Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8835 del 14/04/2010

Cassazione civile sez. un., 14/04/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 14/04/2010), n.8835

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.S. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CRESCENZIO 19, presso lo studio dell’avvocato SCACCHI

FRANCESCO, che lo rappresenta e difende, per delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro-

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

per la risoluzione del conflitto negativo di giurisdizione tra le

sentenze nn. 14710/07 del Tribunale di Roma depositata il 10/10/2007

e la n. 622/2009 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE di ROMA

depositata il 26/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

16/03/2010 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

uditi gli avvocati Francesco SCACCHI, Diana RANUCCI dell’Avvocatura

Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’A.G.A..

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. M.S. domanda, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1, la risoluzione di conflitto negativo di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario. Riferisce che, sul ricorso diretto ad ottenere il pagamento dei compensi per l’attività svolta per l’incarico di presidente, e poi di coordinatore, del collegio di direzione del servizio di controllo interno dell’ex Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica, al quale egli, all’epoca magistrato amministrativo con funzioni di consigliere di Stato, era stato addetto nel periodo (OMISSIS) – (OMISSIS), avevano declinato la giurisdizione sia il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, sia il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio.

2. Risulta, in effetti, dalle richiamate decisioni che il M., a seguito di ricorso monitorio depositato il 24 maggio 2006, aveva ottenuto dal Tribunale di Roma decreto ingiuntivo per il pagamento di Euro 64.187, 98 a titolo di importi retributivi per lo svolgimento del richiamato incarico, ma lo stesso Tribunale, accogliendo la relativa eccezione sollevata in sede di opposizione dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, con sentenza del 10 ottobre 2007 aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario rilevando che l’attività prestata dal ricorrente era riferibile al suo ruolo di giudice amministrativo, come era confermato dalla esclusione del diritto ad una specifica retribuzione ai sensi del D.L. n. 162 del 1995, art. 3 quater, convertito in L. n. 273 del 1995, e dunque la controversia era devoluta, in via esclusiva, al giudice amministrativo secondo la previsione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 3, comma 1; il M. si era quindi rivolto al T.A.R. del Lazio, ottenendo un nuovo decreto ingiuntivo per il medesimo importo, ma, proposta opposizione da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze che aveva, melius re perpensa, eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, il Tribunale amministrativo con sentenza del 26 gennaio 2009 aveva, a sua volta, declinato la giurisdizione osservando che l’espletamento dell’incarico si collocava al di fuori del rapporto di pubblico impiego e concretizzava una prestazione d’opera professionale, sì che la controversia sulle relative pretese patrimoniali esulava dalla giurisdizione del giudice amministrativo.

3. Con il proprio ricorso, illustrato con memoria, il M. domanda la risoluzione del conflitto; l’Avvocature Generale dello Stato si è costituita per il Ministero dell’Economia e delle Finanze, instando per la devoluzione della controversia al giudice ordinario.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il conflitto negativo va risolto con la dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia.

1.1. La L. 11 luglio 1995, n. 273, art. 3 quater, comma 3 (recante misure urgenti per la semplificazione dei procedimenti amministrativi e per il miglioramento dell’efficienza delle pubbliche amministrazioni) prevede, per le amministrazioni che non hanno adottato il regolamento per l’istituzione del servizio di controllo interno, che alla direzione di tale servizio è preposto un collegio di tre membri costituito da due dirigenti generali, appartenenti ai ruoli del Ministero cui appartiene il servizio di controllo interno, e da un membro scelto tra i magistrati delle giurisdizioni superiori amministrative, gli avvocati dello Stato, i professori universitari ordinari; tali incarichi sono attribuiti senza oneri per lo Stato.

Nella specie, il ricorrente ha ricoperto l’incarico – dapprima come presidente del collegio e poi come coordinatore – in ragione della sua funzione di consigliere di Stato.

1.2. Nella materia in esame, queste Sezioni unite hanno più volte precisato che la domanda proposta da dipendente pubblico per ottenere dall’amministrazione datrice di lavoro il compenso di un’attività lavorativa svolta è devoluta alla cognizione del giudice del rapporto di pubblico impiego (rapporto rimasto attribuito, per i magistrati professionali, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 3 e art. 63, comma 4) quando le prestazioni dedotte trovino il loro titolo immediato e diretto nel rapporto stesso; esula, invece, dal rapporto di impiego quando manchi tale presupposto, il che avviene in presenza di attività prestata al di fuori dei poteri organizzatori del soggetto datore di lavoro, esorbitante dalle mansioni tipiche del dipendente e priva di ogni correlazione con il rapporto di pubblico impiego, riconducibile, quindi, ad un diverso rapporto costituito tra le stesse parti o con soggetti diversi (Cass. S.U. 15 febbraio 1994, n. 1469; 22 dicembre 1994, n. 11052; 23 febbraio 2000, n. 34; 27 febbraio 2002, n. 2881; 12 marzo 2004, n. 5184; 15 luglio 2005, n. 14989). E’ stato anche precisato che non rileva la circostanza dell’espletamento dell’attività fuori del normale orario di lavoro, che può eventualmente incidere sulla misura del compenso, ma non sull’attinenza alla posizione di lavoro, siccome la distribuzione temporale delle prestazioni eseguite in favore di un’amministrazione pubblica con la quale già si intrattenga un rapporto di lavoro subordinato, anche se realizzata nel senso di concentrare nell’orario eccedente il limite ordinario attività disomogenee rispetto a quelle svolte durante l’orario normale, non implica affatto estraneità di queste ultime all’obbligazione lavorativa nascente dal detto rapporto, ma rappresenta unicamente una particolare modalità di esecuzione di essa (Cass. S.U. 5184/2004, cit.). In particolare, il collegamento immediato dell’attività con il rapporto di lavoro subordinato pubblico dipende dalla relazione esistente tra l’attività stessa e l’apparato amministrativo del soggetto datore di lavoro (cfr. Cass. S.U. 11052/1994 cit.); ed ancora, per ritenere la costituzione, a latere rispetto al rapporto di impiego, di un diverso rapporto di lavoro autonomo, è decisivo l’elemento dell’esorbitanza dell’incarico dalla relazione di subordinazione (sul punto, vedi Cass. S.U. 12 giugno 1999, n. 324; 15 febbraio 1994, n. 1469; 8 agosto 1989, n. 3655).

1.3. Sulla base dei principi generali elaborati dagli orientamenti giurisprudenziali sopra richiamati, si deve concludere nel senso che la prestazione lavorativa del M. si poneva con il rapporto di pubblico impiego in nesso di mera occasionalità, imponendo la legge la nomina di un magistrato amministrativo delle giurisdizioni superiori, oppure di un avvocato dello Stato o di un professore universitario, esclusivamente per le garanzie di professionalità e imparzialità, ma per lo svolgimento di compiti di natura amministrativa, del tutto esulanti da quelli propri del rapporto di servizio, da svolgere in forza di rapporto organico costituto mediante provvedimento di autorità appartenente a diverso complesso organizzatorio, restando completamente estranea l’amministrazione di appartenenza al procedimento di nomina e all’organizzazione della prestazione.

1.4. La ricostruzione della vicenda giuridica, così operata, induce a qualificare il rapporto di servizio come onorario e non professionale. Secondo la giurisprudenza delle Sezioni unite, infatti, le funzioni pubbliche affidate a soggetto non legato da rapporto di servizio professionale con l’ente con il quale si instaura un rapporto organico straordinario e temporaneo, sulla base di provvedimento amministrativo autoritativo, comportano la costituzione di un rapporto di servizio onorario, esulante come tale dalla nozione giuridica di rapporto di lavoro, sia subordinato che autonomo (vedi Cass. S.U. 29 febbraio 2008, n. 5431, con riguardo a magistrato nominato presidente di un collegio di ispettori per la verifica delle procedure di appalto ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, convertito in L. n. 203 del 1991; 20 aprile 2007, n. 9363, con riguardo a componente di commissione medica istituita presso il Comune ai sensi della L. n. 295 del 2001; 9 marzo 2007, n, 5398, con riguardo a componente di commissione edilizia comunale; 25 maggio 2005, n. 10961, con riguardo a commissario ad acta nominato dall’amministrazione di vigilanza o controllo), La giurisprudenza delle Sezioni unite, quindi, dalla qualificazione in termini di servizio onorario fa discendere l’esclusione della giurisdizione amministrativa esclusiva prevista per le controversie di pubblico impiego e l’applicazione della regola generale di riparto della giurisdizione fondata sulla dicotomia diritto soggettivo – interesse legittimo, ravvisando la prima situazione giuridica soggettiva allorchè il funzionario non ponga in discussione l’esercizio di poteri spettanti all’amministrazione, ma invochi fonti, normative e non, che assume a fondamento della pretesa (in particolare, di pagamento di compensi per l’opera prestata). Al riguardo, però, gli stessi precedenti sopra menzionati attribuiscono rilievo decisivo alle previsioni normative che consentono la nomina di funzionari onorari, ritenendo che, ove nessun tipo di compenso sia previsto, la pretesa patrimoniale si risolve in contestazione della decisione dell’amministrazione di non esercitare il potere di riconoscere emolumenti, siccome il trattamento economico del funzionario onorario, in mancanza di specifiche previsioni di legge come nel caso di specie (ove anche la quantificazione del compenso operata dal dipendente è stata commisurata a determinazioni di diverse amministrazioni, a suo dire applicabili per l’analogia delle prestazioni), resta affidato alle libere e discrezionali determinazioni dell’autorità che procede all’investitura, di fronte alle quali il funzionario versa in situazione giuridica soggettiva avente la consistenza dell’interesse legittimo.

2. Tutto ciò comporta la dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo, con la rimessione della causa al T.A.R. del Lazio – previa cassazione della precedente sentenza declinatoria – in applicazione del principio generale della translatio judicii.

3. La difficoltà della questione di giurisdizione induce a compensare fra le parti le spese del giudizio.

PQM

La Corte, a sezioni unite, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; cassa la sentenza del T.A.R. del Lazio (n. 622 del 26 gennaio 2009), dinanzi al quale rimette le parti per il giudizio di merito. Compensa fra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2010

 

 

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