Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8843 del 11/04/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 8843 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: GARRI FABRIZIA

SENTENZA

sul ricorso 4327-2010 proposto da:
LO

LOXBHM64A02Z343L,

IBRAHIMA

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MONTE ASOLONE 8, presso lo
studio dell’avvocato VERTICCHIO CARMINE, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BOIOCCHI

PIERLUIGI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2012
contro

4253

V.L.M.

S.R.L.

0225069647 in persona del legale

rappresentante pro

temo…re,

elettivamente domiciliata

in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio

Data pubblicazione: 11/04/2013

dell’avvocato DE NISCO VINCENZO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ELISABETTA TARDONE,
giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 236/2009 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2012 dal Consigliere Dott. FABRIZIA
GARRI;
udito l’Avvocato NARDONE ELISABETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

di BRESCIA, depositata il 01/08/2009 R.G.N. 434/2008;

Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Brescia ha respinto il gravame proposto da Lo Ibrahima ed ha confermato la
legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato al ricorrente dalla società V.L.M.
a r.1..

documentazione tesa a provare il periodo di sua assenza dall’Italia (periodo in cui non era stato per lui
possibile avere effettiva conoscenza del licenziamento ex art. 1334 c.c.), ha poi accertato che
effettivamente la società datrice aveva chiuso l’unità produttiva in provincia di Bergamo presso la quale
l’appellante prestava servizio; che aveva offerto al lavoratore di proseguire l’attività lavorativa in un’altra
unità, quella di Avellino; che aveva subordinato il licenziamento alla mancata accettazione del
trasferimento. Infine ha verificato che il lavoratore non aveva aderito, neppure tardivamente, alla
proposta di trasferimento avanzata.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso Lo Ibrahirna affidandolo a due motivi.
Resiste con controricorso la V.L.M. s.r.1..

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso è censurata la sentenza perché con motivazione omessa, contraddittoria
e insufficiente ha ritenuto avverata la condizione sospensiva apposta al licenziamento stante il mancato
consenso del dipendente ad essere trasferito presso un’altra unità produttiva, senza considerare che il
ricorrente non era stato posto in condizione di effettuare la scelta nei termini indicati dal datore di
lavoro nella sua lettera di licenziamento (entro il 30.12.2004) posto che a tale data si trovava all’estero e
non aveva avuto notizia né del possibile trasferimento né del fatto che, in caso di sua mancata adesione
entro una certa data, il rapporto si sarebbe risolto.
Con il secondo motivo di ricorso inoltre viene denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art.
1359 c.c. iper avere la corte territoriale ritenuto avverata la condizione sospensiva sebbene il datore di
lavoro avesse, con comportamento a lui imputabile, mancato di comunicare il recesso con tempi e
modi tali da consentirgli di valutare l’opzione offertagli, e reso così impossibile la realizzazione
dell’evento della condizione apposta.
Le censure )che per la loro intima connessione vanno esaminate congiuntamentepon possono trovare
accoglitnento.
Occorre rammentare che è ravvisabile un vizio di motivazione, denunciabile a norma dell’art. 360
comma 1 n. 5, nei soli casi in cui il giudice di merito sia pervenuto alla decisione attraverso una
ricostruzione dei fatti incompleta, perché non ha tenuto in considerazione circostanze che ove
esaminate avrebbero determinato una decisione diversa, ovvero con motivazione contraddittoria o
illogica, perché il percorso ricostruttivo scelto non si dipana in un logico e conseguente esame delle dei
fatti sottoposti alla sua attenzione.
Nel caso in esame,invece, la censura postula che il giudice di merito sia addivenuto alla decisione in
esito ad una contraddittoria analisi dei fatti; in sostanza dopo avere recepito i fatti di causa negli esatti

r.g. n. 4327/2010

F.Garri

In particolare la Corte territoriale, pur avendo consentito al ricorrente di depositare in appello

termini materiali in cui sono stati prospettati dalla parte, avrebbe omesso di valutarli nella giusta e
conseguente maniera. In tal modo l’omesso esame si risolve in un implicito accertamento negativo
della rilevanza del fatto stesso. La valutazione insufficiente ed illogica dei fatti vizierebbe il percorso
argomentativo che ha condotto alla decisione (per una definizione dei requisiti della censura ex art. 360
comma 1 n. 5, cfr., tra le altre, Cass. n. 19298/2006 ed anche Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3
ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile
2005, n. 8718). In definitiva le censure formulate dal ricorrente devono evidenziare con chiarezza

Tanto premesso ritiene questa Corte che i rilievi formulati nel ricorso mirino, al contrario, a sollecitare
proprio una differente lettura delle emergenze processuali, per quanto si è detto inammissibile.
La Corte territoriale, con motivazione in sé logica, coerente ed aderente alle circostanze prospettate ed
alle emergenze probatorie acquisite, ha chiarito che il licenziamento, intimato per effetto
dell’incontestata chiusura della unità produttiva della società sita nella provincia di Bergamo, era stato
subordinato alla mancata accettazione da parte del lavoratore del suo trasferimento presso la sede di
Avellino.
La peculiarità della vicenda in esame è data dal fatto che al momento della intimazione del recesso il
lavoratore era assente dall’Italia e non aveva avuto notizia della decisione datoriale fino al suo rientro.
Tuttavia con una ricostruzione condivisibile la Corte territoriale ipreso atto dell’assenza del lavoratore e
della data di effettiva conoscenza da parte dello stesso del provvedimento espulsivo (momento in cui
l’atto recettizio ha potuto produrre i suoi effetti) ) ha tuttavia valorizzato la circostanza, rimasta
incontestata, della mancata adesione del lavoratore alla proposta di prosecuzione del rapporto di lavoro
in altra sede.
La Corte d’appello sottolinea infatti che in nessun momento, neppure successivo al suo rientro in Italia
nel febbraio 2005, l’odierno ricorrente ha aderito alla proposta di trasferimento. In tal modo la
condizione sospensiva apposta dal datore di lavoro al recesso si è realizzata ed il rapporto si è risolto,
essendo venuta meno la condizione sospensiva apposta, in modo del tutto legittimo.
Peraltro, ad avviso del Collegio, la ricostruzione dei fatti operata dalla corte di merito e la loro
sussunzione in una legittima ipotesi di risoluzione del rapporto, non integra una violazione dell’art.
1359 c.c..
Come è noto la disposizione richiamata prevede che la condizione “si considera avverata qualora sia
mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse all’avveramento di essa”.
Anche a prescindere dai profili di ammissibilità della censura, che non risulta prima proposta nei
termini riportati nel ricorso per cassazione, in ogni caso lo stabilire se il mancato avveramento si debba
attribuire a causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario, per trarne la conseguenza di
considerare la condizione come avverata, involge un’indagine di mero fatto il cui risultato è
insindacabile in sede di legittimità, se non ricorrono vizi logici o errori di diritto (cfr in tal senso Cass.
n. 209/2010). In sostanza ove il negozio sia condizionato, per l’operatività dell’art. 1359 cod. civ., in
virtù del quale la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte
r.g. n. 4327/2010

F.Garri

specifici profili di illogicità ed incongruenza nella motivazione e non possono
risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del
merito.

che aveva interesse contrario al suo avveramento, è necessaria la sussistenza di una condotta dolosa o
colposa di detta parte (cfr. Cass. n. 8363/2003). Tale condotta non è di per sé riscontrabile nel caso di
mero comportamento inattivo, salvo che questo non costituisca violazione di un obbligo di agire
imposto dal contratto o dalla legge. Nella sp’ ecie, come si è più sopra ricordato, la Corte territoriale ha
accertato, con indagine di fatto rimasta per tale profilo incontestata, che al ricorrente non è stata negata

Semplicemente si è accertato che il lavoratore , neppure tardivamente, al suo rientro, ha ritenuto in
qualunque modo di manifestare la sua intenzione di dar seguito alla proposta di prosecuzione del
rapporto di lavoro in altra sede formulatagli dal datore di lavoro. In tal modo non essendosi realizzato
l’evento previsto dalla condizione sospensiva apposta al recesso, il rapporto si è legittimamente risolto.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Sussistono giusti motivi, ravvisabili nella peculiarità della vicenda trattata, per compensare interamente
tra le parti le spese del presente giudizio.

PQM
LA CORTE
Respinge il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma 1’11 dicembre 2012

Il consigliere estensore

il Presidente

la possibilità di aderire, seppur tardivamente rispetto ai tempi indicati nella lettera di recesso, alla
proposta formulatagli impedendo così, con un comportamento positivo del datore di lavoro l’avverarsi
della condizione apposta.

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