Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8848 del 13/05/2020

Cassazione civile sez. un., 13/05/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 13/05/2020), n.8848

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14182/2018 proposto da:

D.F.R.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PRINCIPESSA CLOTILDE 2, presso lo studio dell’avvocato ANGELO

CLARIZIA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTE

25;

AUTOSTRADE DEL LAZIO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE BELLE ARTI 8,

presso lo studio dell’avvocato IGNAZIO ABRIGNANI, che la rappresenta

e difende;

– controricorrenti –

e contro

S.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 511/2017 della CORTE DEI CONTI – III SEZIONE

GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 06/11/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso;

uditi gli avvocati Angelo Clarizia e Tiberio Saragò per delega

dell’avvocato Ignazio Abrignani.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 6/11/2017 la Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale centrale d’appello, dichiarato inammissibile il gravame interposto dal sig. S.F., in parziale accoglimento di quello spiegato dal sig. D.F.R.V. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio 11/9/2015, ha -per quanto ancora d’interesse in questa sede – rideterminato in diminuzione l’ammontare della somma liquidata a carico del D.F., per avere – nella sua qualità di Direttore p.t. del Dipartimento Territorio Regione Lazio – contribuito a determinare a condizioni diseconomiche l’importo dell’accordo transattivo del 2009 volto alla definizione dei rapporti tra la società Arcea Lazio s.p.a. e la Regione Lazio relativi ai costi dalla prima sostenuti in relazione a progettazioni (commissionate tra il 2005 e il 2007 ed eseguite fino a tutto il 2010) concernenti interventi infrastrutturali sulla rete autostradale regionale (corridoio tirrenico (OMISSIS)).

Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello contabile il D.F. propone ora ricorso per cassazione ex art. 362 c.p.c. e art. 111 Cost., affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con separati controricorsi la Procura Generale presso la Corte dei Conti e la società Autostrade del Lazio s.p.a., la quale ultima ha presentato anche memoria.

Con conclusioni scritte del 27/11/2019 il P.G. presso questa Corte ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con tutti i motivi il ricorrente denunzia violazione dell’art. 111 Cost., art. 362 c.p.c..

Lamenta che, a fronte dell’affermazione della Procura contabile in 1 grado all’udienza dell’11/10/2017 secondo cui all’esito della transazione “il “danno erariale” era stato “eliso””, con conseguente cessazione della “materia del contendere”, il giudice contabile di prime cure ha pronunziato con “assurdo, incredibile superamento della domanda del PM contabile con la modificazione, a causa introitata in decisione, senza preavviso, del perimetro della controversia”; e che il giudice contabile d’appello abbia poi “ulteriormente mutato la prospettiva del primo Giudice introducendo l’elemento – mai prospettato prima – del danno alla Società Autostrade del Lazio s.p.a.”, a tale stregua esulando “dai limiti della funzione giurisdizionale” e violando “irrimediabilmente il diritto di difesa”, e pertanto travalicando “i limiti esterni” del potere giurisdizionale attribuiti alla Corte dei Conti in quanto supera le scelte discrezionali insindacabili ai sensi della L. n. 10 del 1994, art. 1 comma 1″.

Si duole che la “situazione configura una palese abdicazione della funzione giurisdizionale censurabile in Cassazione”, non essendo stato “accertato da nessuno – nè dalla Procura nè dalla Corte territoriale nè dalla Corte d’appello – quale sia l’effettiva imputazione dei pagamenti rispetto alle prestazioni svolte, conseguendone l’illegittimità della condanna per l’impossibilità – a prescindere da come si voglia configurare la vicenda – di concretizzare e specificare l’ambito reale del presunto danno”.

Il ricorso è sotto plurimi profili inammissibile.

Come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare, l’eccesso di potere denunziabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione va invero riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione (che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale) o difetto relativo di giurisdizione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici), e in coerenza con la relativa nozione posta da Corte Cost. n. 6 del 2018 (che non ammette letture estensive neanche limitatamente ai casi di sentenze “abnormi”, “anomale” ovvero di uno “stravolgimento” radicale delle norme di riferimento), tale vizio non è configurabile in relazione ad errores in procedendo, i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale del giudice amministrativo e dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 6/7/2019, n. 18079; Cass., Sez. Un., 20/3/2019, n. 7926).

Il sindacato di queste Sezioni Unite sulle decisioni del giudice contabile (e del giudice amministrativo) è quindi circoscritto all’eventuale violazione dei limiti esterni della giurisdizione, e non si estende anche alla verifica degli errores in procedendo, qual è in particolare il difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunziato (cfr. Cass., Sez. Un., 22/4/2013, n. 9687; Cass., Sez. Un., 4/10/2012, n. 16849; e, da ultimo, Cass., Sez. Un., 10/9/2019, n. 22569; Cass., Sez. Un., 20/3/2019, n. 7926, ove si fa riferimento anche a pronunzie di inammissibilità della domanda derivante dall’applicazione di norme processuali ritenute ostative al relativo esame (Cass., Sez. Un., 27/6/2003, n. 10287) o dalla negazione dell’esistenza di condizioni dell’azione (Cass., Sez. Un., 14/1/2015, n. 475) o dal mancato esame di questione procedurale (Cass., Sez. Un., 17/11/2016, n. 23395)), nonchè degli errores in iudicando, salvo i casi di radicale stravolgimento delle norme di riferimento tali da ridondare in denegata giustizia (cfr. Cass., Sez. Un., 14/11/2018, n. 29285).

Atteso che come queste Sezioni Unite hanno già avuto più volte modo di affermare ai sensi dell’art. 386 c.p.c., la giurisdizione va determinata in base al petitum sostanziale della domanda (e cioè dello specifico oggetto e della reale natura della controversia, da identificarsi in funzione della causa petendi, in relazione alla protezione accordata dall’ordinamento alla posizione medesima, a prescindere dalla prospettazione della parte), e pertanto in ragione dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati (cfr., in tema di risarcimento del danno nei confronti della P.A., Cass., Sez. Un., 5/7/2013, n. 16883; Cass., Sez. Un., 11/10/2011, n. 20902; Cass., Sez. Un., 25/07/2011, n. 16168; Cass., Sez. Un., 25/6/2010, n. 15323; Cass., Sez. Un., 4/1/2007, n. 14. E, da ultimo, Cass., Sez. Un., 7/4/2015, n. 6916; Cass., Sez. Un., 25/2/2016, n. 3732), si è altresì sottolineata l’irrilevanza del mutamento nel corso del giudizio contabile dell’individuazione del danneggiato, trattandosi di questione attinente al merito, e nella specie di soggetti entrambi pubblici (cfr. Cass., Sez. Un., 8/5/2018, n. 9280).

Sotto altro profilo, con riferimento alle decisioni del giudice amministrativo si è da queste Sezioni Unite posto in rilievo che le stesse possono dirsi essere viziate per eccesso di potere giurisdizionale e, quindi, sindacabili per motivi inerenti alla giurisdizione, soltanto laddove detto giudice, eccedendo i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando nella sfera del merito (riservato alla P.A.), compia una diretta e concreta valutazione della opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella dell’amministrazione, così esercitando una giurisdizione di merito in situazioni che avrebbero potuto dare ingresso soltanto a una giurisdizione di legittimità (cfr. Cass., Sez. Un., 30/10/2013, n. 24468).

Si è altresì sottolineato che nei giudizi di responsabilità amministrativa, poichè in via generale l’amministrazione deve provvedere ai suoi compiti con mezzi, organizzazione e personale propri, la Corte dei Conti può valutare se gli strumenti scelti dagli amministratori pubblici siano adeguati oppure esorbitanti ed estranei rispetto al fine pubblico da perseguire, e la verifica della legittimità dell’attività amministrativa non può prescindere dalla valutazione del rapporto tra gli obiettivi conseguiti e i costi sostenuti (cfr., per la negazione che violi i limiti esterni della giurisdizione contabile e quelli relativi alla riserva di amministrazione la pronuncia con la quale la Corte dei Conti ritenga illegittimo il ricorso ad incarichi esterni in assenza dei presupposti previsti dalla legge, Cass., Sez. Un., 23/11/2012, n. 20728; Cass., Sez. Un., 23/1/2012, n. 831).

Si è in proposito ulteriormente osservato come la discrezionalità riconosciuta agli amministratori pubblici nell’individuazione della soluzione più idonea nel singolo caso concreto a realizzare l’interesse pubblico perseguito (causa e limite intrinseco e funzionale dell’attività della P.A.) è legittimamente esercitata in quanto risultino osservati i criteri giuridici informatori dell’agere della P.A. dettati dalla Costituzione (art. 97), codificati alla L. n. 20 del 1994, art. 1, comma 1 (“L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità”), come modificato dalla L. n. 546 del 1993, art. 3 (“ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali”), ribaditi dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 1 e dalla L. n. 286 del 1999, art. 1, comma 1 (“Le pubbliche amministrazioni devono: a) garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa (controllo di regolarità amministrativa e contabile); b) verificare l’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati (controllo di gestione)”).

Pertanto, le scelte degli amministratori, dovendo conformarsi ai suddetti criteri di legalità e a quelli giuridici di economicità (ottimizzazione dei risultati in relazione alle risorse disponibili), di efficacia (idoneità dell’azione amministrativa alla cura effettiva degli interessi pubblici da perseguire, congruenza teleologia e funzionale) e di buon andamento, sono soggette al controllo della Corte dei Conti, in quanto assumono rilevanza sul piano della legittimità e non della mera opportunità dell’azione amministrativa.

A tale stregua, non eccede la giurisdizione contabile non solo la verifica se l’amministratore abbia compiuto l’attività per il perseguimento di finalità istituzionali dell’ente, ma anche se nell’agire amministrativo abbia rispettato tali norme e principi giuridici, sicchè la Corte dei Conti non viola il limite giuridico della “riserva di amministrazione” (da intendere come preferenza tra alternative, nell’ambito della ragionevolezza, per il soddisfacimento dell’interesse pubblico) nel controllare anche la giuridicità sostanziale (e cioè l’osservanza dei criteri di razionalità, nel senso di correttezza e adeguatezza dell’agire, logicità, e proporzionalità tra costi affrontati e obbiettivi conseguiti, costituenti al contempo indici di misura del potere amministrativo e confini del sindacato giurisdizionale) dell’esercizio del potere discrezionale.

Non travalica dunque il limite esterno della giurisdizione contabile nè quelli relativi alla riserva di amministrazione la pronunzia con la quale come nella specie la Corte dei Conti ravvisi la non adeguatezza o esorbitanza rispetto al fine pubblico da perseguire (cfr., con riferimento alla diversa ipotesi dell’illegittimità del ricorso ad incarichi esterni in assenza dei presupposti previsti dalla legge, nonchè con riferimento a consulenze, pareri e difesa giudiziale alla luce dei presupposti legali e delle clausole generali di giuridicità innanzi richiamati al fine di verificare la legittimità della scelta e la correttezza della gestione delle risorse pubbliche per i compensi corrisposti, alla luce anche del fondamentale principio del buon andamento e della ragionevole proporzionalità tra costi e benefici in relazione ai fini da perseguire, Cass., Sez. Un., 5/3/2009, n. 5288; Cass., Sez. Un., 9/5/2011, n. 10069; Cass., Sez. Un., 13/6/2011, n. 12902; Cass., Sez. Un., 23/1/2012, n. 831; Cass., Sez. Un., 13/2/2012, n. 1979; Cass., Sez. Un., n. 20728 del 2012; Cass., Sez. Un., n. 4283 del 2013; ancora, con riferimento all’attività amministrativa di potenziamento del servizio 118, Cass., Sez. Un., 14/5/2014, n. 10416).

L’insindacabilità “nel merito” delle scelte discrezionali compiute dai soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti non comporta infatti che esse siano sottratte al sindacato giurisdizionale di conformità alla legge formale e sostanziale che regola l’attività e l’organizzazione amministrativa (v. Cass., Sez. Un., 28/6/2018, n. 17121).

Orbene, le suindicate ipotesi di violazione dei limiti esterni della giurisdizione contabile invero non ricorrono nella specie.

A fronte dell’affermazione contenuta nell’impugnata sentenza in base alla quale “l’intervenuto pagamento alla Regione Lazio da parte della soc. Autostrade del Lazio s.p.a…. quale corrispettivo delle progettazioni del Corridoio intermodale (OMISSIS), con provvista data dalla Delib. CIPE n. 50 del 2008 e Delib. CIPE n. 88 del 2010, non ha in alcun modo realizzato un’elisione del danno erariale contestato, ma soltanto una mera trasposizione del danno stesso dalla Regione Lazio alla soc. Autostrade del Lazio”, con l’ulteriore rilievo che “quest’ultima, in realtà, pagando l’intero importo degli oneri concessori, si è anche assunta integralmente la quota di danno subita esclusivamente dalla Regione Lazio prima del pagamento in esame”, sicchè “il danno erariale oggetto del presente giudizio… rimane sussistere nella sua dimensione ontologica e patrimoniale quale mancato risparmio derivante dall’omessa applicazione di ribassi d’asta”, con la conseguenza che “nella vicenda in esame il reale danneggiato deve individuarsi nella soc. Autostrade del Lazio s.p.a. che ha pagato in corso di causa un prezzo della transazione dal quale continuano a non esser stati scomputati gli usuali ribassi d’asta, con conseguente persistere del danno erariale originario, ancorchè subito da un soggetto pubblico diverso”, l’odierno ricorrente si limita invero a lamentare l'”assurdo, incredibile, superamento della domanda del PM contabile con la modificazione, a causa introitata in decisione, senza preavviso, del perimetro della controversia”.

Si duole che “a fronte dell’incontestata abdicazione da parte del PM contabile alla richiesta di condanna al risarcimento del danno, la Corte dei Conti proceda d’ufficio, peraltro in appello, senza informare la parte convenuta, a causa introitata in decisione, a superare la domanda introdotta in giudizio dalla Procura attrice”, in ragione del “mutamento – avvenuto senza preavviso, neanche in udienza, soltanto con sentenza – del soggetto destinatario del risarcimento”, e che la “Corte di secondo grado” abbia “ulteriormente mutato la prospettiva del primo Giudice introducendo l’elemento – mai prospettato prima – del danno alla Società Autostrade del Lazio s.p.a.”. Con conseguente violazione del “diritto di difesa”, non avendo “il convenuto… potuto eccepire in merito nè in primo grado nè in secondo grado, perchè ogni volta il Giudice ha proceduto ad una riconfigurazione dl danno superando le richieste della Procura (sulle quali il convenuto aveva potuto contraddire)”.

Lamenta che a tale stregua “si introducono elementi nuovi non oggetto di contraddittorio e si modifica la stessa prospettazione della domanda introdotta in giudizio dalla Procura”; si “stravolgono le modalità di attribuzione della responsabilità indipendentemente dalle richieste delle parti”; si “viola il diritto alla tutela giurisdizionale dell’incolpato in assenza di uno specifico vaglio (prima delle eccezioni e poi) dei motivi di appello”; si “impinge il merito amministrativo e le valutazioni di natura contrattuale dell’amministrazione” là dove si spinge il sindacato sulla “misura della quantificazione del valore della progettazione operata in sede ricognitiva sulla scorta di considerazioni che in definitiva riguardano l’opportunità e la convenienza della valutazione effettuata in concreto che rientrano nell’ambito di quelle scelte discrezionali per le quali il legislatore ha stabilito l’insindacabilità”, intervenendosi “nell’ambito della sfera dell’autonomia e dell’attività contrattuale dell’ente pubblico”.

Lamenta ancora che il “sindacato giurisdizionale contabile” nei suoi confronti andasse escluso non già per la carenza di un rapporto di servizio, bensì per l’impossibilità di addebitargli la trasgressione della stessa regola pubblicistica asseritamente violata da chi aveva conferito l’incarico ab initio e, quindi, di assumere che il medesimo avesse violato il dovere pubblicistico di praticare ribassi (quale conseguenza dell’espletamento di una gara ad evidenza pubblica), gravante sulla PA – contraente a monte (e non più recuperabile a valle)”.

Si duole dell'”assoluta apoditticità dell'”accertamento”, in realtà non compiuto e comunque fondato su presupposti errati ed indimostrati”.

Lamenta che “la procedura di partenariato era legittima”, ed essere invero “del tutto indimostrata… la dedotta illegittimità degli affidamenti in questione”.

Orbene, a parte il rilievo che l’odierno ricorrente formula le proprie censure in modo del tutto apodittico laddove pone a fondamento delle medesime atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, all’affidamento da parte della Regione Lazio alla società Arcea Lazio s.p.a. della “realizzazione di tutti gli elaborati progettuali, preliminari e definitivi, connessi sia all’originario “Corridoio (OMISSIS)” sia al successivo “Corridoio intermodale pontino””, al “contratto di servizi di progettazione del 1.6.2014”, al “contratto del 21.6.04 di servizi di assistenza per l’istruttoria e l’approvazione Cipe dei progetti e dei finanziamenti del corridoio tirrenico meridionale e della (OMISSIS)”, al “contratto quadro del 15.6.2005″ all'”integrazione del 1.8.2005”, alla “revisione del sistema di viabilità regionale”, alla consegna del “progetto definitivo Legge Obiettivo n. 443 del 2001”, alla presentazione del “progetto definitivo della tratta (OMISSIS) e dell’intera bretella (OMISSIS)”, alla consegna del “progetto definitivo” e del “SIA delle varianti apportate al progetto definitivo dell’intervento e delle nuove opere connesse introdotte a seguito della Conferenza dei servizi del 28.7.08”, all’individuazione della società “Autostrade del Lazio s.p.a. come soggetto attuatore svolgente le attività e i compiti inerenti Tale qualifica cui sarebbe stato assegnato, per il tramite della Regione Lazio, il contributo già stanziato dal CIPE con Delib. n. 50 del 2004”, al “contenzioso arbitrale attivato sia dal Consorzio 2050 sia da Autostrade per l’Italia ciascuno per suo conto contro la regione Lazio”, al “lodo definitivo del 7.3.2012″, all'”Atto Ricognitivo, predisposto dal consulente della Regione Prof. Avv. Terracciano, a firma del Dott. D.F. (Direttore p.t. del Dipartimento del Territorio) e dei rappresentanti di Arcea, Dott. B.P.L. (presidente) e ing. T.G. (A.D.)”, alla “fattura (OMISSIS) saldata dalla Regione con l’emissione dei mandati di pagamento (OMISSIS)”, alla consegna alla Regione della “documentazione progettuale in copia cartacea e in formato DVD editabile”, al “”Verbale di determinazione dei tempi di consegna delle integrazioni e modifiche” progettuali del 15.3.2010″, alle “fatture emesse dal Consorzio 2050″, all'”attività di assegnazione degli appalti”, alla “determina di aggiudicazione definitiva al Consorzio Stabile SIS s.c.p.a. per l’affidamento in concessione delle attività di progettazione esecutiva, costruzione e gestione del “Corridoio (OMISSIS) e Collegamento (OMISSIS)””, alle somme messe “a disposizione dell’Autostrade del Lazio da parte dell’aggiudicatario della gara di progettazione definitiva, costruzione e gestione appena terminata”) senza invero osservare il requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 6 (v., da ultimo, Cass. Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469), emerge ictu oculi come tali censure in ogni caso attengano al modo di esercizio della giurisdizione e a pretesi error in procedendo per aver il giudice pronunziato in ordine a “questione… del tutto estranea al giudizio”, e pertanto ultra o extra petita.

La ricorrente denunzia quindi un error in procedendo ex art. 112 c.p.c., che invero certamente non investe la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale del giudice amministrativo e dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 10/9/2019, n. 22569; Cass., Sez. Un., 6/7/2019, n. 18079; Cass., Sez. Un., 20/3/2019, n. 7926), nè integra un “radicale stravolgimento delle norme di rito” tale da “implicare un evidente diniego di giustizia” (il quale solo rende configurabile il vizio di eccesso di potere giurisdizionale: cfr., con riferimento alle regole del processo amministrativo, Cass., Sez. Un., 17/1/2017, n. 964; Cass., Sez. Un., 5/12/2016, n. 24742; Cass., Sez. Un., 13/4/2016, n. 7292; Cass., Sez. Un., 29/3/2013, n. 7929; Cass., Sez. Un., 14/9/2012, n. 15428. Cfr. altresì, con riferimento all’error in procedendo costituito dall’applicazione di regola processuale interna incidente nel senso di negare alla parte l’accesso alla tutela giurisdizionale nell’ampiezza riconosciuta da pertinenti disposizioni normative dell’Unione Europea, direttamente applicabili, secondo l’interpretazione elaborata dalla Corte di giustizia, Cass., Sez. Un., 29/12/2017, n. 31226; nonchè, in relazione alla violazione dell’obbligo di rimessione alla Corte di Giustizia delle questioni relative all’interpretazione delle norme dell’U.E., Cass., Sez. Un., 15/11/2018, n. 29391).

Alla stregua di quanto sopra rilevato ed esposto, va pertanto senz’altro esclusa la ricorrenza nella specie del lamentato eccesso di potere giurisdizionale.

E’ quindi inammissibile il ricorso per cassazione come nella specie prospettante, mediante la denunzia di dedotto error in procedendo, non già un’assenza di tutela giurisdizionale bensì le modalità con cui la tutela è stata erogata, non risultando in tal caso integrata una questione di giurisdizione sindacabile da parte delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione (cfr. Cass., Sez. Un., 5/7/2019, n. 18079).

Tali dovendo considerarsi anche la violazione della necessaria previa attivazione del contraddittorio su questione rilevata d’ufficio in violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2 (v. Cass., 12/12/2019, n. 32485; Cass., 20/1/2014, n. 1064; Cass., Sez. Un., 25/7/2002, n. 10955).

Le restanti censure attengono invero al merito del giudizio contabile e a pretesi errores in iudicando, e pertanto sempre a limiti meramente interni alla giurisdizione del giudice contabile, sottratti al sindacato di queste Sezioni Unite (cfr. Cass., Sez. Un., 14/12/2016, n. 25628; Cass., Sez Un., 10/9/2013, n. 20698), giacchè la pretesa erroneità delle valutazioni relative all’esercizio del potere attiene, invero propriamente alla concreta estrinsecazione della potestà giurisdizionale (cfr., con riferimento al giudice amministrativo, Cass., Sez. Un., 14/1/2020, n. 414; Cass., Sez. Un., 10/9/2019, n. 22568; Cass., Sez. Un., 5/6/2018, n. 14437).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente Regione Lazio, seguono la soccombenza.

Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore della Procura Generale presso la Corte dei Conti, stante la sua natura di parte meramente formale.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al

pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente Regione Lazio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2020

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