Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8838 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 31/03/2021), n.8838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2898-2019 proposto da: 4

T.E.J., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ADRIANO

DI FALCO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1328/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 12/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA

PAOLO.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

T.E.J. si opponeva a una cartella esattoriale notificatagli a seguito della revoca dell’indennizzo percepito per attività commerciale di vicinato a norma del D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 25, comma 7;

la revoca era stata disposta dal Ministero dello sviluppo economico per cessazione dell’attività commerciale e per insussistenza del requisito dell’iscrizione all’INPS gestione commercianti;

con l’opposizione, per quanto qui rileva, era dedotta la mancata notifica del decreto di revoca;

il Tribunale, sul punto, dichiarava inammissibile per tardività l’opposizione qualificata come agli atti esecutivi;

la ricorrente proponeva appello deducendo che la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca e del conseguente decreto costituivano motivi di opposizione all’esecuzione, disconoscendosi la sussistenza del titolo esecutivo;

la Corte di appello rigettava il gravame osservando che la revoca era comunque legittima e, trattandosi di atto vincolato, lo stesso non era annullabile per i vizi formali esposti;

avverso questa decisione ricorre per cassazione T.E.J. sulla base di un motivo, corredato da memoria;

resiste con controricorso il Ministero dello sviluppo economico.

Diritto

RILEVATO

che:

con l’unico motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 114 del 1998, artt. 7 e 21 bis, poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la comunicazione del decreto di revoca, così come prim’ancora quella dell’avvio del relativo procedimento, sarebbero stati presupposti di efficacia e validità del provvedimento conclusivo, e dunque dell’idonea sussistenza del preteso titolo esecutivo e, comunque, il difetto di notificazione o di comunicazione del decreto di revoca avrebbe leso uno specifico interesse della deducente, a evitare la maggiorazione d’interessi e spese di esecuzione, addizionati in cartella al capitale da restituire;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

la decisione impugnata dev’essere cassata senza rinvio perchè l’appello non poteva essere proposto;

quanto sopra, delle cui ragioni si sta per dare conto, supera la necessità di disporre l’integrazione del contraddittorio con l’esattore, ora Agenzia delle entrate per la riscossione, quale litisconsorte necessario attesa la domanda e la sua qualità di parte, sebbene contumace, in secondo grado, posto che l’esito dello scrutinio qui effettuato rende contrario alla ragionevole durata processuale ordinare tale inutile attività processuale (cfr., ad esempio, Cass., 17/06/2019, n. 16141, secondo cui il rispetto del diritto fondamentale a una ragionevole durata del processo impone al giudice, ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c., di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo a una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti, sicchè in caso di ricorso “prima facie” infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti);

nel merito cassatorio, questa Corte ha chiarito che l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale dev’essere compiuta in base al principio dell’apparenza, ovvero con riferimento esclusivo alla qualificazione dell’azione compiuta dal giudice nel provvedimento, indipendentemente dall’esattezza di essa e dalla qualificazione dell’azione operata dalla parte: con riferimento a una sentenza emessa a definizione di un giudizio di opposizione esecutiva, essa è impugnabile con l’appello se il giudice ha qualificato l’azione come opposizione all’esecuzione, mentre è impugnabile solo con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., quando è stata qualificata dal giudice come opposizione agli atti esecutivi (Cass., 04/08/2005, n. 16379, Cass., 15/02/2006, n. 3288, Cass., 02/04/2007, n. 8103, Cass., 11/01/2012, n. 171, Cass., 05/10/2018, n. 24515, pag. 3; cfr. anche Cass., 14/02/2020, n. 3722);

a ciò si aggiunge che qualora un’opposizione in materia esecutiva possa scindersi in un duplice contenuto, in parte riferibile a un’opposizione agli atti esecutivi e in parte a un’opposizione all’esecuzione, l’impugnazione della conseguente sentenza deve seguire il diverso regime previsto per i distinti tipi di opposizione (cfr., di recente, Cass., 11/02/2020, n. 3166);

nel caso in esame, risulta dalla sentenza gravata – anche se non dal ricorso come sarebbe stato imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, essendo i requisiti di ammissibilità del ricorso applicabili anche quando siano dedotti vizi procedurali (cfr. ad es. Cass., 25/09/2019, n. 23834) – che originariamente tra i motivi di opposizione c’era quello della prescrizione del credito restitutorio, qualificato dal Tribunale ex art. 615 c.p.c., ma non coltivato in appello;

ne deriva che il motivo di opposizione coltivato in seconde cure – peraltro con la specifica deduzione aggiuntiva della mancata comunicazione, altresì, dell’avvio del procedimento amministrativo, laddove nelle opposizioni esecutive non sono ammissibili motivi ulteriori rispetto a quelli originariamente articolati (Cass., 28/06/2019, n. 17441) – era da impugnare con ricorso straordinario per cassazione, e non appellabile;

spese secondo soccombenza per entrambi i gradi: sul punto deve evidenziarsi che il controricorso è da ritenere tempestivo stante la nullità della notifica effettuata presso l’Avvocatura distrettuale invece che generale (Cass., Sez. U., 15/01/2015, n. 608).

PQM

La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la decisione impugnata e condanna parte ricorrente alle rifusione delle spese di appello del Ministero dello sviluppo economico liquidate in Euro 2.000,00 oltre a spese prenotate a debito. Condanna altresì parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità del Ministero dello sviluppo economico, liquidate in Euro 3.200,00, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

 

 

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