Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8850 del 30/04/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8850 Anno 2015
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 23525-2013 proposto da:
VAGNOZZI MARCO VGNMRC77B08H501F, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 82, presso lo studio
dell’avvocato LEONIDA CARNEVALE, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato CLAUDIO ROSCIONI giusta procura in
calce al ricorso;

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

Data pubblicazione: 30/04/2015

avverso la sentenza n. 77/22/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA del 16/02/2013, depositata
il 04/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

In fatto e in diritto
L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti di Vagnozzi Marco un avviso di
liquidazione relativo alla revoca del beneficio dell’IVA agevolata per acquisto
della prima casa.
Il contribuente impugnava l’atto innanzi alla Ctp di Roma che accoglieva il
ricorso. Interposto appello da parte dell’ufficio, la CTR del Lazio, con la
sentenza n.77/22/13 depositata il 4.3.2013, accoglieva l’impugnazione
rigettando il ricorso del contribuente.
Riteneva il giudice di appello che l’atto impugnato non era privo di motivazione
e consentiva al contribuente il diritto di difesa. L’assenza degli estremi dell’atto
di rivendita dell’immobile non erano decisivi, essendo noti al contribuente che
aveva partecipato all’atto medesimo. Se d’altra parte l’atto di rivendita non
fosse mai venuto ad esistenza, appariva strano che il contribuente avesse
impugnato l’avviso per difetto di motivazione e non per assenza dei
presupposti. In ogni caso l’Ufficio aveva prodotto l’atto nel corso del giudizio
di secondo.
In definitiva il contribuente aveva trasferito l’immobile nel quinquennio in tal
modo perdendo il diritto al beneficio.
Con l’unico motivo proposto il contribuente ha dedotto la violazione dell’art.7
1.n.212/2000 e della 1.n.241/1990. Lamenta che sia l’Ufficio che la CTR
avevano ritenuto la legittimità dell’atto sulla sola base del fatto che il tributo era
comunque dovuto e che l’atto era privo di “qualunque documentazione a
supporto atta a consentire l’individuazione dell’oggetto della pretesa stessa”.
Secondo il ricorrente l’atto doveva contenere in modo dettagliato la base
imponibile, la liquidazione dell’imposta, la fissazione del regime
dell’obbligazione tributaria e, nel caso di specie, ogni dettaglio relativo
all’immobile, oggetto di tributo e l’atto di vendita che avrebbe generato la
sanzione.
Era dunque errato il ragionamento esposto dalla CIR. Del resto, lo stesso
contegno processuale dell’Agenzia, che aveva prodotto in fase di gravame l’atto
di rivendita, dimostrava la fondatezza della censura.
L’Agenzia delle entrate si è costituita al solo scopo dell’eventuale
partecipazione all’udienza di discussione. La parte ricorrente ha depositato
memoria.
La doglianza è manifestamente inammissibile.
Ed invero, la parte contribuente ha impugnato la sentenza della CTR
prospettando un vizio di violazione di legge senza considerare che nel caso
concreto il giudice di appello aveva, con giudizio di fatto congruamente
Ric. 2013 n. 23525 sez. MT – ud. 04-03-2015
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CONTI.

motivato e quindi incensurabile in sede di legittimità, affermato che l’atto
impugnato conteneva gli elementi che consentivano al contribuente di esercitare
il diritto di difesa, specificando che si discuteva di agevolazione fiscale revocata
in seguito all’alienazione dell’immobile senza acquisto entro l’anno di altro
cespite da adibire ad abitazione principale, inoltre traendo il convincimento
dell’inutilità dell’indicazione dell’atto di rivendita in quanto allo stesso aveva
preso parte lo stesso contribuente.
In definitiva, rispetto a tale giudizio di fatto operato dalla CTR la censura in
punto di violazione di legge appare mal posta, non ponendosi in discussione la
violazione dell’art.7 1.n.212/2000 ipotizzata dal ricorrente, ma l’accertamento in
concreto operato dalla CTR circa la (ritenuta) sussistenza degli elementi idonei
a rendere possibile l’esercizio del diritto di difesa del contribuente che, peraltro,
il predetto non ha nemmeno impugnato con una censura relativa alla
motivazione della decisione qui in esame.
Sulla base delle superiori considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi
esposti in memoria dalla parte ricorrente, il ricorso non può che essere
disatteso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c.
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pa amento delle s ese
in
o
processuali che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate i
euro 1800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art.13 comma 1 quater del
dPR n.115/2002 per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a
norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso nella camera di consiglio della VI sezione civile il 4.3.2015 in

(-7

“(

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