invece esso sul creditore che agisce in simulazione.

Inoltre, la corte avrebbe fatto erroneo uso delle presunzioni attribuendo valore indicativo ad elementi che non hanno le caratteristiche indicate dall’art. 2729 c.c..

In particolare, la ricorrente ritiene che a suo favore operi la presunzione di cui all’art. 1153 c.c. e che gli elementi presi in conto dalla Corte non sono in grado di vincere il favore di quella norma.

Il motivo è infondato.

Quanto all’onere della prova, la corte di merito ha fatto applicazione di un orientamento di questa corte secondo cui ” qualora l’azione di simulazione proposta dal creditore di una delle parti di un contratto di compravendita immobiliare fondi su elementi presuntivi che, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 2697 c.c., indichino il carattere fittizio dell’alienazione, l’acquirente ha l’onere di provare l’effettivo pagamento del prezzo, potendosi, in mancanza, trarre elementi di valutazione circa il carattere apparente del contratto; tale onere probatorio non può, tuttavia, ritenersi soddisfatto dalla dichiarazione relativa al versamento del prezzo contenuta nel rogito notarile, in quanto il creditore che agisce per far valere la simulazione è terzo rispetto ai soggetti contraenti”. (Cass. 5326/ 2017; Cass. 15510/ 2018).

La corte ha ritenuto che gli elementi addotti dal creditore fondavano una presunzione di mancato versamento del prezzo, con un giudizio di fatto qui non sindacabile, se non per difetto assoluto di motivazione.

La Corte, ad ogni modo, ha dato conto del valore indiziario di quegli elementi (p. 5-6).

Del resto, i criteri seguiti dalla corte di merito nell’uso della presunzione non sono errati, avendo la corte valutato non uno solo, ma una serie di elementi emersi in atti; avendoli considerati unitariamente, ed avendo soprattutto assunto quali indizi della presunzione di mancato pagamento del prezzo elementi non solo gravi (ossia fatti non contestati), ma altresì seri, ossia indicativi della simulazione, ed in particolare, il fatto che la ricorrente fosse stata costituita da poco, che non avesse una effettiva attività da svolgere, che uno degli acquirenti in primis era socio sia pure di minoranza ( D.L.A.), che nel giro di due anni i garanti hanno alienato tutto loro patrimonio.

Cosi che non si ravvisa violazione dei criteri di cui all’art. 2729 c.c. Quanto alla circostanza di avere trascurato invece la presunzione di buona fede a proprio favore, a parte quanto si è detto sin ad ora, ossia che il sub-acquirente non sì può giovare della presunzione ma deve dimostrare di aver pagato il prezzo; a parte ciò, l’art. 1153 c.c. è riferito a tutt’altra fattispecie concreta, in quanto pone una regola di presunzione di buona fede in capo all’acquirente a non domino di beni mobili.

Nè può trarsi ovviamente alcuna indicazione utile, quanto alla simulazione dall’avvenuta trascrizione dell’atto, che dà diritto ad opporlo ai terzi, sempre che sia valido.

Il ricorso va dunque rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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