Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8863 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 31/03/2021), n.8863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32078-2019 proposto da:

L.D.G., elettivamente domiciliata presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e

difesa dall’Avvocato DAVIDE LO GIUDICE;

– ricorrente –

e contro

L.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 202/2019 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 28/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRICENTI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

La ricorrente, L.D.G., ha agito in giudizio nei confronti dell’avocato L.M. sostenendo di avere incaricato quest’ultimo di intraprendere un giudizio per avere l’indennizzo da irragionevole durata di un procedimento conclusosi davanti al TAR dopo nove anni dal suo inizio; di avere appreso però che il suddetto avvocato L., pur incaricato del procedimento, non aveva mai dato corso all’incarico, facendo così perdere la possibilità di avere l’indennizzo previsto dalla legge.

La ricorrente ha dunque prospettato una responsabilità professionale del difensore per non avere eseguito l’incarico conferito. Il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato la domanda ritenendo non provata la procura alle liti: in quel giudizio la ricorrente aveva formulato una prova testimoniale per dimostrare di aver rilasciato procura al difensore, ma il Tribunale aveva ritenuto inammissibile la prova orale stante il divieto di cui all’art. 2725 c.c..

La ricorrente ha proposto appello che è stato rigettato dalla corte di secondo grado sulla base delle medesime ragioni che hanno portato al rigetto da parte del Tribunale.

Ricorre L.D.G. con un motivo. Non v’è costituzione dell’intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione degli artt. 1703,1325,1392 e 2725 c.c..

Secondo la ricorrente la corte di appello avrebbe errato nel ritenere che per provare la responsabilità del professionista debba essere fornita la prova scritta della procura e non già la prova orale del mandato, in quanto provato quest’ultimo è provata quella.

Comunque sia, secondo la ricorrente la prova della procura serve solo ad opporre l’incarico a terzi, ossia a dimostrare ai terzi che è stato conferito un mandato, ma non vale nei rapporti interni tra difensore e cliente.

Il motivo è fondato.

Invero, la ricorrente non agiva per la dimostrazione della procura, atto soggetto a prova scritta, ma semplicemente della circostanza, di mero fatto, di aver dato un incarico al difensore.

Vero è che mandato e procura sono atti distinti: mentre la procura “ad litem” costituisce un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale (cosiddetto contratto di patrocinio) con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte (Cass. n. 13963 del 2006; Cass. n. 14276 del 2017).

Ma è anche vero che la ricorrente chiedeva di provare di avere dato incarico al difensore, non potendo del resto provare di aver rilasciato procura, che è atto che rimane nella disponibilità dell’avvocato.

Del resto, la dimostrazione di un incarico (ossia del contratto d’opera) è sufficiente a far sorgere obbligo del difensore di fornire assistenza, dovendo costui poi provvedere a farsi rilasciare procura ad agire, con la conseguenza che il cliente è sufficiente che dimostri di aver dato incarico ad agire (contratto d’opera) e questa dimostrazione era qui chiesta, e non aveva bisogno di allegazione di prova scritta ad subiustantiam, e dunque non v’erano i limiti di prova testimoniale previsti per quest’ultima.

Il ricorso va dunque accolto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Caltanissetta in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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