Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8832 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8832 Anno 2015
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: NUZZO LAURENZA

SENTENZA

sul ricorso 20553-2009 proposto da:
PARROCCHIA SANTISSIMA TRINITA’ CREMA C.F. 09778320151,
in persona del Parroco e legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GREGORIO VII 269, presso lo studio dell’avvocato
FLAMINIA RUECA, rappresentata e difesa dagli avvocati
GUALTIERO RUECA, CESARE CATTANEO, LIVIO GUERRERIO;
– ricorrente contro

PASSERI CARLA ALBERTA PSSCLL26T69D142K, VAILATI SERGIO
VLTSRG47B18D142L,

VAILATI

DIEGO VLTDGI52P28D142I,

Data pubblicazione: 30/04/2015

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE MAllINI 88,
presso lo studio dell’avvocato MASSIMO DE BONIS, che
li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MERIGO MARIA TERESA ELISABETTA;
– controricorrenti

di BRESCIA, depositata il 21/04/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/02/2015 dal Consigliere Dott. LAURENZA
NUZZO;
udito l’Avvocato LIVIO GUERRERIO, difensore della
ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato MASSIMO DE BONIS, difensore dei
resistenti, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 466/2009 della CORTE D’APPELLO

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 12.4.2003 Carla Alberta Passeri, Sergio Vailati e Diego Vailati convenivano

S.S. Trinità di Crema per sentire accertare il diritto di
proprietà di essi attori su un locale, posto al secondo
piano, sovrastante l’androne d’ingresso al civico 22 di
Via Piccinardi in Crema, facente parte della porzione
immobiliare, costituita da un androne con due locali sovrastanti posti al primo ed al secondo piano, loro pervenuta a seguito di successione ad Ivo Passeri che l’aveva
acquistata, con atto 8.5.1942, dall’ente ProtEducazione.
In via subordinata chiedevano accertarsi l’avvenuto acquisto per usucapione del locale suddetto, con condanna
della convenuta alla demolizione delle opere abusivamente realizzate.
Si costituiva in giudizio la Parrocchia della S.S. Trinità
e chiedeva il rigetto della domanda assumendo di essere
esclusiva proprietaria del locale in questione per averlo
ricevuto in donazione, con atto pubblico t- 17.5.1976, dalla società Immobiliare “Pro Educazione”.
Con sentenza in data 27.1.2005 il Tribunale adito accoglieva la domanda.
Avverso tale decisione la Parrocchia della S.S. Trinità
proponeva appello cui resistevano Carla Alberta Passeri,

1

in giudizio, innanzi al Tribunale di Crema, la Parrocchia

Sergio Vailati e Diego Vailati.
Con sentenza depositata il 21.4.2009 la Corte d’Appello
di Brescia confermava la sentenza di primo grado con-

suali del grado ed, affermata l’inclusione del locale oggetto di causa secondo l’atto pubblico del 1942, riteneva superfluo l’esame del quarto motivo di appello relativo alla statuizione del primo giudice sull’acquisto, per
intervenuta usucapione, del diritto di proprietà di detto
locale. Osservava la Corte di merito, sulla base della interpretazione di detto atto pubblico, che l’immobile in
questione, nella parte riguardante l’oggetto della controversia, era composto solo da due piani fuori terra, come
pure risultante dalla stessa descrizione effettuata dalle
parti, sicché il locale in questione non si trovava al terzo piano, come sostenuto dalla Parrocchia appellante ma
al secondo piano ed era stato trasferito con l’indicazione
dei confini riferiti ai “muri divisori” senza altra specificazione e “da ritenersi quindi trasferiti “da terra a cielo
senza interruzione o rientranza alcuna, lungo una linea
retta perpendicolare al suolo”, corrente, per la parte in
contestazione, “lungo il muro che divide la camera
all’epoca occupata dall’inquilino Vailati Venturi Camillo”, dalle altre pareti esterne non confinati con alcun altro stabile; il locale per cui è causa era, pertanto, com-

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dannando l’appellante al pagamento delle spese proces-

preso nel fabbricato venduto al dante causa degli attori e
tanto trovava conferma nella previsione della chiusura, a
spese dell’acquirente, delle “aperture fra la porzione

tà venditrice”.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la
Parrocchia Santissima Trinità di Crema formulando cinque motivi It

(yA sC;Ci –

Resistono con controricorso Carla Alberta Passeri, Sergio
Vailati e Diego Vailati.
Motivi della decisione
La ricorrente deduce:
1)contraddittoria e insufficiente motivazione in relazione alla determinazione del bene oggetto dell’atto di cessione fra i danti causa delle parti; la sentenza impugnata, contraddittoriamente, dapprima aveva affermato la
sussistenza di soli due piani fuori terra e, successivamente, la presenza di “due piani” al di sopra di un portico, dando atto dell’esistenza di tre livelli; il primo livello fuori terra,costituito dall’androne( spazio vuoto), portico e stalla/autofficina; il secondo livello da due locali
ed il terzo livello dalla stanza oggetto di causa; la sentenza non aveva spiegato la ragione della mancata considerazione del livello del piano terreno ( o primo fuori
terra) e neppure aveva spiegato se il temine “piani” an-

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venduta ai consorti Passeri e quella rimasta alla socie-

dava riferito o meno ai diversi livelli o piani fuori terra;
2)violazione della norma interpretativa di cui all’art.
1462( rectius 1362) 1° co. c.c., in relazione alla determi-

la Corte di merito / nel ritenere sussistenti due soli livelli fuori terra della costruzione di via Piccinardi, non
aveva tenuto conto dell’androne e non aveva,quindi, ricostruito “la volontà identificativa dei beni con riferimento all’intero compendio e al contratto:”
Al riguardo sono formulati i seguenti quesiti: a) se le espressioni usate nello stesso contratto di vendita immobiliare per identificare l’oggetto della cessione e in particolare le locuzioni “casa di piani tre” e “casa di piani
due” debbano venire, in assenza di diverse precisazioni,
interpretate in modo analogo con riferimento alla posizione fuori terra di ciascun piano”; b)se,ai sensi dell’art.
1362 1° co. c.c., nell’ambito di un contratto immobiliare
composto da più fabbricati, l’identificazione della complessiva porzione immobiliare venduta a “casa, portico,
stalla ecc. di piani due” debba compiersi con riferimento
all’iitera unità compravenduta, determinando così i due
piani utili nell’intero complesso o, viceversa, possa riferirsi ad una sola parte del complesso ove in presenza
di un androne vuoto manchi un piano terreno, come assume la Corte di appello, identificando così il secondo

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nazione dell’esatta consistenza dei beni ceduti, laddove

piano con il terzo livello fuori terra rispetto all’intero
complesso ceduto”;
3)omessa motivazione sulla rilevanza del frazionamento

tanze catastali nella determinazione dei beni compravenduti; la Corte di merito aveva affermato che le previsioni catastali erano prive di valore determinante rispetto
alla diverse risultanze degli atti, non considerando che,
nel rogito del 1942, le porzioni immobiliari vendute erano descritte con preciso riferimento a detto tipo di frazionamento cui andava attribuita efficacia vincolante per
l’identificazione dei beni;
4) “violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 1° co.
c.c. in riferimento al mancato esame della clausola contrattuale ricostruttiva per relationem dei beni”;
la Corte aveva tenuto conto solo della clausola n. 11,
priva di rilevanza per la sua genericità, ove era previsto:”le

aperture

esistenti fra la porzione venduta ai

consorti Passeri e quella rimasta alla società venditrice
saranno chiuse a spese

dei consorti Passeri che trat-

terranno i serramenti”; aveva,invece,trascurato la clausola sub 1)omettendo di dare rilievo al tipo di frazionamento per geom. Biancassi richiamato nell’atto di vendita;
5)violazione e falsa applicazione degli art. 1140 e 1158
c.c.ed insufficiente motivazione sul punto relativo

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redatto dal geom. Bianchessi e delle conseguenti risul-

all’intervenuta usucapione; pur in difetto di una statuizione sul punto, la Corte di merito aveva rilevato che il

l’erezione de muro, aveva impedito l’uso della stanza da
parte del proprietario dell’immobile confinante e costituiva “circostanza significativa dell’esercizio di una signoria sulla cosa corrispondente al potere del proprietario”, così confondendo il mancato utilizzo del bene da
parte del proprietario con l’acquisizione del possesso.
Il ricorso è infondato.
Il primo motivo è inammissibile in quanto non corredato
del momento di sintesi richiesto,ex art. 366 bis c.p.c.,
con riferimento al vizio di motivazione denunciato.
Va rammentato che i motivi del ricorso per cassazione
devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità,
dalla formulazione di un espresso quesito di diritto nei
casi previsti

dall’art. 360 primo comma n.1,2,3 e 4

c.p.c. Ove poi sia denunciato un vizio di motivazione,
ex art. 360 n. 5 c.p.c., l’illustrazione del motivo deve
indicare il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa, insufficiente o contraddittoria. ( cfr. S.U. n. 23732/07; S.U. n. 351/2008).
Nella specie la censura si limita a riportare parte della
motivazione della sentenza impugnata, non correlata alle

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divieto di utilizzazione del locale, realizzato mediante

specifiche ragioni poste a fondamento della decisione
sicché la questione controversa non risulta esattamente
individuata con riferimento ai fatti accertati, richieden-

in una parte del motivo a ciò specificatamente destinato(Cass. n. 4309/2008; n. 8897/2008; S.U. n. 351/2008).
Il motivo sub 2) si risolve in una diversa valutazione delle risultanze probatorie, poste a fondamento della decisione con motivazione immune da vizi logici e giuridici,
come tale, esulante dal sindacato di legittimità.
In particolare, la Corte di merito ha evidenziato che
dalla stessa descrizione effettuata dalle parti, con l’atto
pubblico di trasferimento 8.5.1942, il locale in questione risultava collocato in un fabbricato costituito da due
piani siti al di sopra del portico e che la specifica clausola contenuta in detto contratto che prevedeva la chiusura di tutte le aperture esistenti verso la porzione acquistata dai coniugi Groppi, a cura e spese del Passeri,
costituiva un ulteriore riscontro della inclusione nella
compravendita del locale oggetto di causa.
Il terzo motivo è pure inammissibile in quanto attiene
ad una questione nuova, posto che risulta sollevata solo
nel presente giudizio di legittimità senza che il ricorrente abbia specificato il motivo di appello con cui la questione sarebbe stata proposta .

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dosi, inoltre, che il “momento di sintesi” sia contenuto

La quarta doglianza riguarda anch’essa apprezzamenti
di merito sulla prove acquisite e non consente di individuare l’errore interpretativo in cui sarebbe incorsa la
Secondo il principio affermato da

questa Corte, in tema di interpretazione di atti contrattuali, il sindacato di legittimità va rapportato non alla
ricostruzione della volontà delle parti, costituente accertamento di fatto non consentito in sede di legittimità,
ma alla individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico di cui il giudice di merito si sia avvalso
(Cass. n.13543/2002) e, sotto tale profilo, difetta una
specifica censura sulla violazione di un criterio ermeneutico, essendo stato lamentato solo il mancato esame
di una clausola contrattuale “ricostruttiva per relationem
dei beni”, sulla base di una diversa lettura delle risultanze probatorie prese in esame dal Giudice di Appello.
In ordine al quinto motivo, pur avendo la ricorrente
formulato il quesito di diritto in relazione al dedotto
vizio di violazione di legge, ha omesso il “momento si
sintesi” riferito al vizio di motivazione contestualmente
denunciato. Il quesito di diritto( “Dica la Corte di Cassazione se la mancata disponibilità in fatto del bene e
l’inaccessibilità dello stesso per il preteso possessore
impediscano il possesso del bene giuridicamente inteso ai
fini dell’usucapione

ai sensi degli artt. 1140 e 1158

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Corte territoriale.

c.c.”) non

è, comunque, correlato alle ragioni della

decisione e non risulta formulato

in termini tali per

cui dalla risposta,negativa od affermativa, discenda in

Né può ritenersi sufficiente che il quesito di diritto possa implicitamente desumersi dall’esposizione del motivo
di ricorso o che possa ricavarsi dal principio di diritto
che il ricorrente ritiene applicabile al caso di specie
in quanto ciò comporterebbe l’abrogazione tacita del
disposto dell’art. 366 bis c.p.c. che prevede la necessità
che una parte del ricorso sia destinata ad individuare, in
modo specifico e chiaro, la questione che la Corte di
legittimità è chiamata a risolvere.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità,
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in €
3.200,00 di cui

e

200,00 per esborsi oltre accessori di

legge.
Così deciso in Roma il 27.2.2015

modo univoco l’accoglimento o il rigetto del gravame.

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