Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8856 del 14/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/04/2010, (ud. 12/02/2010, dep. 14/04/2010), n.8856

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24021-2005 proposto da:

AGENZIA TERRITORIALE PER LA CASA DELLA PROVINCIA DI TORINO nella sua

qualita’ di mandataria del CONSORZIO INTERCOMUNALE TORINESE CIT, in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI PRISCILLA 4 presso lo

studio dell’Avvocato COEN STEFANO, che la rappresenta e difende

unitamente agli Avvocati LIONETTI ROBERTO e BONGIOANNI GIUSEPPE

giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ALPIGNANO in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5 presso lo studio dell’Avvocato

ROMANELLI GUIDO FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’Avvocato FOGAGNOLO MAURIZIO giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 12/2004 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di TORINO, depositata il 30/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/02/2010 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito per il ricorrente l’Avvocato BEATRICE RIZZACASA, per delega

Avvocato STEFANO COEN, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito per il resistente l’Avvocato LUDOVICA FRANZIN, per delega

Avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che ha chiesto il rigetto del

ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. L’Agenzia Territoriale per la Casa della Provincia di Torino (ex IACP, quale mandataria del C.I.T., Consorzio Intercomunale Torinese) propone ricorso per cassazione nei confronti del Comune di Alpignano (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento ICI per l’anno 1998, la C.T.R. Piemonte confermava la sentenza di primo grado (che aveva respinto il ricorso dell’Agenzia), rilevando che l’esenzione totale ICI D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 7, comma 1, lett. a) non era invocatale nella specie in quanto gli immobili erano destinati alla locazione, costituente attivita’ commerciale e che in ogni caso non poteva invocarsi nella fattispecie neppure l’esclusione temporanea in forza del regime agevolato di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 14 conv. in L. n. 427 del 1993, avendo la moratoria fiscale prevista dalla citata norma carattere esclusivamente erariale, con conseguente riferibilita’ esclusivamente all’Irpeg e all’Ilor, come evincibile dal disposto della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 72.

2. Col primo motivo di ricorso, deducendo violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, oltre che vizio di motivazione, l’Agenzia Territoriale per la Casa della Provincia di Torino afferma che nella specie sussistono i requisiti sia oggettivi che soggettivi per l’applicazione dell’esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7 sia perche’ il C.I.T. e’ un consorzio tra Comuni, sia perche’, secondo la legge 11/93 della Regione Piemonte, la realizzazione e gestione delle Case popolari e’ una funzione pubblica che spetta esclusivamente all’A.T.C., ai Comuni e ai loro consorzi, sia infine perche’ i Comuni consorziati hanno attribuito statutariamente al C.I.T. compiti di gestione nell’ambito della edilizia popolare, realizzando cosi’ il requisito della diretta e immediata destinazione a finalita’ istituzionali dell’ente, senza che rilevi in contrario il pagamento di un canone, perche’ esso e’ fissato dal legislatore, corrisponde a circa un quinto del canone standard di una comune abitazione ed e’ distinto in quattro quote, rispettivamente destinate a coprire l’ammortamento del costo convenzionale a vano, le spese generali e di amministrazione, le spese di manutenzione e quelle per i servizi (custodia, pulizia, ascensore ecc), dovendo peraltro rilevarsi che l’uso dell’alloggio avviene sulla base di una assegnazione, che e’ provvedimento amministrativo di natura concessoria, disposto sulla base di criteri di solidarieta’ sociale e non di schemi contrattuali privatistici, mentre la convenzione di locazione successiva all’assegnazione serve solo per fissare le modalita’ di uso dell’alloggio.

La censura e’ infondata, anche se la motivazione della sentenza impugnata deve essere integrata nei termini che seguono.

Prescindendo da ogni valutazione in ordine al carattere istituzionale, assistenziale o commerciale della attivita’ di gestione degli alloggi di edilizia economica e popolare, e’ infatti sufficiente evidenziare che la concorde giurisprudenza di questo giudice di legittimita’, formatasi con riguardo alla lett. a), ma soprattutto in relazione al citato art. 7, comma 1, lett. i) (lettera, quest’ultima, da ritenersi applicabile nella specie, in quanto prevedente l’esenzione dall’imposta per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 1, lett. c – enti pubblici e privati, diversi dalle societa’, residenti nel territorio dello Stato e non aventi per oggetto esclusivo o principale esercizio d’attivita’ commerciali-, purche’ destinati esclusivamente, fra l’altro, allo “svolgimento d’attivita’ assistenziali”) esige la duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attivita’ peculiari che non siano produttive di reddito, con la conseguenza che tale esenzione non spetta nel caso di semplice utilizzazione indiretta, come nel caso di alloggi di edilizia residenziale pubblica concessi in locazione a privati cittadini, non assumendo alcun rilievo, ai fini dell’esenzione in esame, il fatto che l’attivita’ di locazione di detti alloggi, avente connotati d’economicita’, persegua una finalita’ di pubblico interesse (v. tra le altre Cass. n. 10827 del 2005, n. 18838 del 2006 e, da ultimo, SU n. 28160 del 2008).

Peraltro, anche con riguardo alla previsione di cui alla lett. a), la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’ ha affermato che l’esenzione dall’ICI prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a), per gli immobili posseduti dagli enti ivi indicati “destinati esclusivamente ai compiti istituzionali”, spetta soltanto se l’immobile e’ direttamente e immediatamente destinato allo svolgimento di tali compiti, ipotesi che non si configura quando il bene venga utilizzato per attivita’ di carattere privato, come avviene, in linea di massima, in tutti i casi in cui il godimento del bene stesso sia concesso a terzi verso il pagamento di un canone (v.

Cass. n. 20577 del 2005).

Col secondo motivo, deducendo violazione ed errata applicazione del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 66, comma 14, convertito in L. 29 ottobre 1993, n. 427, oltre che vizio di motivazione, l’Agenzia ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui i giudici d’appello hanno ritenuto l’inapplicabilita’ nella specie della moratoria fiscale prevista dalla norma in questione, sostenendo che l’affermata inapplicabilita’ sarebbe il frutto di una interpretazione restrittiva della norma non giustificata dal suo dato letterale. La censura e’ infondata.

In proposito, premesso che una lettura sistematica della disposizione in parola (soprattutto con riguardo alla considerazione che l’esenzione temporanea dalle imposte e’ in essa subordinata al rispetto delle condizioni dettate dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 70 e 73 – attraverso cui il legislatore aveva disciplinato il passaggio dal regime fiscale agevolato a quello ordinario esclusivamente in relazione alle imposte sui redditi -), lascia ritenere che la suddetta esenzione riguardi solo i tributi erariali, e’ sufficiente rilevare che, con decisione n. 2003/193/CE, il regime agevolativo in questione e’ stato dichiarato in contrasto con le disposizioni in materia di concorrenza previste dagli artt. 86 e 87 del Trattato C.E..

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.600,00 di cui Euro 2400,00 per onorari oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2010

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