Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8874 del 04/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 8874 Anno 2015
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA

sul ricorso 541-2012 proposto da:
VENETA

PULIZIE

S.C.A.R.L.

IN

LIQUIDAZIONE

P.I

02570420246, la quale agisce in persona del Liquidatore
signor BENINATI SALVATORE, elettivamente domiciliatain
ROMA, VIA RODI 32, presso lo studio dell’avvocato LUCIO
LAURITA LONGO, che la rappresenta e difende unitamente
2014

all’avvocato LIVIO GALLA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

.3997

contro

UNIRISCOSSIONI S.P.A. – CONCESSIONARIO DEL SERVIZIO DI
RISCOSSIONE TRIBUTI VICENZA (ora EQUITALIA NOMOS

Data pubblicazione: 04/05/2015

S.P.A.);
– intimati nonchè contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE,
C.F. 80078750587, in persona del suo Presidente e

mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di
Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F.
05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati
ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, giusta
delega in calce alla copia notificata del ricorso;
– resistenti con mandato –

avverso la sentenza non definitiva n. 23/2011 della
CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 03/03/2011
r.g.n. 1004/2007;
avverso la sentenza definitiva n. 196/2011 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 30/05/2011 r.g.n.
1004/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2014 dal Consigliere Dott. IRENE
TRICOMI;
udito l’Avvocato LAURITA LONGO LUCIO;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per

l’inammissibilità o in subordine rigettolt

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La società Veneta Pulizie scarl in liquidazione ricorre per cassazione nei
confronti dell’INPS, in proprio e quale mandatario SCCI spa, nonché Uniriscossioni
spa, avverso la sentenza non definitiva n. 23 del 2011 e la sentenza definitiva n. 196 del
2011, emesse dalla Corte di Appello di Venezia.
2. 11 giudice di secondo grado, con la sentenza n. 23 del 2011, nell’accogliere il
motivo dell’appello principale dell’INPS, proposto avverso la sentenza del Tribunale di
Vicenza n. 213 del 2007, con riguardo alle pretese azionate nei confronti di Veneta
Pulizie scarl sulla base del verbale di accertamento dell’Il settembre 2000, atteso che
ad avviso dell’Istituto a prescindere dalla sussistenza o meno della subordinazione, le
cooperative erano tenute comunque a versare per i propri soci contributi previdenziali,
essendo considerate datrici di lavoro anche nei riguardi dei loro soci, configurandosi
una equiparazione a fini contributivi tra soci e dipendenti, riteneva fondato l’addebito,
senza necessità di esame delle risultanze istruttorie, così ritenendo assorbita la doglianza
riguardante la valutazione probatorie delle testimonianze circa.
3. La Corte d’Appello ha fatto applicazione del principio secondo il quale, per il
periodo precedente, la legge n. 142 del 2001, che il R.D. 28 agosto 1924, n. 1422, art. 2,
comma 3, nello stabilire che, ai fini previdenziali, “le società cooperative sono datori di
lavoro anche nei riguardi dei loro soci che impiegano in lavori da esse assunti”, ha
equiparato, con una fictio iuris, i soci ai lavoratori subordinati, assicurando agli stessi il
trattamento previdenziale di questi ultimi.
4. Avverso detta statuizione, oggetto della sentenza parziale n. 23 del 2011 della
Corte di Appello di Venezia, la ricorrente specifica l’impugnazione prospettando due
motivi di ricorso.
5. L’Inps si è costituito, in proprio e quale mandatario SCCI spa, con procura in
calce alla copia del ricorso notificato.
6. La società Uniriscossioni spa è rimasta intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, n. 3, cpc.
violazione e falsa applicazione del R.D. 28 agosto 1924, n. 1422, art. 2, e del d.P.R. 30
aprile 1970, n. 602, art. 1, in cui sarebbe incorsa la Corte d’Appello con la sentenza non
definitiva 23 del 2011, nel ritenere che in ragione dell’art. 2, comma 3, del R.D. 1422
del 1924, al fine di assicurare una tutela previdenziale ai soci lavoratori delle
cooperative, il legislatore ha inteso assimilare questi ultimi ai lavoratori subordinati.
Espone la ricorrente che il giudice di secondo grado non avrebbe adeguatamente
valutato il tipo di cooperativa destinataria del verbale di accertamento dell’INPS
(cooperativa di pulizie e facchinaggio, circostanza che non sarebbe stata messa in
dubbio dall’INPS) e dunque il fatto che, trattandosi di cooperativa operante nei settori di
cui al d:P.R. n. 602 del 1970, il regime contributivo applicabile alla Veneta Pulizie
scarl è da individuare in quello dettato dal decreto medesimo, e non già in quello
attribuibile in via generale alle altre cooperative, alla luce del R.D. n. 1422 del 1924.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la
difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto,
sicché sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche questioni di diritto,
qualora queste postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di
merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità (Cass., n. 19350 del
2005).
Tale circostanza si ravvisa nel caso di specie. La questione controversa che ha
visto la Corte d’Appello riformare sul punto la sentenza del Tribunale di Vicenza,
3

infatti, verteva sulla necessità o meno della subordinazione del rapporto di lavoro tra la
società cooperativa ed il socio al fine di assoggettare le società cooperative medesime
alla contribuzione del lavoro subordinato.
Il giudice di primo grado ritenendo che non vi fosse automatica equiparazione ai
fini contributivi tra soci lavoratori e dipendenti, dava ingresso ad una complessa ed
articolata istruttoria sul punto e concludeva ritenendo dimostrato che nella fattispecie il
rapporto sociale non fosse stato simulato. La Corte d’Appello, invece, ha ritenuto
sussistere una fictio iuris, con l’assimilazione ai fini contributivi, per il periodo in
contestazione, tra soci lavoratori e dipendenti (per la articolata evoluzione
giurisprudenziale in materia, anche in ragione della legge n. 142 del 2001, si veda
Cass., n. 9706 del 2010).
1.2. Con l’odierno motivo di ricorso la Veneta Pulizie scarl, introduce una
diversa prospettazione, e cioè che in ragione dell’essere cooperativa di facchinaggio e
pulizie, non dovrebbe trovare applicazione il R.D. n. 1422 del 1924, dunque in
nessuna delle interpretazioni offerte dai giudici di merito, ma il d.P.R. 30 aprile 1970, n.
602.
Tale tesi, che introduce una diversa prospettazione giuridica rispetto ai
precedenti gradi di giudizio (atteso che la società ricorrente non deduce di aver
sottoposto tale questione al giudice di appello, neppure in forma di eccezione),
presuppone un accertamento di fatto che non si prospetta sollecitato nelle fasi di merito,
tenuto conto, peraltro, della frammentarietà e genericità del richiamo effettuato in
ricorso alle note difensive depositate dall’Inps nella causa n. 696/2001 del 13 febbraio
2002.
In proposito, si può ricordare che, come questa Corte ha già avuto modo di
affermare, ai fini dell’ applicabilità del trattamento contributivo agevolato previsto dal
d.P.R. 30 aprile 1970, n. 602, in favore dei soci lavoratori di società cooperativa, sono
necessari i requisiti di cui all’art. 2 del predetto decreto ed in particolare che i soci
esercitino effettivamente l’arte o il mestiere corrispondente alle attività per lo
svolgimento delle quali l’organismo associativo è stato costituito e comunque
un’attività rientrante tra quelle indicate nell’elenco contenuto all’art. 8 del citato decreto
(Cass., n. 11742 del 2005).
2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta nullità della sentenza per
omissione di pronuncia in violazione dell’art. 112 cpc, ai sensi dell’art. 360, n.4: sul
quantum della pretesa creditoria dell’INPS. Assume la ricorrente che la Corte
d’Appello, con la sentenza n. 23 del 2011, affermava in fine, “che in applicazione dei
suddetti principi, l’addebito va dichiarato fondato, senza necessità di esame delle
risultanze istruttori, Per tale titolo la pretesa creditoria è stata indicata dall’INPS
nell’importo di euro 399.936,48, di cui euro 21.683,96 per contributi SSN, e nessuna
contestazione è stata sollevata da Veneta Pulizie su detta quantificazione”.
In tal modo, il giudice di secondo grado dimostrava di non aver preso in
considerazione né l’eccezione formulata dall’odierna ricorrente in sede di “memoria di
costituzione e difesa con appello incidentale”, con riferimento alla quantificazione della
pretesa formulata dall’INPS, né la domanda in via subordinata contenuta nella
medesima memoria.
Con la prima deduceva non evincersi se l’INPS aveva tenuto presente quanto
versato da essa società cooperativa per i soci lavoratori durante gli anni in
contestazione.
Con la seconda chiedeva in caso di accoglimento dell’appello dell’Inps e/o
dell’INAIL limitare la condanna al pagamento delle differenze tra quanto dovuto e
quanto già corrisposto a titolo di contributi.
3. Il motivo è inammissibile.
4

Occorre premettere che anche laddove vengano denunciati con il ricorso per
cassazione “errores in procedendo”, in relazione ai quali la Corte è anche giudice del
fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di
merito, si prospetta preliminare ad ogni altra questione quella concernente
l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la
conseguenza che, solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità
diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente
nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere
direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (Cass., n. 12664 del
2014).
Nella specie, la prospettazione della censura manca di riferimenti volti a farne
valutare la rilevanza, anche in relazione all’effettività della contestazione che sarebbe
stata formulata in sede di merito, atteso che la sentenza della Corte d’Appello la
esclude, quali la specificazione dei pagamenti, quantificazione, modalità, imputazione,
che si assumono fatti.
4. Il ricorso deve essere rigettato.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di
giudizio che liquida in favore dell’INPS in euro tremila per compensi professionali,
oltre euro cento per esborsi e accessori. Nulla spese per Uniriscossione spa.
Così deciso in Roma 1′ 11 dicembre 2014
Il Presidente

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