Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8868 del 29/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 29/03/2019, (ud. 20/03/2019, dep. 29/03/2019), n.8868

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14099/2015 R.G. proposto da:

GI.VI.S. AUTO DI B.M. & C. SAS, rappresentata e difesa

dall’avv. Dario Cuomo, elettivamente domiciliata in Roma, via Ugo De

Carolis n. 34/B, presso lo studio dell’avv. Maurizio Cecconi.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione n. 33, n. 9424/33/14, pronunciata il 7/10/2014,

depositata il 4/11/2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2019

dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con ricorso alla CTP di Napoli, la GI.VI.S. Auto di B.M. & C. Sas, con sede legale in (OMISSIS), impugnò l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate di Napoli aveva recuperato, per l’anno d’imposta 2007, maggiore IVA in conseguenza dell’illegittima applicazione del c.d. “regime del margine” al commercio di veicoli usati, oggetto d’importazione, in assenza dei requisiti previsti dalle norme di settore, ossia in mancanza della specificazione, nelle fatture di acquisto dal fornitore comunitario, che l’operazione era soggetta – appunto – al detto regime fiscale;

la CTP di Napoli, con sentenza n. 320/2013, accolse il ricorso della società;

2. l’Agenzia delle entrate ha appellato tale decisione e la CTR della Campania, con la sentenza in epigrafe, in accoglimento del gravame, ha escluso l’applicabilità del c.d. regime del margine, in mancanza della prova, da parte della contribuente-cessionaria (della autovetture usate), gravata del relativo onere, della sussistenza dei presupposti di fatto che giustificavano la misura derogatoria, a cominciare dalla necessaria annotazione, nelle fatture di cessione intracomunitaria dei medesimi beni, della mancata detrazione dell’IVA “a monte”, sull’acquisto da parte del cedente;

3. la contribuente ha proposto ricorso, per un unico motivo, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che ha resistito con controricorso, per la cassazione della sentenza della CTR;

4. questa Corte, con ordinanza interlocutoria del 26/05/2016, ha rinviato la causa a nuovo ruolo, rilevando che la questione del regime del margine era sottoposta, in via generale, all’esame delle sezioni unite.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo del ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione del D.L. n. 41 del 1995, artt. da 36 a 40-bis, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè “insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, la ricorrente – dato atto della corretta ricostruzione giuridica della fattispecie, da parte della CTR – assume di avere depositato, nel giudizio d’appello, “una corposa documentazione” (libretti di circolazione delle auto usate e contratto con la società estera d’intermediazione), che attestava la regolarità del proprio modus procedendi;

censura, quindi, la sentenza della CTR che avrebbe accolto, in modo acritico, le argomentazioni dell’Ufficio, in merito all’asserita carenza di documenti a supporto della tesi difensiva della società, senza fornire alcuna plausibile motivazione al riguardo;

1.1. il complesso motivo è, in parte, infondato, e, in parte, inammissibile;

per un verso (infondatezza del motivo), con riferimento alla doglianza attinente alla violazione di legge, è il caso di richiamare l’orientamento delle sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. un. 12/09/2017, n. 21105) che, occupandosi della materia del contendere, hanno affermato: “In tema di IVA, il regime del margine – previsto dal D.L. n. 41 del 1995, art. 36,conv. con modif. in L. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi. Pertanto, qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto. Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l’amministrazione dimostri che, in realtà, l’imposta è stata detratta. Nell’ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole.”;

tanto premesso e tornando alla presente controversia tributaria, la CTR si è attenuta ai principi di diritto enunciati dalle sezioni unite, e, dopo avere correttamente ripartito, tra i contendenti, l’onere della prova, alla stregua di un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, è pervenuta all’inappuntabile conclusione che la contribuente non avesse dimostrato la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione del regime d’imposizione (ai fini IVA) del (solo) margine di utile realizzato in occasione della cessione;

più precisamente, il giudice d’appello ha rilevato la mancanza della specifica annotazione, nelle fatture emesse dall’operatore comunitario tedesco (quale cedente), che si trattava di cessioni soggette al regime del margine IVA;

per altro verso (inammissibilità del motivo), con riferimento alla doglianza attinente al vizio di motivazione, posto che la sentenza della CTR è stata pubblicata il 7/10/2014, il motivo di ricorso è quello dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella nuova formulazione introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che si applica in relazione alle sentenze d’appello pubblicate a partire dall’11/09/2012;

è insegnamento delle sezioni unite di questa Corte che: “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass. sez. un. 7/04/2014, n. 8053);

ciò precisato, è chiaro che la contribuente ha erroneamente e in modo non consentito dedotto l’insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, secondo la vecchia formulazione della norma processuale in esame;

2. ne discende il rigetto del ricorso;

3. giusti motivi inducono la Corte a compensare, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità in quanto la menzionata pronuncia delle sezioni unite è successiva al ricorso per cassazione;

4. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2019

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