Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8840 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 8840 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: MERCOLINO GUIDO

SENTENZA

pubblico

sul ricorso proposto da
COSTRUZIONI ASTRA S.R.L., in persona del presidente p.t. Francesco Colleo,
elettivamente domiciliata in Roma, alla via Pacuvio n. 34, presso l’avv. GUIDO
ROMANELLI, dal quale, unitamente all’avv. PAOLO IASIELLO, è rappresentata
e difesa in virtù di procura speciale a margine del ricorso
: Do 4-95-901 5 –

c

RICORRENTE

contro
COMUNE DI GENOVA, in persona del Sindaco p.t., elettivamente domiciliato in
Roma, al viale Giulio Cesare n. 14, presso l’avv. GABRIELE PAFUNDI, dal quale, unitamente all’avv. MARIA PAOLA PESSAGNO del foro di Genova, è rappresentato e difeso in virtù di procura speciale a margine del controricorso
O 08569 10A02
CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE

avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova n. 695/06, pubblicata il 23

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Data pubblicazione: 30/04/2015

giugno 2006.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29 gennaio
2015 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Lucio CAPASSO, il quale ha concluso per la riunione dei ricorsi e la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso principale, con l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato e la dichiarazione d’inammissibilità o il rigetto del ricorso
incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. — La Costruzioni Astra S.r.l. convenne in giudizio il Comune di Genova,
per sentirlo condannare al risarcimento dei danni cagionati dall’inadempimento di
un contratto di appalto stipulato il 23 settembre 1987 ed al pagamento degl’interessi dovuti per la ritardata corresponsione di somme anticipate ai fornitori.
Premesso che l’appalto aveva ad oggetto l’esecuzione di opere di manutenzione straordinaria all’interno del piano terra del capannone di levante sito in Genova Voltri nell’area ex Ansaldo-Cerusa, espose che il Comune, dopo aver ordinato la sospensione dei lavori, nel quadro di una variante del progetto iniziale aveva
affidato a terzi l’esecuzione di nuove opere al piano terra del medesimo capannone.
Si costituì il Comune, e resistette alla domanda, assumendo che il contratto
originario era stato parzialmente novato con altro contratto stipulato 1 1 11 ottobre
1989, avente ad oggetto i diversi lavori approvati con delibera del 28 dicembre
1988, n. 6610, mentre in ordine agl’interessi era intervenuta una transazione; chiese inoltre, in via riconvenzionale, il pagamento dell’indennità dovuta per l’occupa-

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uditi i difensori delle parti;

zione del capannone, utilizzato dall’attrice per il deposito delle attrezzature di cantiere.
1.1. — Con sentenza del 22 ottobre 2003, il Tribunale di Genova accolse par-

ro 5.459,00, a titolo d’interessi sull’importo delle fatture anticipate dall’attrice, oltre interessi legali dal mese di giugno 1994, e rigettando tutte le altre domande
proposte dalle parti.
2. — L’impugnazione proposta dalla Costruzioni Astra è stata rigettata dalla
Corte d’Appello di Genova, che con sentenza del 23 giugno 2006 ha rigettato anche il gravame incidentale proposto dal Comune.
A fondamento della decisione, la Corte ha rilevato che il Comune, dopo aver
disposto la sospensione dei lavori con ordine di servizio del 15 settembre 1988,
con la successiva delibera del 28 dicembre 1988 aveva approvato un nuovo programma dei lavori, aggiungendo nuove opere, e, dato atto dell’impossibilità di realizzare immediatamente l’intero progetto, aveva riconosciuto la precedenza di tali
opere rispetto a quelle previste dal contratto originario, destinando alla realizzazione delle stesse la somma originariamente preventivata e rinviando a successive
delibere l’approvazione degli elaborati tecnici relativi al capannone di levante e il
rifinanziamento dei lavori. Tali determinazioni erano state condivise dall’Astra, la
quale, dopo aver preso atto della definitiva sospensione dei lavori con verbale del
6 aprile 1989, con atto del 10 ottobre 1989 aveva ottenuto l’affidamento dei nuovi
lavori, a seguito del quale, in data 26 marzo 1993, aveva chiesto di poter conservare il cantiere nel capannone di levante in attesa della gara d’appalto per l’affidamento dei relativi lavori, contestualmente dichiarando di aver ultimato quelli già
affidati.

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zialmente la domanda, condannando il Comune al pagamento della somma di Eu-

Tanto premesso, e precisato che il 25 giugno 1991 ed il 4 gennaio 1994 l’Astra aveva sottoscritto senza riserve i verbali di collaudo relativi ai due contratti
stipulati, in cui si dava atto del superamento della questione relativa alla sospen-

tenuto che tale atto precludesse all’appaltatrice la possibilità di agire a tutela dei
propri diritti lesi non solo dalle modalità di effettuazione del collaudo, ma anche
dalle attestazioni contenute nel relativo verbale, ma non pregiudicasse il diritto di
agire per il riconoscimento degl’interessi e del maggior danno derivanti dal ritardato pagamento delle somme dovute.
La Corte ha rilevato inoltre che la transazione stipulata tra le parti il 12 aprile
1995, riferendosi al ritardo nel pagamento di interessi dovuti ai sensi dell’art. 67, e
non già dell’art. 60 del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, non comprendeva anche
gl’interessi maturati nel periodo intercorso tra le date di pagamento delle fatture di
terzi anticipate dall’impresa e quelle dei certificati di pagamento emessi dal Comune, la cui richiesta non poteva pertanto ritenersi preclusa dalla rinuncia ad avanzare ulteriori pretese, contenuta nella transazione.
Quanto infine all’indennità di occupazione, ha ritenuto che la risposta positiva
data dal direttore del servizio, con il benestare dell’Assessore all’edilizia pubblica,
alla nota del 6 aprile 1993, con cui l’Astra aveva chiesto di mantenere in loco le
proprie attrezzature, senza offrire un corrispettivo, avesse comportato la conclusione di un accordo per l’utilizzazione del predetto spazio in precario gratuito, anche in vista del vantaggio economico che il Comune ne avrebbe potuto trarre in
caso di prosecuzione dei rapporti di appalto.
3. — Avverso la predetta sentenza la Costruzioni Astra ha proposto ricorso
per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. Il Comune

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sione, tradottasi in realtà in una riduzione dei lavori commissionati, la Corte ha ri-

ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, in parte
condizionato, articolato in quattro motivi, ed anch’esso illustrato con memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.,
e la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 112 e 180, secondo comma,
cod. proc. civ., sostenendo che, nel dichiarare la domanda di risarcimento preclusa
dalla sottoscrizione senza riserve del verbale di collaudo, la Corte di merito non
ha considerato che l’eccezione di decadenza, non rilevabile d’ufficio, non era stata
formulata nel termine perentorio di cui all’art. 180, secondo comma, cit., ma era
stata tardivamente proposta nella comparsa conclusionale depositata in primo grado, ed in ordine alla stessa essa ricorrente aveva dichiarato nella memoria di replica di non accettare il contraddittorio.
2. — Con il secondo motivo, la ricorrente ribadisce la nullità della sentenza e
la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., osservando che
la Corte di merito ha omesso di pronunciare in ordine alla tardività ed inammissibilità dell’eccezione di decadenza, da essa opposta nella memoria di replica e nuovamente dedotta in appello, avendo anzi ritenuto che la stessa fosse stata accolta
dal Giudice di primo grado, che l’aveva invece ritenuta assorbita dal rigetto della
domanda.
3. — Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 54 e 107 del regio decreto 25 maggio 1895, n. 350, affermando che, in quanto avente ad oggetto non già il pagamento di maggiori corrispettivi per i lavori eseguiti, ma l’accertamento dell’inadempienza del Comune, la
domanda non era subordinata alla tempestiva formulazione della riserva. Nessun

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1. — Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la nullità

rilievo poteva assumere, al riguardo, l’annotazione contenuta nel verbale di collaudo, secondo cui la sospensione si sarebbe tradotta in una riduzione dei lavori,
trattandosi di un’opinione espressa dal collaudatore a titolo meramente soggettivo.

Ai fini del rigetto della domanda di risarcimento dei danni asseritamente subiti dall’attrice per l’inadempimento del contratto di appalto, la Corte di merito ha
fatto ricorso a due distinti ordini di considerazioni, logicamente e giuridicamente
sufficienti a sorreggere la decisione adottata, riflettenti da un lato l’intervenuta accettazione da parte dell’appaltatrice di una riduzione dei lavori originariamente
commissionati, in conseguenza della stipulazione di un nuovo contratto di appalto,
avente ad oggetto l’affidamento di opere diverse, e dall’altro la decadenza dell’appaltatrice dal potere di agire a tutela dei propri diritti, in conseguenza dell’avvenuta sottoscrizione senza riserve del certificato di collaudo, nel quale si dava atto del
superamento della sospensione dei lavori, per effetto della predetta riduzione. Nell’impugnare la sentenza, la ricorrente si è limitata a censurare quest’ultima affermazione, facendo valere l’irrituale proposizione dell’eccezione di decadenza e l’insussistenza dell’onere d’iscrizione della riserva, senza fare alcun riferimento all’effetto novativo o modificativo attribuito all’accettazione della variante, la cui mancata impugnazione comporta il venir meno dell’interesse alla decisione, conformemente al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo
cui, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni distinte ed autonome,
ciascuna delle quali idonea a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse ne comporta il passaggio in giudicato, impedendo in ogni caso l’annullamento della sentenza (cfr. tra le più recenti, Cass., Sez. Un., 29 marzo
2013, n. 7931; Cass., Sez. VI, 3 novembre 2011, n. 22753; Cass., Sez. lav., 11

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4. — Il ricorso è inammissibile.

febbraio 2011, n. 3386).
5. — La dichiarazione d’inammissibilità del ricorso principale comporta l’assorbimento del primo motivo del ricorso incidentale, proposto in via condizionata,

zioni o addizioni ai lavori modificati, nei limiti previsti dall’art. 344 della legge 20
marzo 1865, n. 2248, all. F, indipendentemente dal consenso dell’appaltatrice.
6. — Con il secondo motivo, il Comune deduce la violazione dell’art. 183
cod. proc. civ., nonché il difetto d’istruttoria e motivazione, affermando che, nello
accogliere la domanda di riconoscimento degl’interessi per ritardato pagamento, la
sentenza impugnata ha pronunciato in ordine ad una domanda nuova, non avendo
considerato che gl’interessi richiesti non riguardavano il contratto d’appalto originario, cui si riferiva l’atto di citazione, ma altri contratti, richiamati dall’attrice soltanto in una memoria depositata il 15 aprile 1998.
7. — Con il terzo motivo, il controricorrente lamenta l’erroneità e l’insufficienza della motivazione, osservando che, nell’escludere l’efficacia preclusiva della transazione stipulata tra le parti, ai fini dell’accoglimento della domanda di riconoscimento degl’interessi, la Corte di merito non ha tenuto conto della portata
omnicomprensiva attribuita alla stessa dall’atto di accettazione sottoscritto dalla
ricorrente e dalla delibera di approvazione della Giunta municipale.
8. — Con il quarto motivo, il Comune denuncia la violazione dei principi generali dell’ordinamento e dell’art. 56 della legge 8 giugno 1990, n. 142 e dell’art.
192 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nonché il difetto d’istruttoria e l’erroneità
della motivazione, affermando che, nel conferire rilievo al vantaggio che l’Amministrazione avrebbe potuto trarre dalla conservazione del cantiere, ai fini del rigetto della domanda di pagamento dell’indennità di occupazione, la sentenza impu-

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e volto a far valere il diritto potestativo dell’Amministrazione di apportare varia-

gnata non ha considerato da un lato che la richiesta si riferiva al periodo successivo alla conclusione dei lavori, dall’altro che l’ente pubblico non poteva disporre a
titolo gratuito dei propri beni, in mancanza di un atto che ne esplicitasse le ragio-

9. — I motivi sono inammissibili, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., non
rispettando le prescrizioni dettate da tale disposizione ai fini della deduzione dei
vizi previsti rispettivamente dai nn. 1-4 e dal n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ.
Le censure di violazione di legge proposte con il secondo ed il quarto motivo
sono infatti corredate da quesiti di diritto la cui formulazione non risponde alle finalità perseguite dalla prescrizione di tale requisito, risolvendosi nell’enunciazione
di astratti interrogativi, privi di qualsiasi riferimento alla fattispecie presa in esame
dalla sentenza impugnata ed alle norme asseritamente violate, nonché al principio
di diritto concretamente applicato dal Giudice di merito. I vizi di motivazione fatti
valere con tutti e tre i motivi non risultano invece puntualizzati attraverso l’indicazione dei fatti controversi in relazione ai quali si lamenta l’omissione o la contraddittorietà della motivazione, ovvero mediante il riepilogo delle ragioni d’insufficienza della stessa.
L’assenza delle predette indicazioni rende impossibile orientarsi tra le argomentazioni in base alle quali il controricorrente chiede a questa Corte di cassare la
sentenza impugnata, in tal modo tradendo la funzione propria dei requisiti prescritti dall’art. 366-bis cit., la quale, com’è noto, consiste per il quesito di diritto
nell’agevolare l’esercizio della funzione nomofilattica del Giudice di legittimità,
soddisfacendo nel contempo l’interesse della parte ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, e per la specificazione del
fatto controverso nel circoscrivere puntualmente i limiti delle censure proposte, al

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ni.

fine di evitare che la formulazione del ricorso ingeneri incertezze in sede di valutazione della sua ammissibilità e fondatezza. Il conseguimento della prima finalità
presuppone infatti che il motivo d’impugnazione sia corredato da una chiara sinte-

l’enunciazione del principio di diritto applicabile alla fattispecie, e quindi formulata in termini tali per cui dalla risposta, negativa od affermativa, che ad esso si dia,
discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto dell’impugnazione (cfr.
Cass., Sez. Un., 12 marzo 2008, n. 6530; 11 marzo 2008, n. 6420; 28 settembre
2007, n. 20360). La realizzazione del secondo obiettivo, pur non richiedendo l’osservanza di rigidi canoni formali, postula invece che in una parte del motivo o
comunque del ricorso a ciò specificamente e riassuntivamente destinata il ricorrente enuclei, dal complesso delle argomentazioni svolte a sostegno della censura,
il fatto al cui accertamento la stessa si riferisce e le ragioni che la sorreggono, in
modo da consentire di individuare ictu ocu/i la questione sottoposta all’esame del
Giudice di legittimità (cfr. Cass., Sez. III, 30 dicembre 2009, n. 27680; Cass., Sez.
lav., 25 febbraio 2009, n. 4556). Il diverso ambito del sindacato a quest’ultimo
consentito rispettivamente in ordine alla ricostruzione dei fatti ed all’applicazione
delle norme giuridiche risultanti dalla sentenza impugnata impone poi, anche nel
caso in cui le stesse vengano censurate cumulativamente, di isolare la questione di
diritto dalle critiche rivolte alla motivazione in fatto, attraverso la distinta enunciazione del quesito richiesto dalla prima parte dell’art. 366-bis e del momento di
sintesi prescritto dalla seconda parte (cfr. Cass., Sez. III, 20 maggio 2013, n.
12248; Cass., Sez. Il, 23 aprile 2013, n. 9793).
Tali esigenze non possono ritenersi soddisfatte allorquando, come nella specie, l’identificazione delle predette questioni non costituisca oggetto di un’opera di

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si logico-giuridica della questione sottoposta all’esame della Corte, funzionale al-

puntualizzazione compiuta dallo stesso ricorrente, ma sia possibile soltanto attraverso la lettura completa della complessiva illustrazione dei motivi, configurandosi quindi come il risultato di un’attività interpretativa rimessa al lettore.

pensazione delle spese processuali tra le parti.

P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito il
primo motivo del ricorso incidentale, inammissibili gli altri motivi, ed interamente
compensate tra le parti le spese processuali.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2015, nella camera di consiglio della
Prima Sezione Civile

10. — La reciproca soccombenza giustifica la dichiarazione d’integrale com-

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