Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8836 del 05/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/04/2017, (ud. 18/01/2017, dep.05/04/2017),  n. 8836

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5617 – 2016 R.G. proposto da:

D.M., – c.f. (OMISSIS) – D.J. – c.f. (OMISSIS) –

elettivamente domiciliati in Teramo, al vico del Riccio, n. 14,

presso lo studio dell’avvocato Gianluca Pomante, che li rappresenta

e difende giusta procura alle liti a margine del ricorso L. n. 150

del 2011, ex art. 6;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA delle DOGANE e dei MONOPOLI, – c.f. (OMISSIS) – in persona

del direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei

Portoghesi, n. 12, elettivamente domicilia;

– resistente –

Avverso l’ordinanza dei 27.1/2.2.2016 del tribunale di Teramo;

Udita la relazione all’udienza in camera di consiglio del 18 gennaio

2017 del consigliere dott. Luigi Abete;

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

procuratore generale dott. Federico Sorrentino, che ha chiesto

dichiararsi la competenza del tribunale di Teramo.

Fatto

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO

Con ricorso D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 6 al tribunale di Teramo D.M. e D.J. proponevano opposizione avverso l’ordinanza n. 1580/Id del 15.1.2015 emessa dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Ufficio dei Monopoli per l’Abruzzo – Pescara, con la quale era stato ad essi ingiunto il pagamento della somma di Euro 20.008,75 a titolo di sanzione amministrativa.

In particolare con la suindicata ordinanza si contestava ad essi opponenti l’aver consentito all’interno dell’esercizio commerciale denominato “(OMISSIS)”, in violazione dell’art. 110, comma 9, lett. c) t.u.l.p.s., l’uso di cinque congegni denominati “(OMISSIS)” non rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate al medesimo art. 110 t.u.l.p.s., commi 6 e 7.

Si costituiva l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Ufficio dei Monopoli per l’Abruzzo – Pescara.

Eccepiva in via preliminare l’incompetenza dell’adito tribunale e la competenza ratione loci del tribunale di Pescara.

Con ordinanza del 27.1/2.2.2016 il tribunale di Teramo dichiarava la propria incompetenza territoriale, la competenza ratione loci del tribunale di Pescara e condannava i ricorrenti alle spese di lite.

Evidenziava il tribunale che, in applicazione dell’art. 110, comma 9 ter t.u.l.p.s. – comma aggiunto dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 544, successivamente modificato dalla L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 74, e dal D.Lgs. n. 98 del 2011, art. 24, comma 19, e non abrogato dal D.Lgs. n. 150 del 2011 – doveva opinarsi per la competenza del tribunale di Pescara, “quale giudice del luogo in cui ha sede l’Ufficio che ha emesso l’ordinanza – ingiunzione per cui è causa” (così ordinanza del 27.1/2.2.2016 del tribunale di Teramo).

Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per regolamento necessario di competenza D.M. e D.J.; hanno chiesto dichiararsi la competenza per territorio del tribunale di Teramo; in subordine hanno chiesto “sospendere il presente giudizio e disporre la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale affinchè si pronunci sulla legittimità costituzionale del R.D. n. 773 del 1931, art. 110 (Tulps), comma 9 ter, come introdotto dalla L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 74, in relazione agli artt. 3, 25, 111 e 125 Cost.” (così ricorso per regolamento di competenza, pag. 8); in ogni caso con il favore delle spese.

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha depositato scrittura difensiva ex art. 47 c.p.c., u.c.; ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

Il pubblico ministero, giusta la previsione dell’art. 380 ter c.p.c., ha formulato conclusioni scritte.

I ricorrenti deducono che l’ordinanza impugnata ha violato del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 2, ove è statuito che “l’opposizione si propone davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione”; che segnatamente, in applicazione dell’art. 15 preleggi ovvero del criterio della lex posterior, il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 2, ha abrogato tacitamente l’art. 110, comma 9 ter t.u.l.p.s. nella parte introdotta dalla L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 74; che altresì è da applicare l’art. 6, comma 2, cit., giacchè il D.Lgs. n. 150 del 2011 ha atteso al riordino ed alla semplificazione dei procedimenti civili.

Deducono ulteriormente che, qualora l’art. 110, comma 9 ter t.u.l.p.s. nella parte introdotta dalla L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 74, non si reputasse tacitamente abrogato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 2, si prospetterebbe un’ingiustificata deroga agli ordinari criteri di riparto della competenza, “che determinerebbe la violazione del principio di ragionevolezza, di cui all’art. 3 Cost., dei principi di cui agli artt. 25 e 111 Cost. circa la parità delle parti nel processo, e del principio di decentramento della giustizia amministrativa, di cui all’art. 125 Cost.” (così ricorso per regolamento di competenza, pag. 3).

Deducono infine, con riferimento alla condanna alle spese di lite, che il tribunale di Teramo non ha considerato che il patrocinio dell’amministrazione è stato curato da un suo funzionario, sicchè controparte non avrebbe avuto diritto al rimborso delle competenze professionali; che inoltre il funzionario non ha provveduto al deposito di notula contenente indicazione e quantificazione delle spese “vive”, sicchè nessun rimborso al riguardo avrebbe potuto esser disposto.

Il ricorso per regolamento di competenza è fondato e meritevole di accoglimento nei limiti che seguono.

La previsione del R.D. n. 773 del 18 giugno 1931, art. 110, comma 9, seconda parte (t.u.l.p.s.), a tenor della quale “per le cause di opposizione all’ordinanza – ingiunzione emessa per le violazioni di cui al comma 9 è competente il giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’amministrazione autonoma dei monopoli di stato che ha emesso l’ordinanza – ingiunzione” (quale inserita dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 544, a decorrere dall’1.1.2006 e, successivamente, come sopra modificata dalla L. 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 74, a decorrere dall’1.1.2011 e dal D.Lgs. 6 luglio 2011, n. 98, art. 24, comma 19, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111), è indiscutibilmente disposizione speciale rispetto alla previsione del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 6, comma 2, a tenor della quale “l’opposizione si propone davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione”.

Conseguentemente l’antinomia tra le surriferite previsioni normative non può che essere risolta a favore della disposizione speciale alla stregua dei criteri per cui lex specialis derogat legi generali, lex posterior generalis non derogat legi priori speciali.

E’ da reputare d’altro canto che il dubbio di legittimità costituzionale che i ricorrenti hanno inteso prospettare, sia del tutto destituito di fondamento, che la questione di legittimità costituzionale del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 110, comma 9, seconda parte che hanno cioè inteso prefigurare, sia manifestamente infondata.

L’aspirazione ad assicurare l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa, nello specifico settore de quo agitur, dà ragione alla luce del disposto dell’art. 97 Cost., comma 1 della deroga al formale canone egalitario di cui all’art. 3 Cost., comma 1.

Al contempo nessuna menomazione al principio della precostituzione del giudice ovvero del giudice naturale, di cui all’art. 25 Cost., comma 1 comporta la speciale regola di competenza territoriale di cui al R.D. n. 773 del 1931, art. 110, comma 9 ter.

Nè ovviamente la prefigurazione della potestas decidendi del giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato che ha emesso l’ordinanza – ingiunzione, è atta a compromettere la garanzia del “giusto processo”.

Per nulla pertinente risulta poi il riferimento all’art. 125 Cost..

Negli esposti termini va dunque ribadita la declaratoria di competenza del tribunale di Pescara quale operata dal giudice a quo e dinanzi al quale le parti vanno rimesse.

Nondimeno, con riferimento alla condanna alle spese di lite disposta dal tribunale teramano, va posto in risalto che questa Corte spiega che l’autorità amministrativa che ha emesso il provvedimento sanzionatorio, quando sta in giudizio, siccome nella fattispecie, personalmente o avvalendosi di un funzionario appositamente delegato (come è consentito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma 4), non può ottenere la condanna dell’opponente, che sia soccombente, al pagamento dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, difettando le relative qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio, per cui sono, in tal caso, liquidabili in favore dell’ente le spese, diverse da quelle generali, che abbia concretamente affrontato in quel giudizio e purchè risultino da apposita nota (cfr. Cass. 24.5.2011, n. 11389; Cass. 9.2.2007, n. 2872; Cass. 2.9.2005, n. 17708).

Su tale scorta per nulla si giustifica la condanna alle spese di lite, quale pronunciata dal giudice a quo, viepiù giacchè non è contestata la circostanza per cui “il funzionario dell’Amministrazione dei Monopoli non ha provveduto al deposito della notula contenente le spese vive nè ha diversamente indicato quali sarebbero stati i costi sostenuti dall’Amministrazione resistente” (così ricorso per regolamento di competenza, pag. 7).

Conseguentemente l’ordinanza dei 27.1/2.2.2016 del tribunale di Teramo va cassata limitatamente alla parte in cui reca condanna degli opponenti, M. e D.J., a rimborsare alla resistente Agenzia delle Dogane e dei Monopoli le spese di lite, liquidate “in complessivi Euro 1.800,00, oltre spese generali al 15% e oltre IVA e CPA, se dovute come per legge” (così ordinanza dei 27.1/2.2.2016 del tribunale di Teramo, pag. 3).

Evidentemente, giacchè non vi è necessità di ulteriori accertamenti di fatto, nulla osta a che questa Corte, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, u.c., dichiari che nulla è dovuto a titolo di spese all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per la lite innanzi al giudice a quo.

L’accoglimento seppur parziale del ricorso per regolamento di competenza giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

In dipendenza del parziale buon esito del ricorso non sussistono i presupposti perchè, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, a decorrere dall’1.1.2013), i ricorrenti siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte accoglie in parte il ricorso per regolamento di competenza e, ribadita la declaratoria di competenza territoriale del tribunale di Pescara, dinanzi al quale rimette le parti, cassa l’ordinanza dei 27.1/2.2.2016 del tribunale di Teramo limitatamente alla parte in cui reca condanna degli opponenti, M. e D.J., a rimborsare alla resistente Agenzia delle Dogane e dei Monopoli le spese di lite e, decidendo nel merito, dichiara che nulla è dovuto a titolo di spese all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per il giudizio a quo; compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità; dà atto che non sussistono i presupposti perchè, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, i ricorrenti siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art. 13 medesimo D.P.R., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sez. sesta civ. – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 18 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2017

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