Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8849 del 14/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/04/2010, (ud. 10/02/2010, dep. 14/04/2010), n.8849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI VITERBO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA NIZZA 22, presso lo studio dell’avvocato

BRENCIAGLIA ENRICO, rappresentato e difeso dall’avvocato COSTA

CESARE, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE 90 SRL;

– intimato –

sul ricorso 28855-2006 proposto da:

IMMOBILIARE 90 SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 2, presso lo

studio dell’avvocato MAMMOLA ALBERTO, che lo rappresenta e difende

giusta delega in calce;

– controricorrente e ric. inc.le –

contro

COMUNE DI VITERBO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA NIZZA 22 presso lo studio dell’avvocato

BRENCIAGLIA ENRICO, rappresentato e difeso dall’avvocato COSTA

CESARE, giusta delega in calce;

– controricorrente a ricorso inc.le –

avverso la sentenza n. 160/2005 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 21/12/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/02/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato COSTA CESARE, che si riporta agli

scritti, e ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale, il

rigetto di quello incidentale;

udito per il resistente l’Avvocato MAMMOLA ALBERTO, che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento di entrambi i

ricorsi per quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con cinque avvisi di accertamento in pari data, notificati il (OMISSIS), il Comune di Viterbo, rilevato che la società Immobiliare 90 s.r.l. non aveva provveduto alla denuncia a fini ICI di terreni edificabili di sua proprietà siti nel territorio comunale, recuperava a tassazione gli importi relativi, oltre irrogazione di sanzioni per ogni distinta annualità ed interessi, relativamente agli anni dal 1996 al 2000.

Gli avvisi erano impugnati dalla società contribuente innanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo, sul rilievo della carenza del requisito di edificabilità delle aree in questione, della eccessività del valore venale attribuito, della erroneità del criterio di applicazione delle sanzioni.

La Commissione provinciale, riuniti i ricorsi, rideterminava i valori delle aree in misura inferiore a quanto ritenuto dal Comune, e dichiarava la applicabilità della sanzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 14, solamente alla prima annualità ovvero al 1996.

Su appello principale della società ed incidentale del Comune la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza n. 160/33/05 pronunciata il 20-10-05, depositata il 21-12-05, respingeva entrambi i gravami e confermava la sentenza impugnata.

Avverso la sentenza ricorre per cassazione il Comune di Viterbo, con due motivi.

Resiste la società con controricorso e formula ricorso incidentale con un motivo. Entrambe le parti depositano memorie difensive.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, i ricorsi principale ed incidentale devono essere riuniti sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale il Comune deduce violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, e del citato D.Lgs., art. 7 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e carenza totale di motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia.

Premesso che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, prevede che “per le aree fabbricabili il valore è quello costituito da quello venale in comune commercio al 1^ gennaio dell’anno di imposizione, avuto riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione di uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati dal mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche” il Comune espone di avere adottato la Del. n. 840 del 2002, con la quale aveva diviso i terreni con potenzialità edificabile in zone, (tra cui G/1. F/2); di avere suddiviso la prima (G/1, di particolare pregio) in ulteriori zone, a seconda della presenza o meno di un piano attuativo di fabbricazione;

di avere distinto ciascuna zona in fasce, a seconda della distanza dalle vie di comunicazione; di avere assegnato a ciascuna di queste un diverso valore venale, tratto dalla comparazione con i contratti di compravendita di terreni in zone limitrofe; di avere assegnato alla zona F/2, interessata dal piano attuativo e limitrofa alla zona G/1, un valore commerciale corrispondente a tali caratteristiche.

Sottolineava che tale classificazione, con attribuzione a ciascuna zona o fascia evidenziata di un particolare valore venale, era stata adottata anche ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 52 e 59, onde creare in via preventiva certezza sul punto e ridurre il contenzioso.

Esponeva quindi che i terreni oggetto di controversia erano in parte ricompresi nella zona G/1 terza fascia, ed in parte nella zona F72:

pertanto i valori unitali attribuiti (Euro 30,98 al mq per G/1, 28,41 al mq per F/2) erano da considerarsi formulati nel rispetto dei criteri di legge ed in fatto congrui.

Sulla scorta di tali elementi di fatto, rileva che la Commissione di appello, premessa una generica approvazione dei criteri seguiti dal Comune nella valutazione delle aree, respingeva la specifica doglianza del Comune in sede di appello e confermava la riduzione di valore dei terreni operata dai primi giudici nella sentenza di primo grado osservando che “questi ultimi, infatti, sulla scorta di valide osservazioni circa la ubicazione dei terreni e di comparazione tra i valori degli stessi con richiami alla zone interessate, che appaiono pienamente condivisibili, hanno determinato il valore dei terreni in parola facendo riferimento a due tipi di zona; G/1 e F/2, riconoscendo nella prima zona il valore di Euro 28,00 al mq ed a quelli ricompresi nella seconda zona il valore di Euro 19,00 al mq”.

Sostiene in proposito il Comune ricorrente che si verte in ipotesi di motivazione meramente apparente, sia perchè formulata “per relationem” con riferimento alla sentenza di primo grado senza alcuna esposizione in fatto di tali supposte motivazioni cui fa riferimento, sì da rendere impossibile determinare l’iter logico della decisione, sia perchè tali motivazioni nella sentenza di primo grado in effetti non sussistevano. Con il secondo motivo deduce violazione del D.Lgs. n. 507 del 1992, art. 10, comma 4, art. 14, comma 1, nonchè carenza totale di motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto ad avviso della ricorrente, stante la autonomia dei periodi di imposta, la sanzione di cui al D.Lgs. citato, art. 14, riferita alla ipotesi di mancata od omessa dichiarazione ai fini ICI, si applica per ciascuna annualità per cui tale denuncia sia stata omessa, ovvero per ciascuno degli anni in contestazione.

Pertanto la asserzione in proposito della Commissione Regionale (“la sanzione per omessa denuncia va applicata soltanto al primo anno e non singolarmente per tutti gli anni successivi) non correlata ad alcuna spiegazione di tale assunto da un lato era viziata da violazione di legge, dall’altro configurava ipotesi di difetto assoluto di motivazione, non potendosi evincere il fondamento della decisione sul punto.

Con il controricorso, la società sostiene la infondatezza del secondo motivo di ricorso principale, asserendo che, essendo unico l’obbligo di dichiarazione, anche la sanzione deve essere unica, non dovendo la dichiarazione essere reiterata per ciascuna annualità di imposta.

Svolge inoltre ricorso incidentale sugli stessi presupposti del primo motivo di ricorso principale (violazione del D.Lgs. n. 507 del 1992, art. 5, comma 5, ed omessa e carente motivazione su punto decisivo della controversia) su di un rilievo speculare ed opposto rispetto al Comune ricorrente, in quanto ad avviso della società contribuente il valore commerciale attribuito dalla Commissione ai terreni era eccessivo, dovendosi tenere conto 1) che era fuor di logica che un terreno acquistato nel 1990 per una somma ritenuta congrua dall’Ufficio del Registro aumentasse in pochi anni di valore in ragione di otto volte, senza variazione di destinazione urbanistica del terreno; 2) che la valutazione del Comune che recepiva quella formulata dall’UTE nel 2002 potesse essere congrua con riferimento agli anni anteriori oggetto di accertamento; 3) che il piano di lottizzazione era stato approvato solo nel 1999; 4) che vi era perizia di stima in atti presentata da essa contribuente, che motivatamente assegnava ai terreni un valore inferiore a quello ritenuto congruo dal Comune.

Sostiene pertanto che la Commissione non aveva per nulla tenuto conto di siffatti elementi, incorrendo quindi sia nel vizio di violazione di legge contestato che in quello di carenza assoluta di motivazione.

I motivi di ricorso principale ed incidentale sono fondati.

Possono trattarsi congiuntamente in quanto, pur se da prospettive diverse, hanno ad oggetto il medesimo presupposto, il primo motivo del ricorso principale e l’unico del ricorso incidentale.

Risulta evidente che la Commissione Regionale, con l’inciso sopra riportato in relazione al motivo del ricorso principale, opera una motivazione “per relationem” rispetto alla motivazione della sentenza appellata inammissibile in sè, in quanto opera un mero rinvio a considerazioni che si assumono espresse dal primo giudice senza riportarle, o quantomeno enunciarne la sintesi, omettendo ogni riferimento concreto alla materia controversa, sì da non consentire un controllo sul procedimento logico seguito dal giudicante per addivenire alla decisione, verificandosi così ipotesi di motivazione meramente apparente (v. Cass. n. 662 del 2004); e tanto più in quanto è provato, per testuale citazione della sentenza di primo grado, che tali motivazioni richiamate non sussistevano, avendo anche il primo giudice operato una valutazione dei terreni con una mera enunciazione apodittica.

Tale modo di procedere si traduce sia nella violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, che detta i criteri da seguire per giungere ad una corretta e congrua valutazione del valore dei terreni al fine di applicare l’ICI, sia nel difetto di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Risulta chiaro, pertanto, che risultano non prese in considerazione nè le argomentazioni del Comune circa la correttezza del proprio operato in sede di stima, sia quelle analoghe ma di segno opposto espresse dalla società contribuente al fine di dimostrare il minor valore commerciale dei terreni considerati.

Deve pure trovare accoglimento il secondo motivo del ricorso principale. E’ infatti principio che la Corte condivide (v. da ultimo la sent. n. 932 del 2009 di questa Corte) che in tema di imposta comunale sugli immobili, l’obbligo, posto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 4, di denunciare il possesso ovvero di dichiarare le variazioni degli immobili già dichiarati qualora incidenti sulla determinazione della imposta, non cessa allo scadere del termine fissato dal legislatore con riferimento all’inizio del possesso (e per gli immobili posseduti al 1^ gennaio 1993 con la scadenza del termine per la dichiarazione dei redditi relativa all’anno 1992) ma permane finchè la dichiarazione (o denuncia) non sia presentata e determina, per ciascun anno di imposta, una autonoma violazione punibile ai sensi del citato D.Lgs, art. 14, comma 1.

E’ infatti errato ritenere che la violazione dell’obbligo di denuncia abbia natura istantanea, ovvero si esaurisca con la mera violazione del primo termine dettato a tal fine dal legislatore, in forza della considerazione che la disposizione in esame produce effetto (in mancanza di variazioni) anche per gli anni successivi, in quanto è ovvio che tale effetto (c.d. ultrattività della dichiarazione) possa solamente verificarsi in presenza di una dichiarazione, e non in assenza della stessa. Per cui, ove detta dichiarazione (o denuncia) sia stata omessa in relazione ad una annualità di imposta, detto obbligo non viene meno in relazione alla annualità successiva, sicchè la sanzione può essere evitata solo con la presentazione di una denuncia valida anche ai fini della annualità considerata.

Ne consegue che in assenza dichiarazione ogni annualità di imposta deve essere gravata della sanzione di cui all’art. 14 cit., comma 1.

La sentenza deve quindi essere cassata, e rinviata per nuovo esame a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che provvederà anche sulle spese di questa fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il principale e l’incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2010

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