Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8870 del 29/03/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/03/2019, (ud. 19/02/2019, dep. 29/03/2019), n.8870

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22272/2019 R.G. proposto da:

VIBO S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., B.F.

e N.M.L., rappresentati e difesi dagli Avv. Prof.

Giangiorgio Cesarotto e Fabio Massimo Orlando, con domicilio eletto

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via C. Poma, n. 2;

– ricorrenti –

contro

UNICREDIT S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avv. Giovanni Ferrini, con domicilio

eletto in Roma, viale B. Buozzi, n. 77, presso lo studio dell’Avv.

Filippo Tornabuoni;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso la sentenza del Tribunale di

Verona n. 2027/17 depositata il 10 agosto 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 febbraio

2019 dal Consigliere Guido Mercolino;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Lucio Capasso, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso, nella parte riguardante la sospensione

del processo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Vibo S.p.a. ed i soci ed amministratori B.F. e N.M.L. hanno convenuto in giudizio l’Unicredit S.p.a., per sentir dichiarare la nullità di quindici contratti di interest rate swap con la stessa stipulati tra il mese di giugno 2000 ed il mese di marzo 2006, nonchè la nullità o l’annullabilità di un accordo transattivo concluso nel mese di luglio 2007 per la definizione di ogni contestazione relativa ai predetti contratti, con la condanna della convenuta al risarcimento dei danni. Si è costituita l’Unicredit, ed ha eccepito l’improcedibilità delle domande, per effetto dell’accordo transattivo stipulato con gli attori, l’incompetenza del Giudice adito, per effetto delle clausole compromissorie contenute nello accordo quadro stipulato il 6 giugno 2000, nei contratti di convertible swap stipulati il 6 ed il 22 giugno 2000 ed il 19 ottobre 2000, e nel contratto di interest rate swap stipulato il 26 luglio 2001; in subordine, ha eccepito la prescrizione e l’infondatezza delle pretese azionate, chiedendone il rigetto. 1.1. Con sentenza del 10 agosto 2017, il Tribunale di Verona ha dichiarato la nullità dell’accordo transattivo ed il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario relativamente alle pretese fondate sui contratti del 6 e 22 giugno 2000, del 19 ottobre 2000 e del 26 luglio 2001, disponendone la separazione dalle altre domande e sospendendo il giudizio relativo a queste ultime. A fondamento della decisione, il Tribunale ha affermato innanzitutto l’invalidità dell’accordo transattivo, rilevando che lo stesso non contiene l’individuazione della res dubia, in quanto non esplicita le censure mosse dalla Vibo ai contratti indicati nelle premesse, con la conseguente impossibilità di stabilire se le stesse corrispondano a quelle sollevate in giudizio. Ha escluso invece la nullità dell’accordo quadro stipulato il 6 giugno 2000, osservando che lo stesso risulta sottoscritto anche dalla Banca, e ritenendo ininfluente, a tal fine, la circostanza che la sottoscrizione sia stata apposta per autentica della firma, in quanto, non essendo il funzionario della Banca dotato di un potere di autenticazione, non può dubitarsi che in tal modo sia stata espressa la volontà di perfezionare il contratto; ha comunque rilevato che tale adesione è stata ribadita attraverso la sottoscrizione in pari data del primo contratto di interest rate swap, che presuppone l’accettazione del contenuto dell’accordo quadro. Il Tribunale ha pertanto disposto la separazione delle domande relative ai contratti indicati dalla convenuta, in ordine alle quali ha riconosciuto la competenza del collegio arbitrale, rilevando inoltre l’esistenza di un nesso di pregiudizialità tra il procedimento arbitrale e il giudizio relativo ai restanti contratti, del quale ha ordinato la sospensione, in quanto, ove in quella sede venga riconosciuta la qualità di operatore qualificato della Vibo, tale conclusione si ripercuoterebbe sulle doglianze relative agli altri contratti di swap. 2. Avvero la predetta sentenza gli attori hanno proposto istanza di regolamento di competenza, per cinque motivi, illustrati anche con memorie. L’Unicredit ha resistito con memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione d’inammissibilità del regolamento di competenza, sollevata dalla difesa della resistente in relazione al contenuto della sentenza impugnata, avente ad oggetto la dichiarazione non già dell’incompetenza, ma del difetto di giurisdizione del Giudice ordinario, ed alle censure proposte dai ricorrenti, concernenti esclusivamente la competenza. Il tenore letterale del dispositivo, effettivamente recante la dichiarazione del “difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria”, non può far sorgere dubbi in ordine all’oggetto della pronuncia impugnata, consistente inequivocabilmente in una dichiarazione d’incompetenza, avuto riguardo al chiaro riferimento della stessa al rapporto intercorrente tra il Giudice ordinario ed il collegio arbitrale cui i contratti stipulati tra le parti deferiscono le relative controversie, nonchè all’espresso richiamo dell’eccezione d’incompetenza sollevata dalla convenuta nella comparsa di costituzione. L’errore commesso dal Tribunale, verosimilmente riconducibile ad una concezione del predetto rapporto definitivamente superata dalla legislazione (cfr. D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) e dalla giurisprudenza più recente (cfr. per tutte Cass., Sez. Un., 25/10/2013, n. 24153), non consente pertanto di escludere la pertinenza dei motivi d’impugnazione, aventi anch’essi ad oggetto la questione di competenza, non assumendo alcun rilievo, in proposito, neppure la circostanza che la pronuncia sia stata adottata non già con ordinanza, come prescritto dalla disciplina introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, ma con sentenza, dal momento che l’inosservanza dei requisiti di forma prescritti dalla legge non incide sul contenuto decisorio del provvedimento (cfr. Cass., Sez. VI, 26/01/2016, n. 1400). 2. A sostegno dell’istanza, gli attori contestano innanzitutto la competenza del collegio arbitrale, insistendo sulla nullità dell’accordo quadro stipulato il 6 giugno 2000, e censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’integrazione della forma scritta richiesta ad substantiam dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, la sottoscrizione apposta dal funzionario della Banca per autentica della firma, senza tener conto dell’inidoneità della stessa ad esprimere la volontà contrattuale. Aggiungono che la sottoscrizione non è apposta in calce all’accordo, ma nella parte destinata all’approvazione delle clausole vessatorie, la cui autonomia rispetto alla prima parte è evidenziata dalla necessità di una distinta indicazione del luogo e della data della sottoscrizione. Contestano infine il valore attribuito alla sottoscrizione del primo contratto di interest rate swap, sostenendo che, in quanto riferibile ad un altro contratto, la stessa si configura come un mero comportamento concludente, inidoneo ad integrare il requisito della forma scritta prescritto a pena di nullità. 2.1. Subordinatamente, gli attori deducono l’inefficacia della clausola compromissoria per difetto di specificità dell’approvazione, osservando che quest’ultima si riferisce cumulativamente a più clausole contrattuale, alcune delle quali non rivestono carattere vessatorio. 2.2. In via ancor più gradata, denunciano la nullità della clausola compromissoria per contrasto con l’art. 808 c.p.c., osservando che la stessa non reca la sottoscrizione dell’Unicredit. 3. Quanto infine alla sospensione del giudizio, premesso che l’insussistenza della competenza arbitrale esclude la configurabilità del rapporto di pregiudizialità richiesto dall’art. 295 c.p.c., gli attori affermano che il provvedimento si pone in contrasto con l’art. 819-ter c.p.c., comma 2, ai sensi del quale la predetta disposizione non trova applicazione nei rapporti tra arbitrato e processo. 3.1. Sostengono inoltre che, presupponendo la configurabilità di un rapporto di pregiudizialità concreto ed attuale, la sospensione non avrebbe potuto essere disposta con riferimento ad un procedimento arbitrale non ancora pendente, osservando comunque che essa non può trovare giustificazione in una mera comunanza di questioni tra il giudizio pregiudicante e quello pregiudicato. 4. Il ricorso è solo parzialmente fondato. Nel riconoscere la validità dell’accordo quadro stipulato tra le parti il 6 giugno 2000, la sentenza impugnata ha fatto ricorso ad un duplice ordine di considerazioni, configurabili come distinte rationes decidendi, e costituite rispettivamente dalla sottoscrizione del relativo documento da parte del funzionario della Banca, apposta per autentica della firma, ma ritenuta comunque idonea ad esprimere la volontà contrattuale, e dall’accettazione del contenuto dell’accordo, risultante dalla contestuale sottoscrizione del primo contratto di interest rate swap da parte della Banca, in cui il Tribunale ha ravvisato una conferma dell’adesione prestata. Quest’ultima affermazione, autonomamente idonea a sorreggere la decisione adottata, trova conforto nel principio, recentemente espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema d’intermediazione finanziaria, secondo cui, avuto riguardo alle finalità di protezione dell’investitore perseguite dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, prescritto a pena di nullità da tale disposizione, non dev’essere inteso in senso strutturale, ma in senso funzionale, e deve pertanto ritenersi rispettato ove il contratto sia stato redatto per iscritto e ne sia stata consegnata una copia al cliente, risultando sufficiente, ai fini del perfezionamento, che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non occorrendo anche quella dell’intermediario, il cui consenso può ben desumersì alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti (cfr. Cass., Sez. Un., 16/01/2018, n. 898; Cass., Sez. I, 20/06/2018, n. 16292; v. anche, in tema di contratti bancari, Cass., Sez. I, 18/06/2018, n. 16070; 6/06/2018, n. 14646; 4/06/2018, n. 14243). Tali comportamenti nella specie sono stati correttamente ravvisati nella sottoscrizione del primo contratto attuativo dell’accordo quadro, condivisibilmente ritenuta incompatibile con una volontà contraria all’accettazione di questo ultimo, la cui sottoscrizione soltanto per autentica deve considerarsi dunque ininfluente ai fini della validità dell’accordo, non essendo stata mai contestata la consegna della relativa copia alla cliente, con la conseguenza che restano assorbite le censure sollevate dai ricorrenti in ordine al perfezionamento del contratto. 5. Quanto poi alla validità della clausola compromissoria, premesso che ai fini dell’approvazione della stessa ai sensi dell’art. 1341 c.c., comma 2, non è necessaria la sottoscrizione della parte che l’ha predisposta, ma è sufficiente quella dell’altro contraente, trattandosi anche in tal caso di un onere formale imposto a tutela di quest’ultimo, con lo scopo di richiamare la sua attenzione sul significato delle clausole a lui sfavorevoli incluse nel contratto (cfr. Cass., Sez. VI, 19/05/2017, n. 12739; 9/05/2017, n. 12739), si osserva che il rispetto del requisito di specificità dell’approvazione, prescritto dal cit. art. 1341, comma 2, esclude la sufficienza di un riferimento cumulativo numerico ad una pluralità di clausole o della sottoscrizione indiscriminata di tutte o di gran parte delle condizioni contrattuali, alcune delle quali soltanto risultino vessatorie (cfr. Cass., Sez. VI, 12/10/ 2016, n. 20606; 11/06/2012, n. 9492; Cass., Sez. II, 29/02/2008, n. 5733), ma non comporta l’inefficacia delle clausole richiamate, ove, come nella specie, l’indicazione numerica di ciascuna di esse sia accompagnata da una menzione sia pure sommaria del relativo contenuto (cfr. Cass., Sez. VI, 9/07/2018, n. 17939; Cass., Sez. III, 11/11/2015, n. 22984). 6. Per analoghe ragioni, deve escludersi la nullità della clausola compromissoria per contrasto con l’art. 808 c.p.c., la cui prescrizione della forma scritta ad substantiam, ai fini della pattuizione della deroga alla competenza del Giudice ordinario, può ritenersi soddisfatta, nella specie, dalla sottoscrizione apposta dalla società ricorrente in calce al testo contrattuale, avuto riguardo al comportamento attuativo tenuto dalla Banca, dal quale può desumersi anche l’accettazione della competenza arbitrale. 7. Meritano invece accoglimento le censure sollevate dai ricorrenti in ordine al provvedimento di sospensione del processo adottato con riguardo alle domande non devolute alla cognizione degli arbitri, dal momento che, ai sensi dell’art. 819-ter c.p.c., comma 2, nei rapporti tra giudizio ordinario ed arbitrale non è applicabile l’art. 295 c.p.c., con la conseguenza che il rapporto di pregiudizialità logico-giuridica eventualmente configurabile con una lite pendente dinanzi agli arbitri non consente al Giudice ordinario di sospendere il processo instaurato dinanzi a lui (cfr. Cass., Sez. VI, 19/01/2016, n. 783; Cass., Sez. III, 21/10/2009, n. 22380). 8. La sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dalla censura accolta, con il conseguente rinvio della causa al Tribunale di Verona, che provvederà anche al regolamento delle spese della presente fase.

P.Q.M.

accoglie parzialmente il ricorso; cassa la sentenza impugnata, nella parte riguardante la sospensione del processo; dispone la prosecuzione del processo, che dovrà essere riassunto nel termine di legge. Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019. Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2019

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