Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8873 del 04/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 8873 Anno 2015
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA

sul ricorso 426-2012 proposto da:
COOPMAR SOCIETA’ COOPERATIVA C.F. 00925730806, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AURELIA 385,
presso lo studio dell’avvocato ANDREA SITZIA,
rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO MARIO
2014

LABATE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

3996
contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE,
C.F. 80078750587, EQUITALIA E.TR. ESAZIONE TRIBUTI

Data pubblicazione: 04/05/2015

S.P.A., ora EQUITALIA SUD S.P.A.;
– intimate –

Nonché da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE,
C.F. 80078750587, in persona del suo Presidente e

mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di
Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F.
05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati
MARITATO LELIO, D’ALOISIO CARLA, SGROI ANTONINO, giusta
delega in atti;
– controri correnti e ricorrenti incidentali contro

COOPMAR

SOCIETA’

COOPERATIVA

C.F.

00925730806,

EQUITALIA E.TR. ESAZIONE TRIBUTI S.P.A., ora EQUITALIA
SUD S.P.A.;
– intimate –

avverso la sentenza n. 1546/2010 della CORTE D’APPELLO
di REGGIO CALABRIA, depositata il 29/11/2010 r.g.n.
140/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2014 dal Consigliere Dott. IRENE
TRICOMI;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;

legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, accoglimento del

ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, con la sentenza n. 1546 del
2010, decidendo sull’impugnazione proposta dall’INPS nei confronti della società
Coopmar s.c. a r.l. (già Mariba) e E.T.R. spa, avverso la sentenza del Tribunale di
Reggio Calabria n. 2539/03, nonchè sul reciproco appello incidentale e
sull’appello riunito proposto dalla suddetta società avverso la sentenza del
Tribunale di Reggio Calabria n. 842/06, dichiarata la carenza di legittimazione
passiva di E.T.R. spa, così provvedeva:
rigettava l’appello dell’INPS;
in parziale accoglimento dell’appello incidentale della società
rideterminava le spese di lite, liquidate nella sentenza n. 2539/03, in 1.900,23 euro
per diritti e 2.900,00 euro per onorari, oltre iva, cpa e spese generali;
in parziale accoglimento dell’appello principale della società e in riforma
della sentenza n. 842/06, annullava la cartella esattoriale n.
094220030040634014, condannando tuttavia la società a versare all’INPS
70.762,87 euro per assegni nucleo familiare e 1.193,02 euro per DM/10 insoluti
mesi ottobre e novembre 1999, e dichiarando altresì che l’INPS aveva diritto
anche a riscuotere le poste illiquide costituite dal recupero delle agevolazioni
godute dai dipendenti Piromalli, Pirrello e Guerrisi, descritte a pag. 8 del verbale
di accertamento del 28 aprile 2000, delle differenze di aliquota dal 14,6% al 14 %
per sgravi oneri sociali dicembre 1994, descritte nel medesimo verbale pag. 8, e
delle differenze sulla fiscalizzazione per contributi Tbc 1998 (da calcolare al solo
0,16%) e SSN luglio-ottobre 1995 (percentuale corretta 8,44%), gennaio-maggio
1996 (percentuale corretta 7,44%), e giugno-agosto 1996 (percentuale corretta
6,84%), somme tutte maggiorate di interessi e rivalutazione nei limiti dell’art. 16,
comma 6, della legge n. 412 del 1991 a decorrere dalle singole scadenze.
Confermava nel resto le impugnate sentenze.
2. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre la
Coopmar società cooperativa nei confronti dell’INPS, della CSSI e di Equitalia
ETR, prospettando un motivo di ricorso.
3. Resiste l’INPS in proprio e per la SCCI con controricorso e ricorso
incidentale articolato in un motivo. Equitalia è rimasta intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente va disposta la riunione dei giudizi in quanto proposti
avverso la medesima sentenza di appello.
2. Con il ricorso principale si denuncia la violazione e falsa applicazione
delle norme di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, degli artt. 37, 38, 39, 40, 41, 42
e 43 del dPR n. 797 del 1955, dell’art. 414 cpc, dell’art. 2967 cc.
Espone la ricorrente che la Corte d’Appello avrebbe errato nel condannarla
al pagamento nei confronti dell’INPS della somma di euro 70.762,87 per assegni
nucleo familiare.
Tale statuizione sarebbe stata fondata su una pretesa inversione dell’onere
della prova, fondata sulla asserzione che il pagamento ai dipendenti dell’assegno
per il nucleo familiare configuri uno sgravio contributivo o una posta dedotta in
compensazione dopo l’accertamento di un’evasione contributiva e non, come è
avvenuto nel caso di specie, un ordinario conguaglio ex artt. 42 e 43 TU n. 797/55
sugli assegni familiari.
Il conguaglio opererebbe automaticamente e non sarebbe soggetto ad
alcuna autorizzazione da parte dell’INPS. Intervenuta la compensazione, il
recupero di eventuali assegni non dovuti poteva configurarsi solo nei confronti dei
lavoratori e non del datore di lavoro.
3

3. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.
3.1. La Corte d’Appello ha statuito che il diritto al conguaglio, quale fatto
parzialmente estintivo del debito contributivo, deve essere dimostrato dal datore
di lavoro, e pertanto, imputet sibi Coopmar di non aver tempestivamente
dimostrato che i propri dipendenti avevano prestato il numero di giornate
necessario, che la produzione all’INPS della necessaria documentazione era stata
tempestiva, che erano stati tenuti presenti solo i familiari aventi diritto, che tutte le
somme conguagliate erano state effettivamente erogate. Dunque, l’onere della
prova spettava a Coopmar, che non aveva mai specificamente contestato le
somme indicate nell’allegato 6 della produzione INPS in primo grado, in cui
erano indicati gli importi indebitamente sgravati a tale titolo.
3.2. Occorre ricordare che ai sensi dell’art. 37, primo comma, del dPR n.
797 del 1955, gli assegni familiari sono corrisposti agli aventi diritto a cura del
datore di lavoro alla fine di ogni periodo di pagamento della retribuzione.
L’art. 43 del medesimo dPR stabilisce, al primo comma, richiamando
quanto previsto dall’art. 42, che se l’ammontare dei contributi dovuti risulta
superiore all’ammontare degli assegni corrisposti, il datore di lavoro provvederà,
entro dieci giorni dalla fine di ciascun mese, a versare l’eccedenza all’INPS, e al
successivo terzo comma, che se l’ammontare degli assegni corrisposti risulta
superiore all’ammontare dei contributi dovuti, l’INPS provvederà a rimborsare
l’eccedenza al datore di lavoro.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare (sentenza n. 19261 del
2013) che disposizioni normative regolatrici delle modalità di pagamento degli
assegni familiari, ne prevedono l’erogazione mediante anticipazione del relativo
importo da parte del datore di lavoro (per conto dell’INPS che sopporta l’onere
definitivo della prestazione), e il diritto dello stesso datore ad operarne il
conguaglio con i contributi e le altre somme dovute all’ente previdenziale.
La particolareggiata disciplina dettata al riguardo nel detto Testo unico
obbliga, infatti, il datore di lavoro a corrispondere gli assegni familiari alla fine di
ogni periodo di pagamento della retribuzione (artt. 37 e 45 dPR n. 797 del 1955)
nonché a comunicare all’INPS, entro dieci giorni dalla fine di ciascun mese,
l’ammontare dei contributi dovuti, il numero e l’ammontare degli assegni
corrisposti nei periodi di paga scaduti nel corso del mese precedente distintamente
per quanto si riferisce agli operai e agli impiegati, gli estremi dei versamenti e dei
rimborsi cui si ha diritto e tutte le indicazioni necessarie per assicurare il
pagamento dei contributi e la corresponsione degli assegni (art. 42). La procedura
prevista dalla richiamata disciplina si completa (per quanto qui interessa) con la
previsione (art. 43), alla quale si è fatto sopra riferimento, del diritto del datore di
lavoro, ove l’ammontare dei contributi dovuti risulti superiore all’ammontare degli
assegni corrisposti, di versare all’INPS la sola eccedenza.
Per converso, ove l’ammontare degli assegni corrisposti risulti superiore a
quello dei contributi dovuti, il datore di lavoro ha diritto al rimborso
dell’eccedenza da parte dell’INPS.
L’attivazione da parte del datore di lavoro del meccanismo, sicuramente
agevolativo, di anticipazione degli assegni familiari e del conguaglio di quanto
corrisposto al suddetto titolo con quanto dovuto per contributi all’Istituto
previdenziale, comporta l’obbligo dello stesso datore – in caso di prestazioni
indebitamente erogate al lavoratore e poste a conguaglio – di recuperare le relative
somme, trattenendole su quelle da lui dovute al lavoratore medesimo a qualsiasi
titolo in dipendenza del rapporto di lavoro, giusta la previsione del precitato
d.P.R. n. 797 del 1955, art. 24 che, testualmente, stabilisce: “In caso di indebita
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percezione di assegni da parte dei lavoratori, le somme che questi devono
restituire sono trattenute sull’importo degli assegni da corrispondersi ad essi
ulteriormente o su ogni altro credito derivante dal rapporto di lavoro”.
Al tempo stesso, il ricorso al detto meccanismo, determinando il
versamento all’INPS della sola eccedenza tra l’importo degli assegni corrisposti e
il complessivo maggiore ammontare dei contributi dovuti, comporta che il datore
di lavoro è giustificatamente chiamato a contraddire in ordine alla pretesa
avanzata dall’Istituto previdenziale per la restituzione dell’importo degli assegni
indebitamente corrisposti (e, quindi, indebitamente detratto dalle somme dovute a
titolo contributivo); nè, stante il difetto di una qualunque previsione normativa che
disponga al riguardo, può configurasi un onere per l’INPS di attendere l’avvenuto
recupero delle somme da parte del datore di lavoro per pretenderne
giudiziariamente il pagamento.
3.3. Pertanto, deve trovare ingresso il recupero da parte dell’INPS dei
contributi erroneamente portati in compensazione in ragione di assegni familiari
indebitamente versati, spettando al datore di lavoro provare l’ assolvimento
dell’obbligo contributivo sia pure con le modalità della normativa sopra
richiamata.
3.4. Peraltro, nel punto 3.2 c, della sentenza di appello dedicato al
conguaglio ANF, non vengono prospettate argomentazioni, atte ad integrare la
rado decidendi, con riguardo alla disciplina degli sgravi contributivi, richiamati a
titolo meramente esemplificativo nel punto 3.2.
Alla luce delle considerazioni che precedono nessuna censura può
muoversi alla statuizione impugnata, onde il ricorso va rigettato.
4. Deve essere esaminato il motivo del ricorso incidentale.
Con lo stesso l’INPS deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1,
comma 217, della legge n. 662 del 1996, e dell’art. 16, comma 6, della legge n.
412 del 1991. Vizio di motivazione.
Espone il ricorrente incidentale che l’art. 16, comma 6, della legge n. 412
del 1991, pone a carico degli enti previdenziali l’obbligo di corrispondere gli
interessi legali, a decorrere dalla data di scadenza del termine previsto per
l’adozione del provvedimento sulla domanda. Poiché, nel caso di specie,
l’obbligazione contributiva grava sul datore di lavoro, la previsione dell’art. 16,
comma 6, citato, non può trovare applicazione.
4.1. Il motivo è fondato e deve essere accolto.
L’art. 16, comma 6, della legge n. 412 del 1991, a cui fa riferimento la
Corte d’Appello poiché disciplina la corresponsione degli interessi legali sulle
somme dovute dagli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria, prevedendo
la non cumulabilità d’interessi e rivalutazione monetaria, non può trovare
applicazione nel caso di specie, ove è la società Coopmar debitrice dell’INPS.
Di conseguenza tale divieto non è applicabile e la rivalutazione monetaria
è dovuta, ed è cumulabile con gli interessi, secondo le regole generali.
5. Pertanto, la sentenza va cassata in relazione al ricorso incidentale
accolto e decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di
fatto, vanno dichiarati dovuti sia gli interessi che la rivalutazione.
6. La Corte, sussistendo gravi ed eccezionali ragioni, tenuto conto della
complessità dell’intero giudizio in cui si inseriscono le statuizioni impugnate e la
peculiarità delle questioni venute in esame, compensa tra le parti le spese
dell’intero processo.
PQM
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La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale. Accoglie quello
incidentale. Cassa la sentenza impugnata in ordine al ricorso incidentale e
decidendo nel merito dichiara dovuti sia gli interessi sia la rivalutazione.
Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma I’ll dicembre 2014

Il Presidente

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