Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8871 del 11/04/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 8871 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: SCHIRO’ STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LEPORE GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in Roma, via Giulia di
Colloredo 46/48 presso l’avv. Gabriele De Paola, che lo rappresenta e
difende per procura in atti,
– ricorrente contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro pro tempore,
– intimato avverso il decreto della Corte di appello di Firenze in data 11 agosto 2010
nel giudizio n. 723/09 R.G.;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in data 19
gennaio 2012 dal relatore, cons. Stefano Schirò;

Data pubblicazione: 11/04/2013

udito per il ricorrente l’avv. Gabriele De Paola, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito il Pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale,
dott. Pierfelice Pratis, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso il decreto
indicato in epigrafe, con il quale la Corte di appello di Firenze ha rigettato il
ricorso dal medesimo proposto, ai sensi degli artt. 2 e segg. della legge
2001/89 e dell’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, per conseguire l’equo
indennizzo conseguente al ritardato pagamento da parte
dell’Amministrazione dell’indennizzo, già riconosciuto con precedente
decreto della Corte di appello per violazione del termine ragionevole di
durata di un processo di cui era stato parte.
Il Ministero intimato non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A fondamento della propria decisione la Corte di appello di Firenze ha
osservato che la causa petendi della domanda del ricorrente non era la
violazione da parte dello Stato del diritto del cittadino ad un processo equo e
ragionevole a norma dell’art. 2 della legge 2001/89 e dell’art. 6 della
Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, ma il ritardato o mancato
adempimento di un’obbligazione, sia pure scaturente da un titolo giudiziale,
alla stregua del principio che lo Stato che non adempie all’obbligazione di
pagamento sarebbe responsabile verso il suo creditore anche del danno

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Giuseppe Lepore ricorre per cassazione, sulla base di un motivo e memoria,

morale, al di là e oltre la portata risarcitoria patrimoniale degli interessi
legali e dell’eventuale rivalutazione monetaria. Secondo la Corte di merito
non rileva, inoltre, che l’inadempimento dello Stato riguarda un debito da
legge Pinto e che il decreto di equa riparazione non sarebbe esaustivo del
diritto, se lo Stato non vi dà esecuzione, in quanto il ricorrente ben avrebbe

contro lo Stato debitore, ma nella specie il processo esecutivo intrapreso dal
creditore aveva avuto durata ragionevole, essendosi concluso nel termine di
soli quattro mesi.
Con un unico motivo il ricorrente – denunciando violazione dell’art. 6 della
Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, dell’art. 2 della legge 2001/89,
dell’art. 111 della Costituzione e del diritto vivente come interpretato dai
giudici europei — deduce che la Corte di appello non ha tenuto conto del
principio enunciato dalla Corte europea, secondo cui il decreto di condanna
in materia di equa riparazione deve essere fisiologicamente eseguito
dall’Amministrazione debitrice nel termine di sei mesi e cinque giorni dalla
data di deposito del decreto, con la conseguenza che trascorso inutilmente
tal termine inizia a decorrere un ulteriore periodo di durata non ragionevole,
destinato ad essere ugualmente indennizzato a titolo di ulteriore equa
riparazione. Infatti, in virtù dei principi di sussidiarietà e di effettività di cui
agli artt. 15 e 35 della Convenzione Edu, è garantito al cittadino la piena e
integrale riparazione delle conseguenze della violazione dei fondamenti
propri del giusto processo.
Il ricorso è privo di fondamento.
L’art. 2, comma 1, della legge 2001/89 prevede il diritto ad un’equa

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potuto dolersi della non ragionevole durata del processo esecutivo intentato

riparazione per chi ha subito una danno patrimoniale o non patrimoniale in
conseguenza della violazione della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, “sotto il profilo del mancato
rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6, paragrafo 1, della
Convenzione”, ossia del termine ragionevole di un processo di cui è stato

parte.
Nel caso di specie parte ricorrente invoca l’applicazione della norma di
legge citata non per la violazione del termine ragionevole del processo, ma
per il ritardato pagamento da parte del Ministero dell’Economia e delle
Finanze dell’indennizzo per equa riparazione già riconosciuto con decreto
della Corte di appello di Firenze, ponendo quindi a fondamento della
propria pretesa una norma che prevede l’indennizzo a titolo di equa
riparazione per una fattispecie diversa da quella dedotta nel presente
giudizio.
Parte ricorrente richiama a tale riguardo “il principio di effettività delle
sentenze cognitorie di equa riparazione conclamato dalla giurisprudenza
europea nel senso che per un rimedio risarcitorio ideato per riparare alle
conseguenze di un procedimento eccessivamente lungo, questo periodo non
deve superare i sei mesi dalla data in cui la decisione che concede
l’indennizzo diventa esecutiva (Cocchiarella c/Italia, provvedimento del
29/03/2006, Grande camera, ricorso n. 64886/01)”. Osserva tuttavia il
collegio che il principio invocato e il diritto ad un una sollecita e tempestiva
esecuzione del decreto di condanna in materia di equa riparazione per
violazione del termine ragionevole di durata del processo ben possono
trovare tutela nel nostro ordinamento attraverso l’instaurazione di un

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A

specifico giudizio di cognizione, che parte ricorrente nella specie non ha
promosso, o in sede di processo esecutivo nei confronti
dell’Amministrazione soccombente, processo esecutivo che è autonomo
rispetto al giudizio di equa riparazione (Cass. S.U. 2009/273489), deve
svolgersi entro uno specifico termine ragionevole di durata e nella specie è

quattro mesi con l’assegnazione alla parte medesima della somma pignorata,
nel rispetto del termine ragionevole di durata di questa autonoma fase
processuale.
Le considerazioni che precedono conducono al rigetto del ricorso, ma nulla
deve disporsi in ordine alle spese processuali, non avendo il Ministero
intimato svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2012
Il consigliere estensore

Il preside te

stato promosso dalla parte creditrice e risulta essere stato definito in circa

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