Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8868 del 04/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8868 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: SCALISI ANTONINO

ORDINANZA
sul ricorso 25956-2013 proposto da:
SOCIETA’ PARTECIPAZIONE COOPERATIVA SOCIALE A RL
07644780582 in persona del Presidente del Consiglio di
Amministrazione e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CANINO 19, presso lo studio
dell’avvocato PASQUALE VERGINELLI, che la rappresenta e
difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
CENTRO REGIONALE S. ALESSIO MARGHERITA DI SAVOIA
PER I CIECHI in persona del Presidente e legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIROLAMO
VITELLI 10, presso lo studio dell’avvocato VITO SAVASTANO, che
lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 04/05/2015

- controricorrente avverso la sentenza n. 134/2013 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 5.11.2012, depositata il 10/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/11/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINO SCALISI;

udito per la ricorrente l’Avvocato Pasquale Verginelli che si riporta alla
memoria e chiede la trattazione del ricorso in pubblica udienza;
udito per il controricorrente l’Avvocato Vito Savastano che si riporta al
controricorso e chiede il rigetto del ricorso; deposita inoltre cartolina
di avvenuta notifica.

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Ric. 2013 n. 25956 sez. M2 – ud. 26-11-2014
-2-

Rilevato che il Consigliere designato, dott. A. Scalisi, ha depositato ai sensi
dell’art. 380 bis cod. proc. civ., la seguente proposta di definizione del
giudizio: ” Preso atto che La Corte di appello di Roma con sentenza non
definitiva n. 2754 del 2008 e successivamente con sentenza definitiva n.
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134/2013 accoglieva l’appello proposto dal Centro regionale S. Alessio e in

riforma della sentenza n. 33473 del 2003 del Tribunale di Roma accertava che
il compenso pattuito dalla Cooperativa Partecipazione ed il Centro Regionale
S. Alessio, per la conduzione dei servizi ausiliari e di assistenza, doveva
essere calcolato nella misura pari al 90% della retribuzione oraria ordinaria
iniziale prevista nel periodo primo gennaio 1989 al 30 settembre 1993 per la
corrispondente qualifica funzionale dei dipendenti degli enti locali, tenendo
conto dello stipendio contrattuale, dell’indennità integrativa speciale e della
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_

tredicesima mensilità ed escludendo le indennità per ferie, per i permessi, per
le festività e per il trattamento di fine rapporto. Condannava la Cooperativa
Partecipazione al pagamento in favore del Centro Regionale S. Alessio della
somma di E. 455.423,26, quale restituzione di somme versate in eccedenza
alla Cooperativa Partecipazione dal Centro Regionale S. Alessio, oltre
interessi legali e il maggior danno.
Secondo la Corte capitolina, in ragione dell’art. 5 della convenzione del 5
aprile 1989, tra il Centro S. Alessio e la Cooperativa Partecipazione,

il

compenso orario dovuto alla Cooperativa, per la conduzione dei servizi
ausiliari e di assistenza, era pari al 90% della retribuzione iniziale prevista per
la corrispondente qualifica funzionale dei dipendenti degli enti locali, di cui al
.
contratto di lavoro dei dipendenti degli Enti locali. Con la specificazione che
la retribuzione prevista dalla

contrattazione collettiva era costituita dallo
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stipendio, dal rateo della tredicesima mensilità,

ma non rientravano le

festività ed il trattamento di fine rapporto, né le ferie , né i permessi ed i lavori
festivi o notturno.
La cassazione di entrambe le sentenze della Corte di appello di Roma è stata

chiesta dalla società Partecipazione Cooperativa sociale arl, con ricorso

affidato ad un motivo. Il Centro Regionale S. Alessio Margherita di Savoia
per i ciechi, ha resistito con controricorso.
Considerato che 1.= Con l’unico motivo del ricorso la società Partecipazione
Cooperativa Sociale ari., lamenta la violazione e falsa applicazione di norme
di diritto e dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Eccesso di potere per
travisamento dei fatti (art. 112 e 116 cpc., art. 1362-1371 cc. in relazione
all’art. 360 nn. 3 e 5 cpc.). Secondo la ricorrente, la Corte di Roma avrebbe

erroneamente ed illegittimamente limitato il compenso dovuto dal Centro
regionale S. Alessio alla società Partecipazione Cooperativa sociale ai sensi
della clausola n. 5 della convenzione del 5 aprile 1989, allo stipendio base,
all’indennità integrativa speciale ed alla tredicesima mensilità (retribuzione
ordinaria) escludendo gli altri elementi (indennità per ferie, festività,
permessi, congedi ed assenze giustificate e per trattamento di fine rapporto).
In particolare, avrebbe errato la Corte romana, sempre secondo la ricorrente:
a) perché travisando i fatti, avrebbe fatto riferimento alla retribuzione
ordinaria mensile, che costituirebbe soltanto una modalità di calcolo per la
determinazione della retribuzione annua lorda dovuta. B) perché nuovamente
travisando i fatti, avrebbe tratto argomento dalla modalità di fatturazione
mensile del compenso da parte della Cooperativa che trovava la sua
spiegazione logica semplicemente nelle difficoltà

di cassa ripetutamente
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accampate da parte dal Centro tale che la cooperativa

sottoposta alla

possibilità di disdetta si era vista costretta a limitare provvisoriamente le
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richieste di pagamento alla tariffa oraria indicatele anzi impostale dal centro,
rinviando la richiesta di saldo per le prestazioni effettivamente espletate.

Piuttosto dovrebbe considerarsi ormai da tempo consolidato il principio di

onnicomprensività della retribuzione da intendersi comprensivo di tutte le
somme erogate e da erogarsi obbligatoriamente in modo continuativa e non
occasionale a garanzia dei diritti inviolabili e irrinunciabili del lavoratore. E
non vi sarebbe dubbio che siano del tutto fisiologiche a qualsiasi rapporto di
lavoro pubblico o privato le indennità per ferie, per festività, per permessi,
congedi ed assenze giustificate

nonché per il trattamento di fine rapporto

come tale legittimamente ricomprese e correttamente calcolate e quantificate

dal CTU di P grado nella determinazione della retribuzione complessiva
annua lorda dovuta.
1.1.= Il motivo ancorché inammissibile perché generico, è infondato,
essenzialmente, perché l’interpretazione della clausola n. 5 di cui alla
Convenzione del 5 aprile 1989 appare non solo convincente ma, soprattutto,
coerente con i dati acquisiti in giudizio nonché con la normativa in tema di
interpretazione degli atti di autonomia privata di cui agli artt. 1362 e ss. cc ..
Come ha avuto modo di chiarire la Corte di Roma, richiamando la clausola
appena citata, (…) è chiaro che le parti con detta pattuizione hanno fatto
riferimento al compenso orario lordo dei dipendenti degli Enti locali come

_

ordinaria retribuzione degli stessi. La retribuzione è prevista dalla
contrattazione collettiva ed è costituita dallo stipendio, dal rateo della 13°
mensilità e dalla indennità integrativa speciale. Nella retribuzione ordinaria
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mensile non rientrano, però, le festività ed il trattamento di fine rapporto né le
ferie né i permessi ed il lavoro festivo o notturno perché trattasi di indennità
spettanti per gli specifici titoli di lavoro nelle festività, della cessazione del
rapporto lavorativo e della retribuzione durante l’interruzione feriale

dell’attività lavorativa. La conferma che le parti hanno fatto riferimento come

parametro del corrispettivo all’ordinaria retribuzione dei dipendenti degli Enti
locali (….) risulta, per altro, dalle fatture che la stessa Cooperativa ha inviato
al Centro per ottenere il pagamento del corrispettivo: le fatture della
Cooperativa hanno sempre indicato il compenso orario spettante,

cioè,

l’ordinaria retribuzione oraria, compenso previamente indicato dal Centro (
vedi la corrispondenza prodotta) (….)”. La Corte di Roma, pertanto,
correttamente, ha posto a fondamento della sua decisione una valutazione

unitaria e della clausola di cui all’art. 5 di cui si dice e della normativa di cui
alla contrattazione collettiva, anche alla luce del comportamento delle parti,
successivo alla convenzione del 5 aprile 1989. Per altro, appare del tutto
insufficiente a scardinare l’iter logico del ragionamento della Corte
distrettuale: a) sia la generica sollecitazione di dover considerare comprensi
nella retribuzione, di cui si dice, anche

i dati esclusi dalla sentenza

impugnata, senza, neppure, indicare i termini specifici della contrattazione
collettiva che indurrebbero a tale conclusione; b) sia la considerazione che i
dati esclusi dalla Corte di Roma quali dati della retribuzione, fossero
fisiologicamente appartenenti alla retribuzione di qualsivoglia rapporto di
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lavoro, perché entrambe le considerazioni sarebbero, comunque, frutto di una
personale opinione e/o interpretazione dei dati considerati dalla Corte di
merito. In definitiva, Si propone il rigetto del ricorso”.
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Tale relazione veniva comunicata ai difensori delle parti costituite. Entrambe
le parti depositavano memoria ex art. 378 cpc.
Il Collegio, lette le memorie delle parti condivide argomenti e proposte
contenute nella relazione ex art. 380 bis cpc., rilevando, altresì, che le
osservazioni espresse dal ricorrente con la memoria depositata in prossimità

della camera di consiglio non consentono di superare le argomentazioni di cui
alla relazione. Piuttosto, ad adiuvandum, il Collegio osserva che, nel caso in
esame, la questione centrale prospettata ed oggetto del giudizio di merito era
relativa all’interpretazione della clausola n. 5 della convenzione del 5 aprile
1989 già richiamata. Pertanto, il ricorrente, non ha tenuto conto che
l’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al
giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di
violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui all’art. 1362
c.c., e segg., o di motivazione inadeguata, ovverosia, non idonea a consentire
la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione. Sicché, per
far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale
riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione
.
dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre,
altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito
se ne sia discostato; con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del
motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme
ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà nella proposta

di una interpretazione diversa (Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536). D’altra parte
e di più, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data del giudice del
merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la
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migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sì che

,

quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni,
non è consentito, alla parte che aveva proposto la interpretazione poi disattesa
dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata
l’altra (tra le altre: Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n.
4178).
In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento
delle spese del presente giudizio che verranno liquidate con il dispositivo,
tenendo conto del valore della causa.
Il Collegio, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 da atto
che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
.

il ricorso principale a norma del comma i-bis dello stesso art. 13.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio di cassazione che liquida in E. 15.000,00 oltre E. 200 per
esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 da atto che
sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera del Consiglio della Sesta Sezione Civile
della Corte Suprema di Cassazione il 26 novembre 2014

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