Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8857 del 13/05/2020

Cassazione civile sez. I, 13/05/2020, (ud. 07/01/2020, dep. 13/05/2020), n.8857

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5386/2019 proposto da:

O.E., elettivamente domiciliato in Roma Via G. P. Da

Palestrina 63, presso lo studio dell’avvocato Contaldi Gianluca, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Consoli Daniela;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1618/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 05/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/01/2020 da Dott. NAZZICONE LOREDANA.

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze del 5 luglio 2018, che ha respinto l’impugnazione avverso la ordinanza del Tribunale della stessa città in data 8 settembre 2017, a sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che non svolge difese il Ministero intimato.

Diritto

CONSIDERATO

– che i motivi censurano:

1) la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, art. 2, lett. g), art. 3 e art. 14, lett. b), oltre ad omesso esame di fatto decisivo, in ordine all’accertamento della condizione di beneficiario della protezione sussidiaria ed al contesto socio-politico del paese di origine;

2) (sebbene rubricato come 4) la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 e D.P.R. n. 394 del 1999, in combinato disposto, degli artt. 3 e 14 della C.E.D.U., dell’art. 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dell’art. 6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo, in quanto la situazione nel paese di origine desta preoccupazione per il rispetto dei diritti umani e non si è valutata l’ottima integrazione in Italia;

– che il primo motivo è inammissibile;

– che, infatti, la corte del merito ha condiviso il giudizio del giudice di primo grado circa la mancata integrazione, già in astratto, degli elementi delle fattispecie di protezione sussidiaria, nè il ricorso attacca tale ratio decidendi; il ricorrente censura la valutazione della Corte di appello circa la ragionevolezza del timore di subire un concreto, attuale e grave pericolo in caso di rientro in patria, ma si tratta di una valutazione di merito che la corte di appello ha espresso argomentatamente, seguendo un iter logico che si basa sui fatti esposti dal ricorrente;

– che il secondo motivo è inammissibile;

– che, invero, ai fini della protezione umanitaria il ricorrente, secondo la valutazione della Corte di appello, non ha fornito elementi per ritenerlo esposto a una situazione specifica di vulnerabilità da mettere in relazione con le denunciate violazione dei diritti umani; infatti, la corte d’appello ha affermato come non siano state neppure mai esposte peculiari ragioni di vulnerabilità idonee a supportare la richiesta di protezione umanitaria, dato che il richiedente ha solo dedotto un lavoro temporaneo ed un corso di lingua italiana;

– che, alla stregua di tale motivazione della sentenza impugnata, i due motivi si palesano irrimediabilmente inammissibili, in quanto nè confutano errori commessi dalla decisione, nè pongono questioni di diritto, ma si limitano a richiedere – peraltro, sulla base di allegazioni che continuano ad essere affette dal medesimo vizio di genericità, astrattezza ed inconcludenza, già stigmatizzato dal giudice del merito – un accertamento di fatto nella sede a ciò non deputata;

– che, pertanto, il ricorso si palesa inammissibile anche per la pretesa di ripetere il giudizio di fatto;

– che, avendo il giudice del merito compiutamente approfondito l’esame in fatto della situazione nel rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia ed esponendo le ragioni per le quali ha reputato il richiedente privo dei requisiti idonei al riconoscimento dello status, nessuna censura può essere promossa in questa sede, trattandosi, per l’appunto, di valutazioni fattuali non sindacabili dinanzi al giudice di legittimità;

– che non è necessario provvedere sulle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, se dovuto, del ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2020

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