Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8871 del 31/03/2021
Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 31/03/2021), n.8871
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32154-2019 proposto da:
A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 10,
presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI NAPPI, rappresentata e
difesa dall’avvocato FABIO D’ARGENZIO;
– ricorrente –
contro
M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA
MARGHERITA 140, presso lo studio dell’avvocato ANNA MARIA FERRETTI,
che la rappresenta e difende unitamente a se medesima;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1763/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 14/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CRICENTI.
Fatto
RITENUTO
che:
1. – La ricorrente, A.A., ha proposto opposizione ad una ingiunzione di pagamento da parte dell’avv. M.C., che asseriva di avere svolto attività professionale per conto della A., difendendola in un procedimento di separazione.
Il decreto ingiuntivo è stato emesso dal Tribunale di Velletri, davanti al quale la A. ha proposto opposizione, con la quale la cliente ha altresì eccepito il difetto di competenza territoriale in favore del Tribunale di Latina in ragione dello status di consumatore proprio del cliente.
Poichè, in corso di giudizio di opposizione, la A. ha pagato la somma ingiunta, il Tribunale di Velletri ha dichiarato cessata la materia del contendere.
Tuttavia, la A. ha impugnato questa decisione quanto alla violazione della regola di competenza per territorio, ottenendo una pronuncia del giudice di appello favorevole che ha dunque indicato come competente per territorio il Tribunale di Latina.
2. – Il giudice di appello ha però compensato le spese, con due argomenti: intanto per via della incertezza giurisprudenziale esistente al momento della decisione quanto alla competenza; in secondo luogo, per via della incontestata attività professionale svolta dal difensore, implicitamente dando atto dell’avvenuto pagamento in corso di causa. Ricorre la A. con un motivo e memorie. V’è controricorso della M..
Diritto
CONSIDERATO
che:
3. – La ricorrente propone un solo motivo con il quale denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c..
Ritiene errata la compensazione, fatta dalla corte di appello, delle spese di entrambi i gradi di giudizio, in quanto non sussistevano i presupposti di cui ai suddetti articoli. In particolare, non v’era soccombenza reciproca, nè poteva parlarsi di gravi ragioni che giustificassero la compensazione.
La ricorrente osserva che entrambi gli argomenti utilizzati dalla corte di merito sono infondati. Lo è il richiamo al fatto che la giurisprudenza sul cliente consumatore, e dunque sul relativo foro nelle controversie, tra avvocato e cliente, si è consolidata dopo la proposizione del ricorso per ingiunzione, osservando che invece era già consolidata prima; lo è altresì il richiamo alla incontestata attività professionale svolta dalla resistente in quanto invece negli scritti difensivi propri la ricorrente ha contestato ampiamente le pretese dell’avvocato quanto al pagamento degli onorari.
Con la conseguenza che le motivazioni poste a fondamento della compensazione devono ritenersi del tutto infondate.
3.1. – Il motivo è infondato.
Serve premettere che il sindacato sulla motivazione delle “gravi ed eccezionali ragioni” poste a fondamento della compensazione è ammissibile quando sia del tutto illogico o del tutto erroneo (Cass. n. 9977 del 2019).
Va poi ulteriormente premesso che, nel corso del giudizio di opposizione, la ricorrente ha pagato la somma ingiunta, con la conseguenza che il giudice di primo grado ha pronunciato la cessazione della materia del contendere e, ritenendo la soccombenza virtuale della ricorrente, l’ha condannata al pagamento delle spese di lite.
Dunque, a prescindere dalla prima delle due ragioni poste a fondamento della compensazione, ossia l’esservi o meno un orientamento di giurisprudenza incerto, la seconda ragione di compensazione è del tutto logica e niente affatto erronea: la corte di merito prende atto della circostanza che comunque, nel corso del giudizio di primo grado, la cliente ha saldato il debito e ritiene pertanto che ha in tal modo ammesso di essere debitrice; altro discorso essendo che negli atti difensivi la A. aveva contestato il pagamento; contestazione del tutto irrilevante alla luce del successivo spontaneo pagamento.
Quindi, l’accertamento secondo cui la cliente ha riconosciuto il debito, o comunque lo ha di fatto pagato, è corretto, ed è una ragione che giustifica la compensazione, configurando soccombenza virtuale.
Si tenga presente che la ricorrente in primo grado era stata condannata alle spese e che la statuizione del giudice di appello di compensarle è alla ricorrente conseguentemente favorevole; quest’ultima semmai, si può dolere della compensazione della sola fase di appello, non già di quella del primo grado, proprio perchè, si ripete, rispetto al primo grado quella di appello, sulle spese, è decisione alla ricorrente più favorevole.
Resta dunque fondata ed è altresì motivata la seconda ragione di compensazione, ossia la circostanza che, in primo grado è intervenuto pagamento della somma, e dunque “non contestazione” di essa; che l’impugnazione in tal senso serviva solo, quanto alla competenza, ad avere la medesima pronuncia di cessata materia ma da un giudice diverso, e che dunque anche questo esito è stato tenuto in considerazione ai fini della compensazione.
Il ricorso va rigettato.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di 600,00 Euro, oltre 200,00 di spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021