Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8864 del 13/05/2020

Cassazione civile sez. I, 13/05/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 13/05/2020), n.8864

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAZZICONE Loredana – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6334/2019 proposto da:

O.A.F., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza

Cavour, presso la cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzina Salvatore;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 15/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/03/2020 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Napoli del 15 gennaio 2019. Con quest’ultima pronuncia è stato negato che al ricorrente O.A.F. potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed è stato altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su tre motivi illustrati da memoria. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha notificato controricorso, ma ha depositato un “atto di costituzione” in cui non è svolta alcuna difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo oppone la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a), art. 1 della Convenzione di Ginevra, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma, 1, lett. e) e art. 7, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. d) e art. 8. Viene rilevato che i rapporti delle organizzazioni internazionali, versati in atti, testimoniavano che in Nigeria, paese di origine dell’odierno istante, sussisteva una situazione di gravissima insicurezza e di forte squilibrio sociale, per modo che dovevano ritenersi fondati i timori espressi quanto alla sussistenza di un pericolo grave per l’incolumità personale in caso di rimpatrio.

Il secondo mezzo denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 4 e 14. L’istante lamenta che il Tribunale abbia deciso la propria domanda di protezione internazionale basandosi su fonti prive del requisito dell’attualità e osserva come lo stesso report citato dal giudice di prima istanza desse conto di come le autorità preposte alla sicurezza non fossero in grado di contenere gli episodi di violenza e garantire l’incolumità dei cittadini.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè l’omessa motivazione. Viene dedotto che il Tribunale avrebbe mancato di argomentare quanto al rigetto della domanda di protezione umanitaria e che, inoltre, lo stesso giudice del merito non avrebbe preso in considerazione il processo di integrazione di esso istante, documentato in atti.

2. – Il ricorso non è fondato.

Si premette che le memorie ex art. 378 c.p.c., sono destinate esclusivamente ad illustrare ed a chiarire i motivi della impugnazione, ovvero alla confutazione delle tesi avversarie, onde con esse non possono essere dedotte nuove censure nè sollevate questioni nuove, che non siano rilevabili d’ufficio, e neppure può essere specificato, integrato o ampliato il contenuto dei motivi originari di ricorso (per tutte: Cass. 12 ottobre 2017, n. 24007).

Con riguardo ai primi due motivi si osserva come il Tribunale abbia dato conto della situazione della regione da cui proveniva il ricorrente ((OMISSIS)), escludendo che essa sia interessata al conflitto armato tra (OMISSIS) e le forze militari, che interessa altra area del paese. Tale accertamento è stato condotto sulla scorta di fonti aggiornate all’ottobre 2018 (cfr. sentenza, pag. 6).

L’estrapolazione, dalle fonti citate dal Tribunale, del dato per cui l’80% delle forze dell’ordine sarebbe destinato “a fornire sicurezza ad alcune persone” appare, poi, non concludente; anche a voler prescindere dal rilievo per cui detta evenienza nulla dice quanto alla “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale” di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), va evidenziato che l’accertamento di quest’ultima situazione implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32064), suscettibile di essere censurato in sede di legittimità a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 21 novembre 2018, n. 30105), oltre che per assenza di motivazione (nel senso precisato da Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054): censure che nella fattispecie non sono state neanche formulate.

Con riguardo al terzo motivo di ricorso è da escludere che la pronuncia sulla protezione umanitaria sia connotata, come denunciato, da una radicale carenza argomentativa, giacchè il Tribunale ha, per un verso, osservato che l’istante aveva ricevuto le cure mediche di cui necessitava e, per altro verso, sottolineato come la condizione socio-politica della regione di provenienza del richiedente e la situazione personale del medesimo non potevano giustificare l’accesso a tale forma di tutela. Per il resto occorre solo ricordare che non può attribuirsi rilievo esclusivo ad aspetti della vita del ricorrente che siano indicativi del suo inserimento nel tessuto sociale del nostro paese: e ciò perchè non può essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, considerando, isolatamente ed astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia (Cass. 28 giugno 2018, n. 17072; ora anche Cass. Sez. U. 13 novembre 2019, n. 29459).

3. – Non vi sono spese da regolare, non avendo il Ministero resistito al ricorso.

P.Q.M.

La Corte;

rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 5 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2020

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