Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8847 del 13/05/2020

Cassazione civile sez. un., 13/05/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 13/05/2020), n.8847

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5311/2018 proposto da:

M.I.V., madre della minorenne

M.K.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI

SETTEMBRINI 28, presso lo studio dell’avvocato ULPIANO MORCAVALLO,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.G.E., nella qualità di curatore speciale della minore

M.K.E., elettivamente domiciliato in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso da sè medesimo;

F.C., Z.Y.A., genitori adottivi

della minore M.F.K., elettivamente domiciliati

in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato DANILO ARIOTTI;

– controricorrenti –

e contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI GENOVA, PROCURATORE

DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PER I MINORRENNI DI GENOVA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 19/01/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

uditi gli avvocati Enzo Giardiello per delega dell’avvocato Ulpiano

Morcavallo, Giuseppe Trocano per delega dell’avvocato Danilo Ariotti

e B.G.E..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 19/1/2018 la Corte d’Appello di Genova – Sezione specializzata per i minorenni – ha respinto i gravami interposti dalla sig. M.I.V. – in via principale – e dai sigg. F.C. e Z.Y.A. – in via incidentale – in relazione alla pronunzia Trib. Genova – Sezione specializzata per i minorenni – n. 17 del 2017, di adozione L.n. 184 del 1983, ex art. 44, lett. d), della minore M.K.E. da parte del F. e della Z..

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a 6 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con controricorso il F. e la Z. nonchè, con separato controricorso, il curatore speciale della minore M.K.E. avv. B.E..

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Chiamata all’udienza camerale del 28/1/2019 avanti alla 1 Sezione civile di questa Corte, la causa è stata rimessa a queste Sezioni Unite in ragione dell’eccepito difetto di giurisdizione del giudice italiano, alla stregua in particolare dell’Accordo tra la Repubblica Italiana e la Federazione Russa sulla collaborazione nel settore delle adozioni dei minori, il cui art. 8 dispone che la sentenza di adozione del minore è pronunziata dall’Autorità dello Stato di origine competente ad emettere la sentenza di adozione, ponendo in particolare la questione se tale Accordo sia applicabile solo all’adozione piena o legittimante ovvero anche a quella in casi particolari L. n. 184 del 1983, ex art. 44.

Con conclusioni scritte del 27/11/2019 il P.G. presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1.

Si duole che la corte di merito abbia fatto erroneamente applicazione “del criterio del radicamento della giurisdizione nel luogo di residenza abituale del minore al momento della domanda di emissione di misure di protezione, ai sensi della disciplina di cui alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 in materia… di misure relative alla protezione della persona o dei beni del minorenne (vedasi ora la Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996, ratificata ai sensi della L. 18 giugno 2015, n. 101, sostanzialmente conforme alla precedente per la parte qui di interesse)”, stante la sussistenza dell’Accordo tra la Repubblica Italiana e la Federazione Russa sulla collaborazione nel settore delle adozioni dei minori che, “lungi dal regolamentare la materia dell’adozione di minorenni, cioè della costituzione di un rapporto parentale-filiale sostitutivo di quello originario con caducazione od affievolimento di questo, afferisce invece all’attribuzione dei poteri di gestione della funzione potestativa genitoriale o comunque rappresentativa, cioè non al profilo della creazione di un nuovo status personae et familiae, ma all’ambito delle determinazioni de potestate e gestorie”.

Lamenta che tale Accordo non può ritenersi applicabile solamente all’adozione c.d. legittimante presupponente lo stato di adottabilità, giacchè tale lettura si appalesa invero “collidente con l’art. 2, comma 2, della Convenzione, il quale definisce l’ambito applicativo della normativa trans-nazionale con riferimento alle adozioni determinanti la costituzione di un rapporto di filiazione senza distinzione tra adozioni conseguenti alla previa dichiarazione dello stato di abbandono con recisione del vincolo originario e adozioni disposte a prescindere dal pregresso accertamento dello stato di abbandono e aventi l’effetto di costituire un vincolo aggiuntivo e prevalente su quello originario, pur permanente ed affievolito”.

Si duole non essersi considerato che “l’applicabilità della Convenzione alle adozioni legittimanti e non legittimati, a prescindere dalla previa dichiarazione dello stato di adottabilità con separata pronuncia e, cioè, dalla previa recisione del vincolo parentale originario, è necessariamente implicata anche dai contenuti di altre disposizioni convenzionali, quale ad esempio l’art. 4, lett. c, n. 1, laddove si fa riferimento tanto all’adozione implicante il mantenimento del vincolo parentale di origine, quanto a quella che presuppone la recisione di detto vincolo”.

Lamenta che l’art. 8 dell’Accordo prevede la “sentenza di adozione” senza distinzioni.

Si duole non essersi considerato che il “luogo di abituale permanenza” dell’adottando era da individuarsi “al momento, anteriore al trasferimento in Italia, in cui la bambina era stata affidata per provvedimento dell’amministrazione russa alla signora Z., che ne richiese poi l’adozione”, e non già al momento “della proposizione della domanda di adozione”.

Con il 2 (subordinato) motivo denunzia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1.

Si duole non essersi considerato che “il luogo di permanenza abituale del minore debba essere riguardato, anche ai fini della protezione in ambito internazionale, come quello in cui il minore stesso si troverebbe se non fosse stato indebitamente trasferito o non venisse indebitamente trattenuto in luogo diverso”; e che “al momento della proposizione della domanda di adozione (occorsa il (OMISSIS)), era già stata resa (il (OMISSIS)) ed aveva per di più acquisito efficacia di giudicato (il 4 aprile 2012) la statuizione relativa alla restituzione in potestatem della madre della minore, donde conseguiva che la bambina avrebbe dovuto essere ricondotta nel Paese di origine acciocchè potesse essere preservato il rapporto materno-filiale che l’affidamento (anche congiunto all’esercizio di compiti tutelari), lungi dal precludere, è anzi funzionale a supportare”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.

Nell’ordinanza con cui la 1 Sezione di questa Corte ha rimesso a queste Sezioni Unite la decisione sull’eccezione di giurisdizione sollevata dalla ricorrente sig.ra M.I.V. (di nazionalità russa, nata il (OMISSIS)) si dà atto: – che con decreto del 7/2/2012 il Trib. Min. Genova ha affidato quest’ultima alla sig. Z.Y.A., riconoscendole con decreto del 7/2/2011 la qualità di tutrice della medesima attribuitale con provvedimento dell’Autorità municipale di Nagornoe del 2/3/2011; -che con sentenza n. 17 del 2017 il Trib. Min. Genova ha dichiarato l’adozione L. n. 184 del 1983, ex art. 44, lett. d), della predetta minore in favore della suindicata Z. e del convivente sig. F.C.; – che con sentenza n. 7/2018 la C.A. Genova ha confermato la decisione del giudice di 1^ cure.

Decisione assunta benchè nel corso del suindicato procedimento di adozione la sig.ra M.I.V., madre della minore, abbia fatto pervenire all’autorità giudiziaria italiana procedente il provvedimento del Tribunale rionale di Chertanovo del 29/11/2011 di sua reintegra nella responsabilità genitoriale sulla minore, emesso dopo aver scontato la pena detentiva – per spaccio di stupefacenti – che aveva determinato l’affidamento della minore alla nonna paterna e quindi alla Z..

Nel rimettere la causa a queste Sezioni Unite la 1^ Sezione ha sottolineato che sulla questione di giurisdizione sollevata dalla ricorrente, concernente l’interpretazione dell’art. 8 dell’Accordo bilaterale tra l’Italia e la Russia del 6/11/2008 (ratificato dall’Italia con L. 18 febbraio 2019) che “attribuisce all’Autorità dello Stato di origine del minore la competenza ad emettere la sentenza di adozione rimanendo non esplicitato nell’Accordo se tale disposizione debba ritenersi circoscritta all’adozione legittimante ovvero debba ritenersi applicabile anche all’adozione non legittimante di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 44”, non sussistono precedenti di questa Corte.

Orbene, come osservato anche dal P.G. presso questa Corte nelle richiamate conclusioni scritte, va escluso che l’Accordo in oggetto si applichi anche all’adozione in casi particolari prevista alla L. n. 184 del 1983, art. 44.

In tal senso depongono invero sia la lettera che la funzione dello strumento pattizio de quo, come indicato nel Preambolo volto a “offrire al minore i benefici di una famiglia stabile qualora non sia stato possibile reperire una famiglia adeguata nel Paese di ordine”, potendo (l'”adozione di un minore in conformità al presente Accordo… realizzarsi solo nel caso in cui non sia risultato possibile affidarlo per la sua educazione o collocarlo in una famiglia che possa assicurare la sua educazione o la sua adozione nello Stato di origine in conformità alla legislazione del predetto Stato” (art. 3, comma 4).

L’Accordo in argomento, che “si applica nei casi in cui il minore, che non abbia raggiunto l’età di diciotto anni, che sia cittadino e risieda stabilmente nel territorio di una delle Parti contraenti, sia adottato da coniugi che risiedono stabilmente nel territorio di una delle Parti contraenti, sia adottato da coniugi che risiedono stabilmente nel territorio dell’altra parte contraente, della quale almeno uno dei coniugi sia cittadino, o da un singolo individuo che risieda stabilmente nel territorio dell’altra Parte contraente e ne abbia la cittadinanza (in seguito detti “candidati adottanti”), se tale adozione è consentita dalla legge delle Parti contraenti” (art. 3, comma 4), rimette alla “legislazione dello stato di origine” di stabilire: a) “lo stato di adottabilità di un minore”, e in particolare “la constatazione del fatto che il minore è rimasto senza la tutela dei genitori e che non è stato possibile affidarlo per la sua educazione o collocarlo presso una famiglia che possa assicurare la sua educazione o la sua adozione nello Stato di origine” (art. 6, comma 1, primo periodo); b) “quali persone fisiche o quali organi debbano dare il consenso all’adozione, la necessità del consenso del minore, nonchè la forma di tale consenso” (art. 6, comma 1, secondo periodo); c) “il provvedimento sulle condizioni di vita e sull’idoneità ad adottare (art. 7, comma 3)”.

Atteso che nel Preambolo dell’Accordo pattizio il riferimento alla collocazione volta ad assicurare l’educazione del minore deve avvenire in una famiglia sostitutiva, la previsione e la disciplina dello stato di adottabilità del minore è rimessa alla “legislazione dello Stato di origine” (art. 6, comma 1).

Al riguardo, facendo richiamo all’orientamento della giurisprudenza di legittimità nell’impugnata sentenza la corte di merito sottolinea che “la dichiarazione di adottabilità del minore… è richiesta per l’adozione di tipo legittimante, mentre l’adozione di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 44, non presuppone la dichiarazione di adottabilità” (v. Cass., 22/6/2016, n. 12962), non realizza un effetto legittimante e non preclude il mantenimento di rapporti con la famiglia di origine.

Mentre l’adozione piena o legittimante presuppone la declaratoria dello stato di adottabilità cui fa seguito l’affidamento preadottivo, e cioè un affidamento sperimentale ai richiedenti adottanti, e costituisce un vincolo di filiazione giuridica che si sostituisce integralmente al rapporto di filiazione di sangue con definitivo ed esclusivo inserimento del minore nella nuova famiglia, l’adozione in casi particolari ex art. 44 L. Adoz. crea un vincolo di filiazione giuridica che si sovrappone a quello di sangue, non estinguendo il rapporto con la famiglia di origine, pur se l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta all’adottante.

L’adozione ex art. 44 L. adoz., e specificamente quella ex lett. d), che può essere richiesta anche da persona non coniugata e facendo leva sull’interesse del minore a vedere riconosciuti i legami sviluppatisi con altri soggetti che se ne prendono cura costituisce una clausola di chiusura del sistema, volta a consentire il ricorso a tale strumento tutte le volte in cui è necessario salvaguardare la continuità della relazione affettiva ed educativa, all’unica condizione della “constatata impossibilità di affidamento preadottivo”, da intendersi non già come impossibilità di fatto, derivante da una situazione di abbandono del minore, bensì come impossibilità di diritto di procedere all’affidamento preadottivo (v. Cass., Sez. Un., 8/5/2019, n. 12193).

Pur se volta a sopperire (anche) a situazioni di abbandono, l’adozione particolare L. n. 184 del 1983, ex art. 44, non realizza quel modello di adozione piena e legittimante costitutiva di un rapporto di filiazione sostitutivo di quello di sangue, con definitivo ed esclusivo inserimento in una nuova famiglia, cui è ispirato l’Accordo pattizio in argomento.

Accordo che attribuisce altresì all'”Autorità dello Stato di origine” la competenza: a) “ad emettere la sentenza di adozione” (art. 8, comma 2); b) ad accertare le condizioni legittimanti la pronunzia di adozione (art. 11, comma 1).

Come correttamente affermato dai giudici del merito, ai fini della giurisdizione trova allora nella specie applicazione l’art. 1 Conv. Aja del 5/10/1961 (ratificata con L. n. 742 del 1980), ove si fa riferimento alla “residenza abituale del minore”.

Al riguardo, la corte di merito ha posto in rilievo che “la bambina è entrata legalmente in Italia accompagnata da colei che era all’epoca la sua legittima tutrice ed è residente stabilmente in Italia dal 2011”, essendo d’altro canto “da escludere che la minore sia stata illecitamente trattenuta in Italia”, divenuta “il Paese di abituale residenza della minore, in tal modo radicandosi la giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria italiana in favore della Convenzione dell’Aja 5 ottobre 1961”, ulteriormente sottolineando che a tale stregua non vi è pertanto luogo all’applicazione nemmeno “della disciplina in tema di sottrazione internazionale di minori di cui alla Conv. Aja 1980, ratificata con L. n. 64 del 1994).

Si è dai giudici di merito altresì sottolineato trovare nella specie applicazione anche la L. n. 218 del 1995, art. 42, contemplante rinvio alla Convenzione dell’Aja del 1961, nel cui ambito rientrano i provvedimenti con finalità di protezione dei minori, tra cui (anche) quelli incidenti sulla potestà/responsabilità dei genitori, al riguardo ponendo in rilievo come il provvedimento del Tribunale di Chertanovo abbia dato atto della correttezza dell’attività svolta dall’odierna controricorrente Z., negando il ripristino dell’esercizio della responsabilità genitoriale sulla minore in capo alla madre naturale odierna ricorrente (“la stessa decisione, come sottolineato dal Tribunale, non solo riconosceva la correttezza dell’operato della Z. quale tutrice della minore, ivi compreso, evidentemente, il trasferimento in Italia, ma respingeva la richiesta della M. di estinzione della Z. dall’incarico di tutrice e quindi autorizzandone la prosecuzione. La cessazione della tutela, con revoca del relativo incarico alla Z., veniva disposta solo in data (OMISSIS). Ne deriva che la decisione non era in contrasto con la permanenza in Italia della minore, ma anzi ne sanzionava la liceità, avendo mantenuto la tutrice nel suo ufficio, fermo restando: a) che nel frattempo il TM aveva disposto l’affidamento di K. alla Z. con provvedimento 7/2/2012 comunicato al Consolato della Federazione Russa; b) che il (OMISSIS) i coniugi F. – Z. avevano presentato istanza di adozione; c) che la decisione del tribunale di Chertanovo è stata resa esecutiva in Italia solo con l’ordinanza della Corte d’Appello n. 798/2015. Si può concludere che la decisione dl tribunale russo non è eppure classificabile come misura di protezione della minore ai sensi dell’art. 7 della convenzione più volte citata, almeno per quanto attiene Alla reintegrazione della M. nella mera titolarità della potestà genitoriale, mentre l’unica misura di protezione concretamente adottata è quella relativa al mantenimento della Z. nel suo ufficio di tutrice. La condizione di abituale residenza della minore in Italia, al momento della presentazione della domanda di adozione da parte dei coniugi F. – Z., ma anche successivamente, era dunque tutt’altro che illecita, ma pienamente conforme anche alle disposizioni delle Autorità della Federazione Russa. Di qui il definitivo radicamento della giurisdizione del giudice italiano anche in virtù del “principio di irrilevanza delle sopravvenienze” sul piano di fatto o di diritto agli effetti della giurisdizione (c.d. perpetuatio iurisdictionis) stabilito dall’art. 5 c.p.c.”).

Va pertanto dichiarata la giurisdizione del giudice italiano.

La causa va rimessa alla 1 Sezione per la disamina degli altri motivi del ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il 1 e il 2 motivo di ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice italiano. Rimette la causa alla Prima Sezione, per la disamina degli altri motivi del ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2020

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