Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8831 del 05/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 05/04/2017, (ud. 01/02/2017, dep.05/04/2017),  n. 8831

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5997/2016 proposto da:

REGIONE ABRUZZO, C.F. (OMISSIS), legale rappresentante pro tempore,

difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui uffici

domicilia in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– ricorrente –

contro

B.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GERMANICO 101, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

SCELLI, rappresentato e difeso dagli avvocati PIERGIORGIO

MANCINELLI, PAOLO FRANI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 25360/2015 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 17/12/2015 R.G.N. 20615/13;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/02/2017 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per revocare la sentenza,

accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato GIACOMO AIELLO;

udito l’Avvocato FELICE IACOLONI per delega Avvocato PAOLO FRANI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello di L’Aquila, adita dalla Regione Abruzzo, con la sentenza n. 713 del 2013 depositata il 28.5.2013, confermò la sentenza di primo grado che aveva dichiarato il diritto di B.G. alla perequazione della retribuzione individuale di anzianità a quella percepita da altri dipendenti inquadrati in pari ruolo a norma della L.R. Abruzzo n. 16 del 2008, art. 1, L.R. Abruzzo n. 6 del 2005, art. 43 ed L.R. Abruzzo n. 118 del 1998, art. 1, fino all’abrogazione sopravvenuta per effetto della L.R. Abruzzo n. 24 del 2011, ed aveva condannato la Regione a corrispondere le differenze retributive maggiorate degli interessi legali a decorrere dalle rispettive date di entrata in vigore delle citate leggi regionali.

2. La Corte del merito, per quello che interessa in questa sede, ricostruito il quadro normativo di riferimento e precisato che il meccanismo perequativo di cui alla L.R. n. 118 del 1999, come modificata dalla L.R. n. 6 del 2005, era stato esteso per effetto della L.R. n. 16 del 2008, a tutti i dipendenti regionali aventi medesimo inquadramento in ruolo e qualifica in qualunque modo vi avessero avuto accesso, ritenne riferibile l’operatività del predetto meccanismo perequativo non già all’epoca dell’immissione in ruolo del dipendente interessato all’equiparazione, quanto piuttosto al momento dell’accesso nei ruoli regionali del dipendente proveniente dall’esterno che godeva di una più elevata retribuzione di anzianità in relazione alla quale doveva attuarsi la perequazione.

3. Avverso tale sentenza la Regione Abruzzo ha proposto ricorso in cassazione sulla base di due motivi cui ha resistito B.G..

4. Questa Corte, in diversa composizione, con la sentenza n. 25360 del 2015 ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso proposto dalla Regione Abruzzo, sul rilievo che la ricorrente, in violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 1, non aveva depositato la copia notificata della sentenza ricorsa. Ha rilevato che il B. aveva provveduto a notificare all’Avvocatura distrettuale dello Stato in data 9.9.2013 copia della sentenza della Corte di appello che confermava la sentenza di primo grado di accoglimento del ricorso e malgrado ciò al ricorso per cassazione, avviato per la notifica il 16 settembre 2013, e dunque nel termine di sessanta giorni dall’avvenuta notificazione della sentenza, era stata allegata copia autentica della stessa priva della relata della notificazione.

5. In diritto ha richiamato, per darvi continuità, i principi affermati da questa Corte secondo cui nell’ipotesi in cui il ricorrente per cassazione non alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, la Corte di Cassazione deve ritenere che lo stesso ricorrente abbia esercitato il diritto di impugnazione entro il cosiddetto termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., procedendo all’accertamento della sua osservanza. Tuttavia qualora, o per eccezione del controricorrente o per le emergenze del diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d’ufficio, emerga che la sentenza impugnata era stata notificata ai fini del decorso del termine d’impugnazione, la S.C., indipendentemente dal riscontro della tempestività o meno del rispetto del termine breve, deve accertare se la parte ricorrente abbia ottemperato all’onere del deposito della copia della sentenza impugnata entro il termine di cui dell’art. 369 c.p.c., comma 1 e, in mancanza, deve dichiarare improcedibile il ricorso, atteso che il riscontro della improcedibilità precede quello della eventuale inammissibilità.” (Cass. SSUU 9005/2009 e, tra le altre, Cass. 7469/2014).

6. Avverso tale sentenza la Regione Abruzzo ha proposto ricorso per revocazione, insistendo perchè, revocata la sentenza di questa Corte, siano accolti i motivi dell’ originario ricorso per cassazione. B.G. ha resistito con controricorso.

Sintesi del motivo del ricorso per revocazione.

7. La ricorrente denuncia errore di fatto, ai sensi degli artt. 391 bis e 395 c.p.c., sostenendo che l’affermazione contenuta nella sentenza revocanda secondo cui “al ricorso per cassazione avviato per la notifica il 16 settembre 2013, e dunque nel termine di sessanta giorni dall’avvenuta notificazione della sentenza, era stata allegata copia autentica della stessa priva della relata” sarebbe frutto di un errore di fatto perchè all’atto del deposito del ricorso effettuato il 25.9.2013 essa originaria ricorrente aveva allegato la copia della sentenza impugnata contenente la relata della sua notifica.

8. La Regione ripropone, per la fase rescissoria, il contenuto dell’originario ricorso per cassazione.

Esame del motivo del ricorso per revocazione.

9. In via preliminare, va premesso che, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l’errore revocatorio si individua nell’errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti del giudico di legittimità e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati (Cass. Sez. Un., 30 ottobre 2008, n. 26022).

10. In sostanza, la configurabilità dell’errore di fatto, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, presuppone che la decisione appaia fondata, in tutto o in parte, esplicitandone e rappresentandone la decisività, sull’affermazione di esistenza o inesistenza di un fatto che, per converso, la realtà obiettiva ed effettiva (quale documentata in atti) induce, rispettivamente, ad escludere od affermare, sicchè il fatto stesso sia percepito e portato ad emersione nello stesso giudizio di cassazione, nonchè posto a fondamento delle argomentazioni logico-giuridica di conseguenza adottate dal giudice di legittimità (Cass., ord. 15 luglio 2009, n. 16447).

11. Ciò posto il ricorso per revocazione è fondato atteso che l’esame del fascicolo di ufficio evidenzia che negli atti del processo era presente (ed è presente oggi) la copia autentica della sentenza impugnata (cfr. attestazione del 29.8.2013) con relata della notifica che reca data del 9.9.2013.

12. Ne segue che si verte senza dubbio nella fattispecie di errore di fatto di cui dell’art. 395 c.p.c., n. 4, in quanto la decisione impugnata è fondata sulla supposizione di un fatto, inesistenza della sentenza contenente la relata di notifica, la cui esistenza è, come detto, incontrastabilmente accertata dall’esame degli atti.

13. Non sottrae alla revocabilità della sentenza la circostanza, evidenziata dalla parte resistente nel controricorso, che la difesa della Regione nulla abbia obiettato in relazione alla sollevata eccezione di improcedibilità del ricorso per cassazione.

14. In base alle considerazioni svolte la sentenza impugnata deve essere revocata e, conclusasi positivamente la fase rescindente, si deve passare alla fase rescissoria e, dunque, esaminare il ricorso per cassazione proposto dalla Regione nei confronti della sentenza della Corte di appello di L’Aquila n. 713 del 2013.

Sintesi dei motivi del ricorso per cassazione.

15. Con il primo motivo la parte ricorrente, deduce la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, comma 3, art. 2, comma 3 e art. 24, della L.R. Abruzzo n. 118 del 1998, art. 1, della L.R. Abruzzo n. 6 del 2005, art. 43, come modificato dalla L.R. Abruzzo n. 16 del 2008, art. 1, comma 2, alla luce degli artt. 36 e 117 Cost..

16. Assume che l’impianto normativa regionale, su cui si fonda l’impugnata sentenza, risulta adottato in violazione della riserva di competenza alla contrattazione collettiva del profilo retributivo del personale dipendente della Regione Abruzzo, oltre che in violazione dei criteri di riparto fra legislatore statale e regionale, nonchè del parametro regolatore di cui all’art. 36 Cost.. Chiede, pertanto, che sia disapplicata la predetta normativa regionale o, in subordine, che sia sollevata la questione di legittimità costituzionale delle citate norme, previa valutazione della non manifesta infondatezza della questione.

17. Con il secondo motivo di ricorso la Regione Abruzzo, subordinatamente al mancato accoglimento del primo motivo ritenuto assorbente, denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L.R. Abruzzo n. 118 del 1998, art. 1 e L.R. Abruzzo n. 6 del 2005, art. 43, come modificato dalla L.R. Abruzzo n. 16 del 2008, art. 1, comma 2, criticando la sentenza impugnata per aver legittimato, con la sua interpretazione, un allineamento dinamico verso l’alto della voce retributiva.

Esame dei motivi del ricorso per cassazione.

18. Il primo motivo è fondato.

19. Va osservato che questa Corte nel decidere una controversia identica alla presente ha rilevato che “la Corte costituzionale con sentenza n. 211 del 2014 investita dal Tribunale di Teramo della questione di legittimità costituzionale della L.R. Abruzzo 8 febbraio 2005, n. 6, art. 43 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2005 e pluriennale 2005-2007 della Legge Regione Abruzzo – Legge finanziaria regionale 2005), come sostituito dalla L.R. Abruzzo 21 novembre 2008, n. 16, art. 1, comma 2 (Provvedimenti urgenti ed indifferibili) in riferimento all’art. 117 Cost., comma 2, lett. l) e dal momento che la disciplina del trattamento economico dei dipendenti regionali rientra nella materia dell’ordinamento civile che appartiene alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della predetta L.R. Abruzzo 8 febbraio 2005, n. 6, art. 43, come sostituito della L.R. Abruzzo 21 novembre 2008, n. 16, art. 1, comma 2, nella parte in cui introduce il comma 2-bis nell’art. Legge della L.R. Abruzzo 13 ottobre 1998, n. 118 (Riconoscimento agli effetti economici della anzianità di servizio prestato presso lo Stato, Enti Pubblici, Enti Locali e Regioni, nei confronti del personale inquadrato nel ruolo regionale a seguito di pubblici concorsi ed estensione dei benefici previsti dalla L. n. 144 del 1989 al personale ex L. n. 285 del 1977). Tanto perchè della citata L.R. n. 6 del 2005, art. 43, nel disciplinare la retribuzione individuale di anzianità dei dipendenti regionali, allineandone l’ammontare a quello percepito dai dipendenti che, provenendo da altre amministrazioni, sono transitati nei ruoli regionali, incide sul trattamento economico dei dipendenti regionali prevedendone un incremento allorchè ricorrano le condizioni previste e, quindi eccede dall’ambito di competenza riservato al legislatore regionale invadendo la materia dell’ordinamento civile, riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato” (Cass. 7357/2016, 6197/2016, 25492/2014). In base quindi alla richiamata pronunzia di incostituzionalità, che ha determinato il venir meno delle previsioni della legge regionale alla base della pretesa azionata, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata.

20. Non essendo, poi, necessari ulteriori accertamenti di fatto la controversia può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 e la domanda originaria deve essere rigettata.

21. Il recente intervento della Corte Costituzionale in uno all’orientamento espresso dai giudici di merito inducono questa Corte a ritenere sussistenti le ragioni di cui all’art. 92 c.p.c., comma 2, per compensare tra le parti le spese dell’intero processo.

PQM

La Corte:

Accoglie il ricorso.

Revoca la sentenza n. 25360/2015.

Cassa la sentenza della Corte di Appello di l’Aquila n. 713/2013 e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda.

Compensa le spese dei giudizi di merito e di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2017

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