Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8860 del 04/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8860 Anno 2015
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

ORDINANZA
sul ricorso 15900-2013 proposto da:
FALLIMENTO SAGECO SRL 00112050828 in persona del Curatore
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE
DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv. ALESSANDRO
REALE, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
EAS – ENTE ACQUEDOTTI SICILIANI IN LIQUIDAZIONE in
persona del Commissario Liquidatore, elettivamente domiciliato in
ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avv. FEDERICO FERINA, giusta procura speciale a margine del
controricorso;
– controricorrente –

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Data pubblicazione: 04/05/2015

avverso la sentenza n. 921/2012 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO dell’11.5.2012, depositata il 14/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/02/2015 dal Presidente Relatore Dott. BRUNO BIANCHINI;
udito per il controricorrente l’Avvocato Federico Ferina che insiste nel
controricorso;
dato atto del deposito di relazione di cui all’art. 380 bis cpc del seguente
tenore:
1 “— Il Fallimento della s..r.l. SA.GE.CO . , con citazione del 14 aprile
2003, chiese al Tribunale di Trapani che l’Ente Acquedotti Siciliani
— E.A.S. — in liquidazione, fosse condannato sia al rilascio di locali
siti al piano terra di un fabbricato a due piani sito in Levanzo, pervenuti alla società. in bonis giusta acquisto dalla s.p.a. EGADI
con rogito del 7 luglio 1981 e quindi inventariati all’attivo
fallimentare- nella disponibilità che assumeva sine liti& dell’Ente,
sia al pagamento di un’indennità di occupazione; l’E.A.S.
costituendosi affermò il proprio diritto ad occupare l’immobile
perché esso gli sarebbe stato trasferito, per scopi istituzionali
(gestendo un acquedotto siciliano) , con decreto ministeriale del
giugno 1993; avendo il Fallimento rinunziato alla domanda di
rilascio, l’adito Tribunale, con sentenza n. 5/2006, respinse la
richiesta di pagamento dell’indennità, riscontrando la legittimità
dell’occupazione del cespite, qualificando l’azione come rivendica.
2 La Corte di Appello di Palermo, pur ritenendo che si fosse in
presenza di un’azione personale di rilascio — così accogliendo la
prospettazione dell’appellante Fallimento- osservò che, a seguito di
disposta CTU, sarebbe emersa a differenza morfologica e
strutturale tra l’immobile acquistato dalla SO.GE.CO . nel 1981
(costituito da un solo piano ed in cattivo stato di manutenzione) e
Ric. 2013 n. 15900 sez. M2 – ud. 12-02-2015
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quello poi assegnato all’E.A.S. (il quale era stato interessato da
importanti lavori di ristrutturazione , finalizzati ad adibirlo a

guardiania degli addetti alla sorveglianza dell’opera pubblica,previa

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sua sopraelevazione ) assieme alle opere costituenti il complesso
dell’acquedotto sottomarino per l’isola di Levanzo.

del bene all’E.A.S. era idoneo — non trattandosi di verificare lo
statuto proprietario del bene bensì solo se legittimamente
l’immobile fosse nella disponibilità di detto Ente — ed era costituito
dal verbale di consegna da parte dell’Agenzia del Mezzogiorno ,
portato a conoscenza anche della SO.GE.00 allora in banis

senza

che essa nulla eccepisse- dal quale emergeva che il complesso
immobiliare era stato ceduto alla stazione appaltante i lavori
interessanti il raccordo sottomarino, nell’ambito della specifica
disciplina regolatrice dell’appalto.
4 Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il
Fallimento, articolando due motivi di annullamento, cui ha risposto
l’E.A.S. con unico motivo
Osserva in diritto
I — Con il primo motivo il ricorrente denunzia ” violaione e falsa
applicaione dell’art. 948 cc. in relaione agli artt. 1158 e 1159 c.c.”
assumendo che, dovendosi qualificare come personale l’azione
intrapresa dalla curatela — essendo diretta esclusivamente al rilascio del
bene, senza alcun accertamento circa la titolarità delle parti sul
medesimo- ed essendosi dato atto che nel corso del giudizio l’ E.A.S.
aveva in effetti riconsegnato l’immobile, la Corte del merito avrebbe
dovuto limitarsi a riconoscere di diritto all’indennità di occupazione,
senza procedere ad ulteriori accertamenti circa la proprietà del bene.

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3 Evidenziò altresì la Corte del merito che il titolo di assegnazione

I

I.a – Il motivo è inammissibile in quanto presuppone che la Corte di
Appello abbia statuito, appunto, circa la attuale proprietà del -bene
mentre ciò è stato espressamente escluso dalla gravata decisione che ha
messo a raffronto i due titoli contrapposti – il rogito di acquisto del
1981 della società in bonis ed il decreto ministeriale di assegnazione del
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giugno 1993, solo per attribuire a questo secondo la funzione di
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ttirna.re .,,l’occupazi9ne, del bene e, .:quindi, per escludere il diritto
.

all’indennizzo che presupponeva appunto la carenza di un titolo che
legittimasse a ciò l’E.A.S.
II –

Con il secondo motivo il Fallimento si duole della violazione

gcAr,s,grAkini,nqQ.,. la cgrte, palprmitna, riQp
avendo pronunziato su quanto dedotto in appello: il motivo è
inammissibile pér difetto di chiarezzi. ‘e per violazihne del canone di
specificità ex art. 366 n.4 cpc – laddove non spiega quale fosse il
motivo pretermesso dal giudice di appello , avendo in contrario la
Corte distrettuale espressamente rinvenuto – come visto – una
—specifica ragione -attributiv-a della legittima disponibilità .’ -del bene.
all’EA.S per l’esplicazione delle sue finalità pubblicistiche.
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11′ riébrSó è Peùànto idonee, ad essere trattato in camera di

consiglio a’ sensi degli artt. 375 n.1 , 376 e 380 bis cpc, per essere
dichiarato inammissibile.”

Osserva
• 1.

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.”

Il Collegio concorda con le conclusioni sopra riportate, contro le quali
,parte ricorrente non ha .svolto argomentazioni critiche idonee,
ribadendo, nella memoria depositata a’ sensi dell’art. 380 bis, II comma,
cpc, quanto alla violazione dell’art. 112 cpc , la ultroneità delle
argomentazioni ( circa la configurazione del bene) poste a base della
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-4-

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decisione: la genericità del motivo di ricorso, già messa in rilievo nella
relazidnè, si rinnova nelle’sintetiChe’dedUzioni defensive.

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11 ricorso va dunque rigettato; consegue la condanna della
soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità
secondo la quantificazione indicata in dispositivo; sussistono i
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j5è il”.4,Ter§àdiento

irir[5’dì’f6 . à iifólò ” di

contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, a
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norma del comrna 1 g”‘”dell’art. 13, d.P.It, n_ 115/2002.
P.Q.M.
La Corte
i I ,j, tt , • -•

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle
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14.”4

*.

spese che liquida in euro 3.200,00 di cui curo 200,00 per esborsi,
no.nch4 spese generali ed ,acc,essori dovuti per legge, in favore della
parte controricorrente; dichiara la, sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, a
.

del„commaris ello, stesso art..

Così deciso il 12 febbraio 2015 in Roma, nella camera di consiglio
‘della rsez V;1 7-2 della. Stiprema Corte ‘di – Cassazione’

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