Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8857 del 14/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/04/2010, (ud. 22/02/2010, dep. 14/04/2010), n.8857

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ENEL S.p.A., in persona del Procuratore, elettivamente domiciliata in

Roma, Viale Mazzini 11, presso l’avv. Salvini Livia, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Comune di Sermide, in persona del Sindaco, elettivamente domiciliato

in Roma, Viale Paridi 43, presso l’avv. D’Ayala Valva Francesco, che

lo rappresenta e difende, unitamente all’avv. Marongiu Gianni, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

e da:

EDIPOWER S.p.A., in persona del Procuratore, quale incorporante di

ETJROGEN S.p.A., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Mazzini 11,

presso l’avv. Livia Salvini, che la rappresenta e difende giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

Comune di Sermide, in persona del Sindaco, elettivamente domiciliato

in Roma, Viale Parioli 43, presso l’avv. Francesco D’Ayala Valva, che

lo rappresenta e difende, unitamente all’avv. Gianni Marongiu, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 109/63/03 del 15/5/03.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/2/10 dal Relatore Cons. Dott. Paolo D’Alessandro;

udito gli avv.ti Livia Salvini e Francesco D’Ayala Valva;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Fuzio Riccardo, che ha concluso per il rigetto dei primi due motivi

dei ricorsi e l’accoglimento del terzo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’ENEL S.p.A. propone ricorso per cassazione, illustrato da successiva memoria, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che ha accolto solo parzialmente il suo appello contro la pronuncia di primo grado, che aveva respinto il ricorso della societa’ contro un avviso di liquidazione ICI relativo all’anno 1998 del Comune di Sermide per unita’ immobiliari di categoria D costituenti la centrale termoelettrica di Sermide.

Il Comune di Sermide resiste con controricorso illustrato da successiva memoria.

Avverso la medesima sentenza ha proposto identico ricorso, pure illustrato da memoria, anche EDIPOWER S.p.A., incorporante di EUROGEN S.p.A., conferitaria della centrale dal 1999 ed appellante la sentenza di primo grado.

Il Comune di Sermide resiste con controricorso anche a questo ricorso, del pari illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- I ricorsi proposti contro la stessa sentenza vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2.- Quanto al ricorso proposto da EDIPOWER S.p.A., se ne deve affermare l’inammissibilita’, conseguente all’inammissibilita’ dell’appello proposto dalla incorporata EUROGEN S.p.A. avverso la sentenza di primo grado.

Premesso che il giudizio instaurato dall’ENEL riguarda un avviso di accertamento ICI relativo all’anno 1998 e che EUROGEN – per quanto risulta dagli atti – e’ divenuta proprietaria dell’immobile cui l’accertamento si riferisce nell’anno successivo, e’ evidente che essa non aveva alcun titolo per impugnare la sentenza di primo grado emessa nei confronti di ENEL, unica titolare del rapporto di imposta.

In particolare, deve escludersi che la legittimazione di EUROGEN possa discendere dall’art. 111 cod. proc. civ., in quanto la successione nella titolarita’ dei beni evidentemente non comporta una successione a titolo particolare nel rapporto di imposta per gli anni precedenti l’acquisto.

2.1.- La ricorrente EDIPOWER va eonseguentemente condannata al pagamento, in favore del Comune di Sermide, sia delle spese di appello, liquidate in Euro 14.000, di cui Euro 3.500 per diritti ed Euro 10.000 per onorari, sia di quelle di cassazione, liquidate in Euro 15.200, di cui Euro 15.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

3.- Quanto al ricorso di ENEL, con il primo motivo la ricorrente, sotto il profilo della violazione di difetto di motivazione.

La contribuente sostiene che – differentemente da quanto sostenuto dal Giudice di appello – il richiamo all’atto di attribuzione di rendita operato dall’UTE ed ai dati correlativi e lo sviluppo, attraverso l’indicazione della base imponibile e dell’aliquota, del procedimento contabile attraverso il quale risulta determinato l’ammontare complessivo del debito d’imposta (con l’ulteriore specificazione, a giustificazione della maggiorazione del 20%, che la rendita attribuita supera di oltre il 30% quella proposta in sede di procedura DOCFA) non vale a porre l’avviso di liquidazione impugnato al riparo dal vizio di carenza assoluta di motivazione.

3.1.- La censura e’ infondata.

Premesso che non risulta che il Comune di Sermide si sia avvalso della facolta’ di cui al D.Lgs. n. 646 del 1997, art. 59, comma 1, lett. l, n. 3, (la cui violazione e’ pure lamentata dalla ricorrente), in proposito va rammentato che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, gli avvisi con cui l’Amministrazione finanziaria contesta l’accertamento di una maggior imposizione mirano a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa ed a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa (provocatici ad opponendum), sicche’, ai fini di un’idonea motivazione, e’ necessario e sufficiente che essi enuncino il criterio astratto in base al quale e’ stato rilevato il maggior imponibile, ponendo il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e di contestarne utilmente l’an ed il quantum (v. Cass. 7231/2003, 15501/2002, 1034/2002, 1209/2000).

Cio’ posto, va osservato che, cosi’ come del resto esaurientemente argomentato dal Giudice del gravame, a tale criterio appare pienamente rispondere il sopra riportato contenuto dell’avviso di liquidazione impugnato, con il quale il Comune di Sermide – preso atto della determinazione da parte dell’UTE della definitiva rendita catastale dell’immobile oggetto dell’imposizione (rendita catastale destinata a soppiantare, ai sensi del D.M. 19 aprile 1994, n. 701, art. 1, comma 3, quella “proposta” dal contribuente nell’ambito della procedura DOCFA) – ha provveduto, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, a liquidare (“sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni delle denunce … nonche’ sulla base delle informazioni fornite dal sistema informativo del Ministero delle Finanze in ordine all’ammontare delle rendite risultanti in catasto …”) la maggior imposta gravante sulla societa’ contribuente.

Diversamente da quanto prospetta la societa’ contribuente (ipotizzando la configurabilita’ di immobili suscettibili di accatastamento e, tuttavia, non assoggettati ad ICI), difetto di motivazione non puo’, d’altro canto, riscontrarsi nemmeno nel fatto che il Comune si sia limitato a recepire le rendite catastali attribuite dall’UTE senza procedere ad ulteriore approfondimento motivazionale al fine di dar conto della ritenuta assoggettabilita’ ad ICI di tutte le componenti immobiliari oggetto di attribuzione di rendita.

In proposito, va rilevata l’erroneita’ della premessa da cui muove la ricorrente, atteso che – dal combinato disposto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2 (“presupposto dell’imposta e’ il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio e’ diretta l’attivita’ dell’impresa”) e art. 2, comma 1, lett. a), (“per fabbricato si intende l’unita immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano …”) – la nozione di immobile urbano assoggettato ad ICI appare sostanzialmente coincidente con quella di immobile suscettibile di accatastamento ai sensi del R.D.L. n. 652 del 1939, artt. 1, 4, 5 e 10 (Cass. 14673/06).

4.- Con il secondo motivo di ricorso, la societa’ contribuente – deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, art. 2, comma 1, e art. 5, del R.D.L. n. 652 del 1939, artt. 1, 3, 4, 5 e 10 e dell’art. 812 c.c. – censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile in sede di impugnazione di avviso di liquidazione ICI la doglianza relativa alla mancata esclusione dalla base imponibile ICI delle turbine e delle caldaie della centrale elettrica in oggetto.

4.1.- Anche tale censura e’ infondata.

Infatti, nella parte in cui si risolve nella contestazione dell’atto di attribuzione di rendita da parte dell’UTE, la doglianza si rivela in questa sede inammissibile, cosi’ come dichiarata dal Giudice di appello, posto che l’atto di attribuzione di rendita e’ atto autonomamente impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. f, e art. 2, comma 3, e, ovviamente, idoneamente impugnabile nei soli confronti dell’Ufficio che lo ha posto in essere.

Va al riguardo sottolineato che la controversia instaurata dalla contribuente nei confronti dell’Agenzia del Territorio quanto all’attribuzione della rendita e’ stata definita da questa Corte, in senso sfavorevole alla medesima contribuente, con sentenza n. 24064/06.

Nella parte in cui prospetta una seppur marginale autonoma sindacabilita’ della base imponibile ICI rispetto alle risultanze catastali, sul presupposto di una non perfetta coincidenza della categoria degli immobili suscettibili di rendita catastale e di quella degli immobili assoggettati ad ICI, la doglianza si rivela, invece, infondata, in considerazione dell’erroneita’ del presupposto, gia’ evidenziata al precedente punto 3.1.

5.- Con il terzo motivo di ricorso, l’ENEL deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 2 e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 1, nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia – censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto la legittimita’ della pretesa fatta valere dal Comune in relazione alla maggiorazione del 20%, prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 1, per l’ipotesi che la rendita attribuita risulti superiore del 30% rispetto a quella dichiarata.

Al riguardo, la societa’ contribuente – prospettata anche la radicale inapplicabilita’ della maggiorazione del 20% di cui al D.Lgs. n. 540 del 1992, art. 11, comma 1, in relazione alle rettifiche riguardanti gli immobili oggetto dell’avviso impugnato (perche’ non ricompresi nella previsione dell’art. 5, comma 4, del citato testo normativo) si sofferma ad osservare che la L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 2 – dopo aver sancito che gli atti di attribuzione o di modifica di rendita catastale hanno effetto per il contribuente (a partire dell’01/01/2000), solo dalla data di notificazione – dispone che, “per gli atti che abbiano comportato attribuzione o modificazione della rendita, adottati entro il 31 dicembre 1999, che siano stati recepiti in atti impositivi dell’amministrazione finanziaria o degli enti locali non divenuti definitivi, non sono dovuti sanzioni ed interessi relativamente al periodo compreso tra la data di attribuzione o modificazione della rendita e quella di scadenza del termine per la presentazione del ricorso avverso il suddetto atto”.

Tanto premesso, rileva che – riscontrandosi, nel caso di specie, la situazione prevista dalla disposizione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 2 (ricorrenza di atto comportante modificazione della rendita adottato l’01/01/1998, e quindi entro il 31/12/1999, recepito in atto impositivo di ente locale non ancora definitivo alla data dell’entrata in vigore della legge) – i Giudici del gravame avrebbero dovuto ritenere non dovuti, per il periodo temporale considerato (fino alla scadenza del termine per proporre ricorso avverso la rettifica: in concreto coincidente con l’11/06/1999, essendo l’attribuzione rendita stata notificata il 12/04/1999), non solo gli interessi, ma anche la maggiorazione del 20% D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 11, comma 1, dovendosi alla stessa riconoscere, diversamente da quanto opinato dalla commissione regionale, inequivoco carattere di sanzione.

4.1.- La censura e’ fondata.

In proposito, deve, in primo luogo, rilevarsi che l’espressione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 1, ultima parte, “senza applicazioni di sanzioni”, su cui il Giudice del gravame fonda la natura non sanzionatoria della maggiorazione del 20%, non e’ grammaticalmente riferibile all’ipotesi in cui e’ prevista l’applicazione della maggiorazione in esame.

L’indicata locuzione e’, infatti, contenuta nella frase precedente a quella che prevede la maggiorazione, ed e’ separata rispetto a quest’ultima da un punto e virgola.

Cio’ posto, va considerato che la natura sanzionatoria della “maggiorazione” in oggetto emerge in primo luogo, sul piano funzionale, dal fatto che l’aggravio non trova giustificazione in una maggiore capacita’ contributiva, ma nella duplice finalita’, propria delle sanzioni, di reprimere il comportamento del contribuente che abbia indicato nella dichiarazione una rendita inferiore di oltre il 30% rispetto a quella accertata e di dissuadere, nel contempo, i contribuenti dall’effettuare strumentalmente dichiarazioni eccessivamente basse. Sul piano piu’ evidentemente normativo, conferma della natura sanzionatoria della maggiorazione de qua e’ rinvenibile, poi, nella stessa lettera del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 1, ultima parte).

Provvedendo a regolamentare la procedura di liquidazione in ipotesi di attribuzione o modificazione della rendita catastale, tale norma ha, infatti, stabilito che, ove risulti che il contribuente ha dichiarato somme inferiori rispetto a quelle risultanti in esito all’attribuzione o alla modificazione della rendita come definita dall’UTE, il Comune, se lo scostamento e’ inferiore al 30%, procede alla liquidazione della maggiore imposta dovuta “senza applicazione di sanzioni” e con applicazione dei soli interessi; se, invece, lo scostamento e’ superiore al 30%, il Comune procede alla liquidazione della maggiore imposta dovuta con applicazione, oltre che degli interessi, della maggiorazione dell’imposta nella misura del 20%. E la contrapposizione delle due situazioni rende logicamente palese che, secondo l’impostazione del legislatore, la maggiorazione del 20% assume (conformemente alla sua obiettiva funzione) inequivoca natura di sanzione.

D’altro canto, il carattere sanzionatorio della “maggiorazione” in esame emerge anche dalla previsione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 2, quando stabilisce che, in ipotesi di liquidazione di maggior imposta ICI in conseguenza dell’attribuzione di rendita superiore a quella dichiarata, “non sono dovuti sanzioni ed interessi relativamente al periodo compreso tra la data di attribuzione o modificazione della rendita e quella di scadenza del termine per la presentazione del ricorso avverso il suddetto atto”, ove gli atti di attribuzione di rendita siano stati adottati entro il 31 dicembre 1999 e siano stati recepiti in atti impositivi dell’amministrazione finanziaria o degli enti locali non divenuti definitivi, giacche’ la maggiorazione dell’imposta in conseguenza dell’attribuzione di una rendita superiore a quella dichiarata non comporta altro che l’applicazione degli interessi e della maggiorazione del 20% stabilita dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 1.

Attesa, dunque, la natura sanzionatoria della “maggiorazione” contestata, deve escludersi la sua applicabilita’ alla fattispecie, vertendosi in tema di ICI da versarsi nel 1998 e quindi entro il termine di operativita’ temporale previsto dalla disposizione di cui alla L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 2.

5. In conclusione, rigettati i primi due motivi dei ricorsi, ne va accolto il terzo. La sentenza impugnata va, quindi, cassata in relazione al motivo accolto e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ultima parte, la causa va decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso introduttivo di Enel limitatamente al punto relativo alla maggiorazione D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 11, comma 1, che va dichiarata inapplicabile alla fattispecie.

6.- Attesi la natura e l’esito della controversia, appare equo disporre l’integrale compensazione delle spese del giudizio tra ENEL S.p.A. ed il Comune di Sermide.

PQM

la Corte riunisce i ricorsi; decidendo sul ricorso proposto da EDIPOWER, dichiara inammissibile l’appello ed il ricorso per cassazione e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Comune, delle spese di appello, liquidate in Euro 14.000, di cui Euro 3.500 per diritti ed Euro 10.000 per onorari, e di quelle di cassazione, liquidate in Euro 15.200, di cui Euro 15.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge; rigetta i primi due motivi del ricorso di ENEL S.p.A. ed accoglie il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della societa’ sul punto relativo alla maggiorazione D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 11, comma 1, dichiarandola non dovuta; compensa le spese dell’intero giudizio tra ENEL S.p.A. ed il Comune di Sermide.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 22 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2010

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