Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8853 del 13/05/2020
Cassazione civile sez. I, 13/05/2020, (ud. 07/01/2020, dep. 13/05/2020), n.8853
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1925/2019 proposto da:
R.A., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria
Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso
dall’Avvocato Danilo Lombardi, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1201/2018 della CORTE di APPELLO di FIRENZE,
depositato il 29/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/01/2020 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto.
Fatto
FATTI DI CAUSA
R.A., proveniente dal (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione, con due mezzi, avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze in epigrafe indicata.
La Corte territoriale, avendo rilevato che l’impugnazione concerneva la sola domanda di protezione umanitaria, la ha disattesa, avendo accertato che non risultava comprovato l’inserimento socio-lavorativo e le problematiche di salute del richiedente erano state risolte. Ha ritenuto non decisiva la ricorrenza di scontri etnici in Ghana perchè in corso tra etnie diverse da quelle a cui appartiene il ricorrente.
Il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è articolato nei seguenti due motivi:
Primo motivo: Violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che impone al giudicante di accertare la reale situazione esistente nel Paese di provenienza, con riferimento al rischio di persecuzione o di pericolo dedotta.
Secondo motivo: Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in tema di accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria. Si duole che la Corte di appello non abbia valutato l’inserimento socio-lavorativo.
2. Il primo motivo è inammissibile perchè la questione proposta esorbita del thema decidendum, circoscritto – sin dalla proposizione dell’appello – alla sola richiesta di protezione umanitaria.
Il secondo motivo è inammissibile perchè il ricorrente esprime una generica doglianza senza puntualmente replicare alla decisione impugnata, che ha, invece, accertato che l’inserimento del richiedente in Italia non era ben consolidato, stante la precarietà delle attività lavorative e la mancanza di legami sociali rilevanti.
3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede in ordine alle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).
P.Q.M.
– Dichiara inammissibile il ricorso;
– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 7 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2020