Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8848 del 14/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/04/2010, (ud. 10/02/2010, dep. 14/04/2010), n.8848

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI VITERBO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA ELEONORA D’ARBOREA 30 presso lo studio legale

CARTONI, rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELONI ANGELO, giusta

delega in calce;

– ricorrente –

contro

E.E.M., E.V.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 112/2005 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 26/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/02/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E.E.M. ed E.V.M. impugnavano gli avvisi di accertamento emessi dal Comune di Viterbo con i quali era recuperata a tassazione la imposta comunale sugli immobili relativamente ad un fabbricato di loro proprietà sito nel territorio di detto Comune per gli anni dal 1995 al 1999, oltre sanzioni ed interessi.

Sostenevano le contribuenti che ai sensi della L. n. 342 del 2000, art. 74, il Comune non poteva richiedere la imposta relativamente agli anni precedenti la notificazione della rendita.

La Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo riuniti i ricorsi li respingeva relativamente alla debenza della imposta, ma asseriva non dovute sanzioni ed interessi in applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8.

Proponeva appello il Comune, assumendo la errata e non motivata applicazione dell’art. 8 citato.

La Commissione Tributaria Regionale del Lazio con sentenza n. 112/04/05 in data 14-7-2005, depositata il 26-10-2005 respingeva il gravame, con motivazione che faceva riferimento sia alla L. n. 342 del 2000, art. 74, che al D.Lgs. n. 546 del 2000, art. 8.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Comune, con due motivi.

Le contribuenti non svolgono attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il Comune deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, nonchè motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria su un punto decisivo della controversia.

Rileva al proposito che la Commissione Regionale ha ritenuto applicabile alla fattispecie la legge citata, art. 74.

Peraltro, il primo giudice, dichiarando dovuta la imposta pretesa dal Comune, aveva escluso la applicazione della citata norma, con decisione coperta da giudicato interno.

Ciò, ad avviso dell’ente ricorrente, impedisce di comprendere sotto quale profilo venga in considerazione detto disposto normativo, ed a quale comma del medesimo debba farsi riferimento, al fine di escludere interessi e sanzioni, attesa la assenza di motivazione in ordine a tali questioni.

Con il secondo motivo, deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, nonchè motivazione illogica e contraddittoria.

Sostiene infatti che, qualora debba ritenersi che la Commissione, confermando la decisione del primo giudice, abbia optato per la applicabilità dell’art. 8 citato, in primo luogo avrebbe errato sotto il profilo dell’ambito di applicazione della norma, che concerne la non irrogazione delle sanzioni non penali per il caso di errore scusabile del contribuente per obiettiva incertezza della disposizione di legge di riferimento, ma non tocca gli interessi sulle somme dovute; in secondo luogo, sarebbe incorso nel vizio di motivazione, avendo enunciato in proposito un semplice fatto (l’avere le contribuenti effettuato denuncia di variazione al catasto nel 1986 in relazione alle modifiche apportate all’immobile antecedentemente al 1993) senza spiegare il fondamento di una possibile presunzione di buona fede da tale fatto emergente in capo alle contribuenti.

Premesso che la sentenza impugnata è stata pubblicata in data anteriore al 1 marzo 2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che ha introdotto l’art. 366 bis c.p.c., e che pertanto i quesiti di diritto esposti nei motivi sono irrilevanti, occorre in primo luogo procedere ad una interpretazione della sentenza, onde valutare la fondatezza o meno dei mezzi di censura addotti.

E’ evidente la esistenza di una ” doppia motivazione” nel senso che da un lato si confuta in fatto la asserzione del Comune appellante che attribuisce una infedeltà di dichiarazione in sede ICI alle contribuenti ostativa a ritenere la buona fede delle medesime e quindi la applicabilità del D.Lgs. n. 546 del 2002, art. 8, sulla base della denuncia da parte di queste nel 1986 di variazione di classamento dell’immobile per fusione ed ampliamento, e dall’altra si ritiene applicabile alla fattispecie la L. n. 342 del 2000, art. 74, ritenuta idonea, alla luce di giurisprudenza di questa Corte, ad escludere interessi e sanzioni per gli immobili la cui rendita è stata notificata dopo il primo gennaio 2000.

Punto essenziale del provvedimento impugnato è il seguente: “orbene questa Commissione ribadisce che la norma più favorevole alle contribuenti alla luce della citata sentenza della Cassazione è la L. n. 342 del 2000, art. 74, ma poichè l’effetto della applicazione di una delle due norme (l’altra è il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, n.d.e.) è il medesimo, anche se i presupposti sono diversi ritiene di confermare la sentenza dei primi Giudici.

Deve quindi concludersi che effettivamente la motivazione è duplice, sulla base di una asserita “fungibilità” nel caso concreto di entrambe le norme menzionate, nel senso che muovendo da presupposti diversi giungono allo stesso risultato di consentire la non irrogazione di sanzioni ed interessi.

La prima conseguenza di tale risultato interpretativo è la fondatezza di entrambi i motivi esposti dal Comune sotto il profilo della carenza e contraddittorietà della motivazione.

Invero, la Commissione ritiene applicabile la legge cit., art. 74, asserendo come dato certo che da questo deriva la non debenza di interessi e sanzioni, senza spiegare in alcun modo quale parte del citato disposto di legge sia applicabile e le ragioni di fatto e diritto che conducano a questa conclusione. Del pari, si ritengono infondate in sentenza le argomentazioni del Comune contrarie alla applicazione dell’art. 8 citato, da parte dei primi giudici, con la mera menzione di un fatto di per sè non univocamente concludente senza illustrare i motivi che possano giustificare la incertezza delle norme applicate in primo grado e la esistenza dei presupposti di fatto dell’articolo di legge menzionato, rendendo così impossibile comprendere e valutare l’iter logico seguito nella decisione in ordine ad entrambe le norme ritenute applicabili.

I motivi di diritto rimangono assorbiti, per incertezza sulla stessa intelligibilità dei presupposti applicativi delle norme in questione, ad eccezione del rilievo relativo all’ambito di efficacia del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, che conformemente all’assunto del Comune ricorrente, deve in effetti intendersi limitato alla non irrogazione delle sole sanzioni non penali, rimanendo esclusi gli interessi, che non hanno natura sanzionatoria ma meramente risarcitoria.

La sentenza deve quindi essere cassata e rinviata, per nuovo esame, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che provvederà anche sulle spese di questa fase di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2010

 

 

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