Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8869 del 14/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/04/2010, (ud. 17/03/2010, dep. 14/04/2010), n.8869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – President – –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consiglie – –

Dott. BERNARDI Sergio – Consiglie – –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consiglie – –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27180-2006 proposto da:

COMUNE DI GENOVA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14/4 SC. A, presso lo studio

dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ODONE EDDA, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

FIMA FABBRICA ITAL. MASCHERE ATTREZZATURE DI F. SCARNATI & C. SAS

in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato

D’AYALA VALVA FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente agli

avvocati ODINO LUIGI, MARONGIU GIANNI, giusta delega in calce;

– controricorrenti –

e contro

GEST LINE SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 40/2006 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 29/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PAFUNDI, che si riporta agli

scritti e chiede l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA VINCENZO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Genova la societa’ “FIMA Fabbrica Italiana Maschere Attrezzature di F. Scarnati e C.” sas. proponeva opposizione avverso la cartella di pagamento fattale notificare dalla competente esattoria San Paolo Riscossioni, poi denominata Gest Line Spa., per conto di quel Comune, per attivita’ di smaltimento di rifiuti solidi non pericolosi, e percio’ assimilati a quelli urbani, costituiti da residui di lavorazione, per l’anno 2002. Essa esponeva che si trattava di atto esecutivo relativo a iscrizione a ruolo della tassa senza che ne ricorressero i presupposti, e segnatamente che le due delibere del consiglio comunale e della giunta, che avevano approvato rispettivamente il regolamento e la tariffa, erano state impugnate dinanzi al Tar;

pertanto non dovevano essere ritenute efficaci, sicche’ si trattava di tassa pretesa in via provvisoria; percio’ chiedeva l’annullamento di quell’atto esecutivo.

Instauratosi il contraddittorio, l’ente impositore e la concessionaria eccepivano la decadenza in cui ormai la ricorrente era incorsa, per non avere tempestivamente impugnato l’avviso di liquidazione; in ogni caso l’impugnativa si appalesava infondata, atteso che gli atti amministrativi erano efficaci, e comunque il servizio di smaltimento dei rifiuti era stato prestato.

Quella commissione rigettava il ricorso introduttivo.

Avverso la relativa decisione la contribuente proponeva appello, cui l’ente impositore e l’esattoria resistevano, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Liguria, la quale, in riforma di quella impugnata, annullava la cartella con sentenza n. 40 del 20.4.2006, osservando che, benche’ la decisione di primo grado apparisse corretta anche sul piano motivazionale, tuttavia nelle more del giudizio di appello erano intervenute le pronunce del Tar ligure, che aveva annullato gli atti deliberativi dell’amministrazione, e siccome essi erano prodromici alla pretesa fiscale azionata, allora gli enti interessati non potevano rivendicare alcunche’.

Contro questa pronuncia il Comune di Genova ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a cinque motivi.

La societa’ FIMA Fabbrica Italiana Maschere Attrezzature di F. Scarnati e C. ha resistito con controricorso.

La societa’ Gest Line non si e’ costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Col primo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e art. 112 c.p.c. nonche’ omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto la commissione tributaria regionale non considerava che non poteva ritenere che il regolamento e la Delib. di Giunta, approvati dagli organismi collegiali dell’ente, costituissero atti prodromici di imposizione provvisoria, come invece dedotto dalla contribuente in primo grado, atteso che essa non aveva impugnato punti precisi della relativa sentenza, e soprattutto non aveva addotto motivi specifici di doglianza, essendosi invece limitata a riportarsi genericamente a quelli enunciati in seno al ricorso introduttivo di prime cure. Inoltre la CTR ometteva di esaminare la precisa censura che era stata proposta dagli appellati sul punto, senza nemmeno indicarne le ragioni.

Il motivo e’ infondato.

Oltre a quanto enunciato nella parte espositiva del fatto, va rilevato che la CTR sostanzialmente rigettava implicitamente l’eccezione sollevata dagli enti percettori in ordine alla inammissibilita’ del gravame per carenza del requisito di specificita’ delle censure che dovevano supportare l’impugnazione, col disattenderla.

Trattandosi di violazione di norme processuali, il Collegio puo’ ben procedere all’esame diretto degli atti, onde verificare la doglianza proposta. In effetti le censure mosse dall’appellante non erano affatto generiche, in quanto riproducevano le argomentazioni addotte col ricorso introduttivo ed indicavano i punti della decisione impugnata fatti oggetto di doglianza in modo ben preciso.

2) Col secondo motivo il ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 70 e 75, oltre che omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, giacche il giudice di appello non poteva ritenere la cartella di pagamento della concessionaria impugnabile per vizi propri dell’avviso di accertamento, posto che si trattava di atto esecutivo emesso in virtu’ della originaria denunzia sporta dalla contribuente ai fini dell’applicazione della Tarsu.

La censura non ha pregio.

Il giudice del gravame rilevava che la cartella di pagamento aveva anche carattere di accertamento del tributo, giacche costituiva l’unico atto con cui la Fima era venuta a conoscenza della pretesa degli enti relativamente all’annualita’ i questione.

L’assunto e’ esatto.

Infatti l’elencazione degli “atti impugnabili”, contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della P.A., che in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. n. 448 del 2001. Cio’ comporta la facolta’ di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, con l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessita’ di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui e’ “naturaliter” preordinato, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 citato. La mancata impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 citato non determina, in ogni caso, la non impugnabilita’ (e cioe’ la cristallizzazione) di quella pretesa, che va successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dall’art. 19 (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 4513 del 25/02/2009).

3) Col terzo motivo il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 295 e 324 c.p.c. nonche’ omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, poiche’ la CTR non considerava che nessuna pronuncia passata in giudicato era intervenuta circa la impugnazione del regolamento e della delibera di giunta, sicche’, posto che il procedimento amministrativo ancora non era stato definito, allora il giudice tributario doveva semmai sospendere il processo sino al passaggio in giudicato di quella pronuncia. Inoltre aveva rilevato la correttezza della motivazione della sentenza di prime cure, e, ciononostante, la disattendeva col ritenere che si 4 trattasse di situazione provvisoria.

La doglianza non va condivisa.

A parte la novita’ della questione sotto un certo profilo, comunque la rilevato che il giudice di appello non era tenuto a disporre la sospensione del giudizio in attesa della definizione di quello amministrativo, potendo semmai delibare la applicabilita’ o meno degli atti amministrativi dell’ente impositore inerenti alla determinazione della tariffa, e quindi alla quantificazione del tributo.

4) Col quarto motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 62, 63, 70 e 72, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 in quanto la CTR non considerava che la tassa in questione andava comunque corrisposta anche in caso di annullamento degli atti amministrativi che ne determinavano l’ammontare per il 2002, e cio’ in base alla tariffa precedente, scaturendo il relativo obbligo per la Fima direttamente dalla legge oltre che dal servizio reso dall’ente pubblico, senza che l’annullamento degli atti amministrativi potesse comportare l’accoglimento “tout court” dell’appello della contribuente e la non corresponsione di alcun tributo.

Il motivo e’ fondato.

Il giudice di appello annullava la cartella sul presupposto che la sentenza del Tar, con cui gli atti amministrativi che disciplinavano l’ammontare della tariffa erano stati annullati, determinava il venire meno dell’obbligo della corresponsione di qualsiasi tipo di imposta Tarsu a carico dell’appellante.

L’assunto non e’ esatto.

Invero la mancata approvazione del nuovo regolamento e delle relative tariffe nei termini stabiliti dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 79, comma 2, (e prorogati dapprima per effetto del D.L. 27 ottobre 1995, n. 444, art. 9, comma 2, convertito in L. 20 dicembre 1995, n. 539, e della L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 33, e successivamente, a seguito della trasformazione della tassa in tariffa disposta dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 47, per effetto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, e del D.L. 26 gennaio 1999, n. 8, art. 1, convertito in L. 25 marzo 1999, n. 75), come pure l’annullamento di esso e della delibera di attuazione, come nella specie, non comportano l’illegittimita’ delle delibere tariffarie adottate in epoca anteriore all’entrata in vigore della nuova disciplina, non avendo i predetti termini carattere perentorio, e non essendo quindi configurabile alcun obbligo di adeguamento a carico dei competenti organi comunali di Genova. Ne consegue che la Fima non e’ liberata da qualsiasi obbligo di pagamento per il servizio di raccolta dei rifiuti, continuando invece a trovare applicazione, ai sensi del D.Lgs. n. 507 cit., art. 69, comma 1, ultimo periodo, la tariffa precedentemente vigente (V. pure Cass. Sentenza n. 5722 del 12/03/2007).

5)Col quinto motivo il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 62, 63, 70 e 72, nonche’ omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, poiche’ il giudice di secondo grado non considerava che il venire meno dell’ultima tariffa non poteva comporta la cessazione dell’obbligo tributario in capo all’appellante, e che derivava direttamente dalla legge, secondo la tariffa precedente adottata nel 1999, e che mai era stata impugnata dalla Fima, atteso che il relativo obbligo era strettamente connesso alla occupazione dei locali e che questa era stata a suo tempo denunziata dalla controricorrente.

La censura rimane assorbita dal motivo teste’ esaminato.

Ne deriva che il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso vanno rigettati; il quarto va accolto; il quinto rimane assorbito, con conseguente cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla commissione tributaria regionale della Liguria, altra sezione, per nuovo esame, circa la quantificazione della tariffa dovuta, e che si uniformera’ ai suindicati principi di diritto.

Quanto alle spese di questo giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

PQM

La Corte:

Rigetta il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso; accoglie il quarto e, assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Liguria, altra sezione, per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2010

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