Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8864 del 29/03/2019
Cassazione civile sez. trib., 29/03/2019, (ud. 20/03/2019, dep. 29/03/2019), n.8864
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9345/2013 R.G. proposto da:
H.H.Y., rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Scarpa,
elettivamente domiciliata in Roma, via Federico Cesi n. 72, presso
lo studio dell’avv. Bernardo De Stasio;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,
rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio
legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia, sezione n. 50, n. 113/50/12, pronunciata il 5/10/2012,
depositata il 10/10/2012;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2019
dal Consigliere Guida Riccardo.
Fatto
RILEVATO
che:
1. H.H.Y., esercente l’attività di commercio al dettaglio di confezioni per adulti, propone ricorso, affidato ad un unico motivo, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia, indicata in epigrafe, che – nella controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento che, in applicazione dello specifico studio di settore, recuperava a tassazione IRPEF, IRAP, IVA, per l’annualità 2004, maggiore reddito imponibile – ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso introduttivo della contribuente;
2. la CTR, per quanto ancora rileva, disattesa l’eccezione dell’appellante di non avere ricevuto, in fase amministrativa, la comunicazione dell’invito a comparire L. n. 212 del 2000, ex art. 6, ha ritenuto legittimo l’accertamento, a mezzo dello studio di settore, del reddito della ricorrente, e ha soggiunto che “in sede contenziosa il contribuente non ha assolto all’onere della prova che gli deriva dalla legge”, ai fini della giustificazione dello scostamento tra il reddito dichiarato e quello presunto.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. con l’unico motivo del ricorso, denunciando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “motivazione insufficiente su fatto decisivo e controverso”, la ricorrente censura la manifesta e radicale insufficienza della motivazione della CTR sull’effettività o meno della notificazione, da parte dell’Ufficio, dell’invito a comparire, ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5;
assume che l’erronea decisione adottata dal giudice d’appello sul tema della notifica dell’invito a comparire involge un “punto decisivo” poichè, se tale errore non fosse stato commesso, “il giudizio sull’accertamento tributario sarebbe stato diverso.”;
1.1. il motivo è inammissibile;
per un verso, posto che la sentenza della CTR è stata pubblicata il 5/10/2012, il motivo di ricorso è quello dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella nuova formulazione introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che si applica in relazione alle sentenze d’appello pubblicate a partire dall’11/09/2012;
secondo l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte: “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass. sez. un. 7/04/2014, n. 8053);
nella specie, la CTR ha illustrato con chiarezza le ragioni del proprio convincimento, che la contribuente ha censurato, in modo non consentito, sotto il profilo del vizio d’insufficiente motivazione;
per altro verso, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (Cass. 18/04/2017, 9752);
tanto premesso, nel caso in esame la contribuente ha inammissibilmente omesso di impugnare l’autonoma ragione della decisione della CTR che ha escluso che la stessa parte, in sede giudiziale, avesse assolto all’onere di dimostrare le ragioni dello scostamento tra il reddito dichiarato e il reddito accertato tramite lo studio di settore;
sicchè, anche ipotizzando la fondatezza dell’unica, diversa e già esaminata (ma, in realtà, legittimamente disattesa) censura rivolta alla sentenza impugnata, ciò non condurrebbe, comunque, all’annullamento della decisione di secondo grado;
2. ne discende l’inammissibilità del ricorso;
3. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
4. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
PQM
la Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna la ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.200,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2019