Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8868 del 18/04/2011

Cassazione civile sez. II, 18/04/2011, (ud. 15/12/2010, dep. 18/04/2011), n.8868

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BIANCHI Luisa – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13468-2005 proposto da:

F.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA AUGUSTO RIBOTY 22, presso lo studio dell’avvocato MARTELLA

VALERIO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIONANNESCHI GIANCARLO,

come da procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G. e P.C. in proprio, eredi di

M.E. e la prima quale tutrice del figlio

M.O.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2386/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2010 dal Consigliere Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.C. e M.E., dante causa degli odierni resistenti, convenivano in giudizio l’odierna ricorrente, F.M., nonchè gli altri proprietari dei terreni confinanti, chiedendo al Tribunale di Rieti di regolare il confine tra i terreni di rispettiva proprietà siti nel comune di (OMISSIS), dichiarare l’usucapione della servitù di passaggio a favore del loro fondo o la costituzione di una servitù coattiva, la demolizione delle opere realizzate sulla loro proprietà dai convenuti (muro con rete metallica e cancello) nonchè l’eliminazione dell’anomalo deflusso delle acque piovane conseguente alla costruzione di una rampa d’accesso che aveva alterato la quota del terreno.

Il Tribunale di Rieti accoglieva le domande e determinava il confine facendo riferimento alle risultanze catastali e peritali; disponeva altresì la costituzione coattiva della servitù di passaggio.

La corte d’appello confermava la sentenza impugnata, osservando, quanto alla determinazione del confine, la genericità delle testimonianze a fronte delle evidenze catastali, anche alla luce dei rilievi fotoplanimetrici, che avevano anche consentito di accertare costruzioni realizzate al di fuori del confine per un totale di 15 metri quadri. Quanto alla costituzione della servitù coattiva la Corte d’appello rilevava la sussistenza delle necessarie condizioni (interclusione del fondo e individuazione del percorso più breve), ritenendo non rilevante la circostanza della esistenza di un altro passaggio su un terreno di proprietà di terzi. Quanto, infine, al mancato riconoscimento dell’indennità rilevava che l’indennizzo doveva essere determinato in modo proporzionato al danno arrecato.

Tale danno non sussisteva sia per brevità del percorso (pochi metri) che per la limitata attività svolta per il passaggio. Rilevava, infine, la Corte che sussisteva anche la dedotta alterazione del deflusso delle acque in conseguenza delle quote di costruzione della rampa carrabile.

Impugna tale sentenza la ricorrente F.M. che formula 4 motivi. Nessuna attività in questa sede hanno svolto gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – I motivi del ricorso.

1.1 – Col primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione dell’art. 950 c.c. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Assume la ricorrente che le testimonianze rese in giudizio non erano affatto generiche, ma, correttamente interpretate, risultavano idonee a determinare i confini tra i terreni nel punto in cui era stato costruito il muro.

1.2 – Col secondo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 1051 e 832 c.c.. La Corte non aveva considerato nel disporre la servitù coattiva l’esistenza di altro passaggio molto più agevole già esistente su altra particella di proprietà di terzi.

1.3 – Col terzo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1053 c.c., nonchè motivazione insufficiente quanto alla mancata determinazione dell’indennità ex art. 1053. La motivazione al riguardo fornita dalla Corte appare insufficiente e contraddittoria, posto che comunque il passaggio aveva determinato quanto meno la diminuzione del valore commerciale del compendio della ricorrente, costituito da abitazioni civili delle quali la particella sulla quale era stato disposto il passaggio costituiva pertinenza.

1.4 – Col quarto motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. quanto alla individuazione delle ragioni che avrebbero determinato l’irregolare deflusso delle acque. Al riguardo osserva la ricorrente che una testimonianza resa in giudizio aveva riferito che la pavimentazione in questione non aveva alterato lo stato dei luoghi e lo scorrimento delle acque quanto alle opere eseguite dagli stessi ricorrenti. Era invece accaduto che l’alterazione delle quote era stata determinata da attività svolte dal dante causa degli odierni intimati. Al riguardo era mancata una prova certa.

2. – Il terzo motivo del ricorso è fondato, mentre gli altri sono infondati e vanno respinti.

2.1 – Il primo motivo nella sostanza si riduce ad un vizio di motivazione. La stessa parte rileva che deduce l’illogicità e contraddittorietà dell’iter motivazione, non già la valutazione del materiale probatorio. Al riguardo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte ha valutato l’omologo motivo di appello sulla base di tutto il materiale probatorio, affermando che ®nel caso di specie mentre le deposizioni testimoniali invocate dall’appellante risultano generiche e non risolutive rispetto alla ricerca della certezza del confine (a nulla rilevando l’eventuale tolleranza del proprietario del fondo attiguo per ragioni di buon vicinato), i dati catastali contemplati dal CTU e riscontrati sul posto non lasciano dubbio circa l’avvenuta occupazione di una ben determinata porzione della proprietà degli appellati, quale conseguenza dell’attività edificatoria posta in essere dai convenuti (realizzazione della rampa e del muro di confine). Dall’elaborato peritale (e dai rilievi foto- planimetrici allegati) si desume, infatti, che la recinzione in muratura verso il confine con la proprietà M. – P., così come una porzione della rampa di accesso pavimentata in pietra, occupano rispettivamente le particelle n. 804 e 397 degli appellati, per la superficie complessiva calcolata dal CTU in 15 metri quadri”.

Sia pure sinteticamente, la Corte d’appello si è fatta carico della censura avanzata con il gravame dall’odierna parte ricorrente e ha rivalutato tutto materiale probatorio, giungendo alla conclusione appena indicata, così preferendo, del resto come effettuato dal giudice di primo grado, le risultanze della CTU, più analitiche e precise sul punto. Non sussiste quindi il dedotto vizio di motivazione nè tantomeno la prospettata violazione di legge.

2.2 – Anche il secondo motivo è infondato. Parte ricorrente lamenta che erroneamente la Corte d’appello, nell’individuare la particella di terreno da assoggettare a passaggio cattivo, non aveva tenuto conto che “per raggiungere la particella 804 degli attori, basta percorrere soltanto 2 metri della particella 877, estesa, peraltro, complessivamente appena 6 metri quadrati”. Di qui la immotivata esclusione di quest’ultima particella dalla servitù per il solo fatto di appartenere a diverso proprietario. La Corte, infine, avrebbe acriticamente fatto proprio il suggerimento del CTU secondo il quale il tracciato sul fondo dei convenuti era meno gravoso, risultando invece il contrario da una semplice valutazione operata sulle planimetrie in ragione della posizione delle diverse particelle. Il CTU non aveva effettuato alcuna vera comparazione tra i due percorsi.

Al riguardo la Corte d’appello, pronunciandosi specificamente sull’omologo motivo di gravame proposto in quella sede dalla odierna parte ricorrente, ha osservato in primo luogo che: “la particella catastale n. 804 degli attori è interclusa …”, respingendo così la censura proposta al riguardo sulla base degli accertamenti analitici effettuati dal CTU. Quanto poi alla determinazione del percorso, ha ulteriormente rilevato che il CTU aveva fornito tutti gli elementi necessari per individuarlo con riguardo ai dati oggettivi riscontrati. Ha osservato inoltre, che “il tracciato alternativo suggerito dall’appellante non può essere preso in considerazione perchè pregiudicherebbe vieggiù la proprietà di terzi rispetto al brevissimo tratto da asservire”. La Corte, quindi, non ha preferito il tracciato proposto dal CTU rispetto a quello indicato dall’odierna ricorrente soltanto per non gravare la posizione di un terzo non in giudizio, ma, per come si ricava dalla chiara anche se sintetica motivazione, perchè il percorso proposto dal CTU rispondeva meglio alle esigenze e necessità tutelate dalle norme codicistiche, a ciò aggiungendo anche (vedi l’avverbio utilizzato, da intendersi vieppiù, con intento rafforzativo dell’argomentazione) l’ulteriore valutazione relativa alla appartenenza a terzi della proprietà della particella impegnata dal percorso proposto dalla appellante. Si tratta una considerazione aggiuntiva, rispetto alla autonoma ratio decidendi relativa alla valutazione tra i percorsi alternativi, compiuta dal CTU e richiamata dalla Corte, secondo e in conformità alle norme civilistiche. La pur stringata motivazione, effettuata con riguardo alle conclusioni del CTU, appare sufficiente, posto che il giudice del merito, quando accoglie e fa proprie le conclusioni del CTU, è obbligato a precisare le ragioni per le quali ritiene di adeguarsi al suo parere solo nel caso (che non risulta essersi verificato nel caso di specie) di omesso esame delle censure precise e circostanziate della parte interessata, che avrebbero potuto determinare un giudizio diverso da quello espresso nella consulenza.

2.3 – Il terzo motivo di ricorso è, come già detto, fondato posto che la Corte territoriale con riguardo alla mancata determinazione della indennità ex art. 1053 c.c. ha osservato che l’indennizzo doveva essere “proporzionato” al danno cagionato dal passaggio, concludendo poi che non vi era stato alcun danno poichè “nella specie trattasi di un percorso limitato a pochi metri e per sopperire alla modesta attività agricola del proprietario del fondo dominante”. Si tratta di una motivazione che non da conto analiticamente dell’affermata esclusione, posto che in via generale questa Corte (vedi Cass. 2007 n. 3649) ha indicato i criteri da seguire per la determinazione dell’indennità in questione, che “non rappresenta il corrispettivo dell’utilità conseguita dal fondo dominante, ma un indennizzo risarcitorio da ragguagliare al danno cagionato al fondo servente”, con la conseguenza che “ai fini della determinazione di detta indennità, non può aversi riguardo esclusivamente al valore della superficie di terreno assoggettata la servitù, ma bisogna tener conto, altresì, di ogni altro pregiudizio subito dal fondo servente in relazione alla sua destinazione a causa del transito di persone di veicoli”. La motivazione della Corte territoriale, come si è visto, si limita a considerare la sola attività derivante dalla servitù e non già, come avrebbe dovuto, il suo riflesso sul fondo servente, considerato nel suo insieme, seppure sempre con riguardo alla disposta servitù.

2.4 – Il quarto motivo è infondato, posto che con lo stesso la parte ricorrente intende proporre una nuova valutazione delle risultanze probatorie correttamente operata nei altri gradi di giudizio, anche con riferimento alle risultanze della CTU. Al riguardo la motivazione della Corte è ampia e precisa e chiarisce che la rampa carrabile, sprovvista di ciglio protettivo, era stata realizzata a quota superiore rispetto all’attiguo terreno degli appellati con un dislivello variabile da metri 0,60 a metri 1,15. Al riguardo, quindi, la Corte ha affermato che tale “situazione, certamente diversa rispetto all’originario profilo altimetrico del piano di campagna, determina il dilavamento delle acque meteoriche verso la proprietà degli attori”. La Corte ha anche affrontato la questione relativa alla presenza di una griglia metallica per lo smaltimento delle acque, considerata non risolutiva per garantire il corretto deflusso delle acque in relazione alla sua ampiezza e alla sua collocazione.

La Corte quindi ha fornito una sufficiente motivazione con riguardo alle critiche avanzate da parte ricorrente anche in questa sede e ha fatto corretto uso della norma di cui all’art. 2697 c.c. quanto alla distribuzione dell’onere probatorio.

3. – Il ricorso va accolto quanto al terzo motivo e respinto quanto agli altri con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La corte accoglie il terzo motivo di ricorso, respinge gli altri;

cassa in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Roma, altra sezione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2011

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