Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8841 del 18/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 18/04/2011, (ud. 16/02/2011, dep. 18/04/2011), n.8841

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ILVA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo

studio dell’avvocato ROMEI ROBERTO, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati TORCHIO STEFANO, FAILLA LUCA MASSIMO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.G., G.I., D.M., S.

G., domiciliati in ROMA, VIA DELLE FORNACI 43, presso lo

studio dell’avvocato SCORSONE VINCENZO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FORMENTO SERGIO GIOVANNI BATTISTA, giusta

delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 586/2008 del TRIBUNALE di GENOVA, depositata

il 10/04/2008 r.g.n. 2010/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/02/2 011 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

udito l’Avvocato VALERLA COSENTINO per delega ROMEI ROBERTO;

udito l’Avvocato SCORSONE VINCENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’improcedibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.G. ed altri tre lavoratori avevano chiesto la condanna dell’Ilva, di cui erano dipendenti presso lo stabilimento di (OMISSIS), al pagamento delle retribuzioni spettanti a titolo di compenso per lavoro straordinario per i cd. “tempi di percorrenza” e per i cd. “tempi di vestizione”, cioè dei tempi minimi necessari per arrivare dai tre cancelli di accesso allo stabilimento fino ai singoli reparti ove erano collocati i terminali marca tempo, nonchè dei tempi minimi necessari per indossare gli indumenti di lavoro. Nel contraddittorio con l’Ilva, che si opponeva alla domanda, ed a seguito di consulenza tecnica ambientale, l’adito Tribunale di Genova, con la sentenza impugnata resa ai sensi dell’art. 420 bis cod. proc. civ., interpretava l’art. 5 parte generale del CCNL Metalmeccanici del settore pubblico, 2 parte speciale C del medesimo contratto, art. 5 parte generale del CCNL metalmeccanici privati del 5.7.94 e del 8.6.99, nonchè l’art 3 disciplina parte speciale prima dei suddetti contratti del 1994 e del 1999, nel senso che essi escludono questi tempi dal computo dell’orario di lavoro retribuito;

indi il Giudice adito dichiarava mille dette clausole contrattuali nella parte in cui non considerano come orario di lavoro da retribuire i periodi di tempo minimi, ivi compresi quelli per la vestizione, necessari per arrivare dall’ingresso dello stabilimento alle effettive posizioni di lavoro e viceversa.

Avverso detta sentenza l’Ilva ricorre con tre complessi motivi.

I lavoratori resistono con controricorso con cui eccepiscono la inammissibilità del ricorso per due diversi motivi, nonchè la sua improcedibilità.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente rigettata la eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dai contro ricorrenti, i quali sostengono che il Giudice adito avrebbe deciso la causa nel merito e quindi non sarebbe consentito l’immediato ricorso per cassazione ex art. 420 bis cod. proc. civ., comma 2; la eccezione è infondata perchè si è qui al cospetto di una sentenza che ha giudicato sulla validità e sulla interpretazione della contrattazione collettiva, come espressamente previsto dalla disposizione codicistica citata, dal momento che ha affermato che i tempi minimi necessari per arrivare alla postazione di lavoro, non erano considerati dal CCNL come attività da retribuire ed ha poi affermato che detta disciplina contrattuale era contra legem. Nessun altra statuizione risulta emessa, onde si tratta effettivamente di sentenza resa ex art. 420 bis, la quale è passibile di immediato ricorso per cassazione per muovere censure sulla interpretazione e validità della contrattazione collettiva nazionale.

2. Patimenti infondato è il secondo profilo di inammissibilità dedotto in controricorso, perchè è ben vero che l’art. 420 bis cod. proc. civ., u.c., impone che copia del ricorso per cassazione debba essere depositato presso il giudice a quo entro venti giorni dalla notifica, ma nella specie è stato depositato l’atto notificato, presso il procuratore costituito nel giudizio di primo grado, sia pure al solo S.G., e non anche agli tre lavoratori difesi dallo stesso procuratore. Va allora fatta applicazione del principio più volte enunciato (tra le tante Cass. 7818/2006) sulla ritualità della notifica dell’atto di impugnazione a più parti presso un unico procuratore mediante consegna di una sola copia o di un numero di copie inferiori rispetto alle parti cui l’atto è destinato, ove vi sia stata la costituzione in giudizio di tutte le parti cui l’impugnazione è diretta, come è accaduto nella specie.

Nè può determinare la nullità del presente ricorso per cassazione il fatto che la sua copia sia stata depositata ritualmente presso la cancelleria del giudice a quo, come prescrive l’art. 420 bis, ma priva di autenticazione, giacchè questo requisito non è espressamente prescritto dalla norma (come invece è imposto dall’art. 369, n. 2 per la copia della sentenza impugnata da depositare con il ricorso per cassazione ordinario).

3. Va invece accolta la eccezione di improcedibilità del ricorso.

La società infatti, nella parte relativa alla narrativa dei fatti deduce di fare applicazione del “CCNL Metalmeccanici Industria (doc. 4 bis fascicolo di merito)” di avere applicato “sino al 30 giugno 1999 il CCNL Metalmeccanici per le imprese aderenti all’Intersind (doc. 4 del fascicolo di merito)”.

Detti contratti collettivi si trovano effettivamente nel fascicolo di parte, ma solo per estratto, come risulta dallo stesso indice, ma non in forma completa. Ciò determina l’improcedibilità del ricorso secondo il principio enunciato dalle Sezioni unite di questa Corte n. 20075 del 23/09/2010 con cui si è affermato che “L’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, nella parte in cui onera il ricorrente (principale od incidentale), a pena di improcedibilità del ricorso, di depositare i contratti od accordi collettivi di diritto privato sui quali il ricorso si fonda, va interpretato nel senso che, ove il ricorrente impugni, con ricorso immediato per cassazione ai sensi dell’art. 420 bis cod. proc. civ., comma 2, la sentenza che abbia deciso in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto od accordo collettivo nazionale, ovvero denunci, con ricorso ordinario, la violazione o falsa applicazione di norme dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, (nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2), il deposito suddetto deve avere ad oggetto non solo l’estratto recante le singole disposizioni collettive invocate nel ricorso, ma l’integrale testo del contratto od accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni, rispondendo tale adempimento alla funzione nomofilattica assegnata alla Corte di cassazione nell’esercizio del sindacato di legittimità sull’interpretazione della contrattazione collettiva di livello nazionale. Ove, poi, la Corte ritenga di porre a fondamento della sua decisione una disposizione dell’accordo o contratto collettivo nazionale depositato dal ricorrente diversa da quelle indicate dalla parte, procedendo d’ufficio ad una interpretazione complessiva ex art. 1363 cod. civ. non riconducibile a quanto già dibattuto, trova applicazione, a garanzia dell’effettività del contraddittorio, l’art. 384 cod. proc. civ., comma 3, (nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 12), per cui la Corte riserva la decisione, assegnando con ordinanza al P.M. e alle parti un termine non inferiore a venti giorni e non superiore a sessanta dalla comunicazione per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla questione.”.

Poichè il principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite è vincolante per le sezioni semplici ai sensi del penultimo comma dell’art. 374 cod. proc. civ. (nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 8), il ricorso va dichiarato improcedibile.

Nè sarebbe possibile la enunciazione del principio di diritto nell’interesse della legge, previsto dall’art. 363 cod. proc. civ., comma 3, proprio perchè il mancato deposito integrale del CCNL impedisce di addivenire alla sua interpretazione.

La ricorrente va condannato alla rifusione delle spese liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 28,00 oltre tremila Euro per onorari oltre spese generali, Iva e CPA. Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2011

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