Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8843 del 30/04/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 1 Num. 8843 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: GIANCOLA MARIA CRISTINA

SENTENZA

sul ricorso 20305-2007 proposto da:
AMBROGIANI MARIA (C.F. MBRMRA33H66B001T), GAMBUTI
ELIO (C.F. GMBLEI61P11H294B), SELVA SETTIMIA (C.F.
SLVSTM6560H294F), elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA F. CIVININI 12, presso l’avvocato POMANTI
PIETRO, rappresentati e difesi dagli avvocati ROSSI
2015
267

FABIO, ALDO GRASSI, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 30/04/2015

COMUNE DI RIMINI, in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CAIO MARIO 7, presso l’avvocato BARBANTINI MARIA
TERESA, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA
ASSUNTA FONTEMAGGI, giusta procura a margine del

avverso la sentenza n.

controricorrente

286/2007 della CORTE

D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 26/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 12/02/2015 dal Consigliere
Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
udito,

per i ricorrenti,

l’Avvocato STOPPANI

FEDERICA, con delega, che si riporta;
udito,

per

il

controricorrente,

l’Avvocato

BARBANTINI M.T., con delega, che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

controricorso; .£_ 0 ,03042,&04.05-

2

..

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 27.02.2004 al Comune di Rimini, Maria e Selva
Settimia Ambrogiani con Gambuti Elio, premesso di essere proprietari di un’area estesa

con relative due pertinenze, costituite da due manufatti (l’uno di mq 64 e l’altro di mq
9) condonati, adibiti a ripostiglio, e premesso altresì che per la realizzazione delle opere
pubbliche di cui al progetto approvato il 7.12.1999, ossia il collegamento stradale lato
mare e l’adeguamento del collettore ex fossa Turchetta del nuovo quartiere fieristico di
Rimini, l’ente convenuto aveva dapprima occupato d’urgenza, in base a delibera
autorizzativa del 29.02.2000, e poi espropriato con delibera del 27.08.2002 una
porzione del loro fondo, su cui insistevano i due manufatti, determinando anche il
deprezzamento dei due fabbricati non ablati, adivano la Corte di appello di Bologna in
opposizione alla stima definitiva delle indennità di espropriazione e di occupazione
legittima, resa dalla competente Commissione, per la quale l’indennità di
espropriazione ammontava complessivamente ad E 81.600,19 e quella di occupazione
temporanea ad € 2.766,26, con parametrazione della prima al valore venale unitario del
terreno pari ad E 258,23 ed al valore di C 1.291,14 al mq per i due manufatti, valori che
gli opponenti assumevano incongrui, al pari di quello determinato per l’occupazione
temporanea, calcolata sulla base dell’intera indennità definitiva dei esproprio ( per aree,
fabbricati e per svalutazione fabbricati).
Con sentenza del 14.11.2006 – 26.02.2007 l’adita Corte di appello di Bologna, nel
contraddittorio delle parti, rigettava la proposta opposizione.
La Corte territoriale osservava e riteneva che:
dalla C.T.U. era emerso che l’area occupata, oggetto di esproprio, della superficie di
mq. 612, era destinata a giardino di pertinenza di civile abitazione, era completamente

3

complessivamente mq 1.770 sulla quale insistevano due fabbricati di civile abitazione

recintata e su di essa insistevano due fabbricati accessori, uno adibito a legnaiaripostiglio, l’altro a capannone. Era emerso, altresì, che l’area in questione, dapprima
inclusa dal piano regolatore generale approvato nel febbraio del 1978 in zona agricola,

1997, in zona omogenea G per attrezzature pubbliche (verde o parcheggio), mentre la
residua area di proprietà degli espropriati risultava in zona agricola normale;
l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio era avvenuta tramite
l’inserimento dell’area nella rotatoria stradale introdotta nella cartografia nella viabilità
a servizio della Fiera dal nuovo PRG ’94, approvato nell’agosto del 1999, per il quale la
residua area di proprietà degli opponenti era stata invece inserita nella Zona Omogenea
D Sottozona D1 di espansione per insediamenti produttivi;
il C.T.U., pur ritenendo non edificabile legalmente sotto il profilo urbanistico l’area
in questione, essendo questa, al momento dell’apposizione del vincolo, inserita in zona
sottoposta a vincolo per attrezzature pubbliche ( verde o parcheggio), aveva tuttavia
concluso per la sua natura edificabile, poiché l’area era stata di fatto edificata dagli
opponenti e poiché lo stesso Comune aveva rilasciato le concessioni in sanatoria;
ma un’area andava ritenuta edificabile quando, e per il solo fatto che, come tale,
essa risultasse classificata al momento dell’apposizione del vincolo espropriativo dagli
strumenti urbanistici, secondo un criterio di prevalenza o autosufficienza della
edificabilità legale; mentre la cd. edificabilità “di fatto” rilevava esclusivamente in via
suppletiva – in carenza di strumenti urbanistici – ovvero, in via complementare (ed
integrativa), agli effetti della determinazione del concreto valore di mercato dell’area
espropriata, incidente sul calcolo dell’indennizzo;
nel caso concreto, attesa la natura non edificabile e quindi agricola dell’area in
questione, non sussistevano i presupposti per la determinazione dell’indennità secondo i

4

era stata poi inserita, dai successivi strumenti urbanistici, approvati nel 1994 e nel

criteri seguiti dal C.T.U.. La stima effettuata dalla Commissione Provinciale doveva
essere confermata, in mancanza di domanda riconvenzionale del Comune convenuto,
volta a fini riduttivi degli indennizzi stimati in sede amministrativa.

proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e notificato il 6.07.2007 al
Comune di Rimini, che il 7-10.09.2007 ha resistito con controricorso Le parti hanno
anche depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A sostegno del ricorso le Ambrogiani ed il Gambuti denunziano:
1.

“Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 bis legge 8.8.1992 n. 359.”.
Formulano conclusivamente il seguente quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.
<< Se ai fini della determinazione dell' indennità di espropriazione, la ricognizione delle possibilità legali ed effettive di edificazione del bene ai sensi dell'art. 5 bis comma 30 L.359/92, va compiuta con riferimento al momento della vicenda ablatoria, identificato in quello di adozione del decreto di esproprio, non presentando in proposito alcuna rilevanza: a) il vincolo finalizzato all'esproprio; b) il regime urbanistico antecedente o successivo a tale momento escludendo così che la destinazione dell'area debba essere accertata risalendo ad una pianificazione anteriore e non più attuale; c) le misure o vincoli in salvaguardia, previsti nel periodo intercorrente tra l'adozione e l' approvazione del PRG, i quali non hanno natura conformativa ma meramente cautelare e di salvaguardia, e quindi temporanei, se non nel caso in cui la vicenda ablativa ricada nel periodo di efficacia degli stessi ( possibilità effettiva di edificazione oltre che legale ex art. 5 bis comma 3 0 L.359/92). Se, inoltre, è invece rilevante, nella ricerca di un parametro urbanistico di riferimento per la verifica dell'edificabilità legale, da effettuarsi al momento della vicenda ablativa ( data del decreto di esproprio) la 5 Avverso questa sentenza, notificata il 9.05.2007, le Ambrogiani ed il Gambuti hanno valorizzazione della omogeneità del suolo in esproprio con quelli in favore dei quali l'opera pubblica su di esso costruenda garantisce la prestazione del servizio e la valutazione del medesimo suolo alla stregua della zona all'interno della quale l'opera 2. "Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio." Il primo motivo del ricorso non merita favorevole apprezzamento, essendosi i giudici di merito ineccepibilmente attenuti al dettato normativo ed alla relativa, richiamata elaborazione giurisprudenziale (cfr. tra le numerose altre e da ultimo, Cass. n. 11503 del 2014); il secondo motivo è, invece, inammissibile giacché, in violazione dell'art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis, è privo del momento di sintesi delle dedotte censure avverso la motivazione dell'impugnata sentenza. Quanto al primo motivo del ricorso, i ricorrenti invocano la qualificazione del terreno occupato ed ablato come edificabile e non agricolo - secondo i giudici d'appello esteso in totale mq 612, destinato a giardino di pertinenza di civile abitazione ed occupato da due manufatti accessori - assumendo l'inapplicabilità per diverse, autonome ragioni delle destinazioni urbanistiche allo stesso impresse nel tempo decorso dal 1978 in poi, sino alle date di apposizione del vincolo espropriativo nel 1999 (progetto approvato il 7.12.1999 ) e del successivo decreto ablativo ( n. 391 del 27.08.2002), sempre implicanti l'inedificabilità del fondo in questione. Secondo la prospettazione le variazioni di destinazione urbanistica subite dal fondo, in tesi di tipo inizialmente conformativo ( variante del 1978 al PRG del 1975 - area agricola), poi provvisorio e di salvaguardia (PRG del 1994 e del 1997- zona omogenea G attrezzature pubbliche (verde o parcheggio)) e da ultimo lenticolare (PRG '94 approvato nell'agosto del 1999 con previsione della rotatoria della viabilità a servizio 6 pubblica costruenda garantisce appunto la prestazione del servizio pubblico.» della Fiera), avrebbero dovuto comportare ai fini della verifica in questione l'assunzione del criterio della c.d edificabilità di fatto, con equiparazione della natura del bene a quella edificabile dei finitimi terreni, ai quali garantiva il servizio pubblico, ricorrenti non può essere condivisa, perché ancorata ad assiomatiche premesse quali in particolare la natura espropriativa e non conformativa della destinazione a viabilità interna al quartiere fieristico prevista dal nuovo PRG approvato nell'agosto del 1999 e la mera approvazione non seguita da adozione delle due varianti conformative di PRG introdotte nel 1994 e nel 1997 (in tema, cfr anche Cass. n. 17681 del 2010), premesse che non si rivelano confortate dal tenore dell'impugnata sentenza né avvalorate dal richiamo a specifici oggettivi dati di riscontro, emersi nel grado di merito. Comunque, quand'anche si potesse conclusivamente valorizzare la c.d. edificabilità di fatto, i ricorrenti non se ne gioverebbero all'invocato fine della qualificazione come edificabile della porzione di terreno ablata, attesa la più moderna nozione e valenza in ambito espropriativo dell'istituto in questione ( cfr in tema Cass n. 29788 del 2008; n.17557 del 2009), secondo cui non basta per affermare l'edificabilità (di fatto) di un terreno la presenza di opere di urbanizzazione primaria o la sua vicinanza a zone edificate, considerata sintomatica negli anni 50'-60': ritenendosi invece indispensabile in conseguenza del mutamento della situazione urbanistica dei decenni successivi, soprattutto dopo la legge 94 del 1982, documentare la possibilità di effettivo rilascio della concessione edilizia, tenendosi presente che detto rilascio per aree non comprese in strumenti urbanistici (anche di attuazione) è tra l'altro subordinato alla presenza di due requisiti: "deve trattarsi di area dotata di opere di urbanizzazione - primaria e secondaria - funzionalmente collegate a quelle comunali; e deve anche trattarsi di area avente obiettiva ed intrinseca funzione di "completamento" rispetto ad area contigua 7 inclusi in Zona D sottozona D1 di espansione per insediamenti produttivi. La tesi dei destinata all'edificazione. In breve, la verifica della funzione di completamento dell'area non si risolve nella possibilità di allaccio con le strutture di urbanizzazione primaria, ma si estende ad accertare l'armonico inserimento di essa in un ambito completamento di una zona adibita all'edificazione; e la verifica deve ispirarsi a criteri funzionali, inevitabilmente condizionati dall'analisi dell'impatto urbanistico ed edilizio che la previsione di detta edificazione produce in un contesto più ampio di quello circoscritto alla singola zona in cui è compresa. Elementi questi che i ricorrenti non hanno neppure prospettato non solo al giudice del merito, ma anche in questa sede di legittimità. Conclusivamente si deve respingere il primo motivo e dichiarare inammissibile il secondo motivo del ricorso, con conseguente condanna in solido delle Ambrogiani e del Gambuti, soccombenti, al pagamento in favore del Comune di Rimini, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo e dichiarare inammissibile il secondo motivo del ricorso. Condanna in solido i ricorrenti al pagamento, in favore del Comune di Rimini, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 5.000,00 per compenso ed in € 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie ed agli accessori come per legge. Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2015 Il President territoriale più esteso, rispetto al quale la stessa si presenta come naturale

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA