Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8829 del 31/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 31/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 31/03/2021), n.8829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13302-2018 proposto da:

G.A., G.D., G.Z., G.S.,

G.V.I.T., GO.VE., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

D’ACUNTI, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati

GIORGIO GIUSTI, ALESSANDRA MALMUSI, GUIDO GIUSTI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA DIFESA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

contro

B.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2982/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 14/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nella notte tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) una pattuglia di Carabinieri del Comando Provinciale di Bologna, Compagnia di (OMISSIS), avendo ricevuto la segnalazione del rinvenimento di un’autovettura rubata e già utilizzata per un furto in un appartamento, organizzò un servizio di appostamento nei pressi del suddetto veicolo.

All’una del mattino del (OMISSIS) due persone salirono a bordo del veicolo rubato e fecero per allontanarsi.

I Carabinieri intervennero, intimando loro l'”alt”. Le due persone suddette tuttavia, in luogo di obbedire, scesero dall’autovettura e si diedero alla fuga a piedi.

Intervenne in ausilio una seconda pattuglia di Carabinieri, composta tra gli altri dal maresciallo B.D.. Questi, trovatosi di fronte uno dei fuggitivi, apri il fuoco e lo ferì mortalmente.

La vittima risulterà poi essere G.A., di nazionalità albanese.

2. Allegando i fatti di cui sopra, nel 2010 i familiari di G.A. (i due genitori, tre fratelli ed una sorella) convennero dinanzi al Tribunale di Bologna B.D. ed il Ministero della difesa, chiedendone la condanna risarcimento dei danni rispettivamente patiti in conseguenza della morte del proprio figlio e fratello.

A fondamento della domanda dedussero che il maresciallo B.D. avesse fatto un uso illegittimo delle armi, aprendo il fuoco contro una persona disarmata.

3. Il Tribunale di Bologna con sentenza n. 2581 del 2013, accolse la domanda.

Ritenne il Tribunale che il maresciallo B.D., pur avendo visto o potendo vedere che G.A. non impugnasse armi, non si astenne dall’aprire il fuoco ad altezza d’uomo nei confronti del fuggitivo.

La sentenza venne impugnata dai soccombenti.

4. La Corte d’appello di Bologna, dopo aver preliminarmente rigettato l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, con sentenza 14 dicembre 2017, n. 2982, accolse il gravame e rigettò la domanda risarcitoria.

Ritenne la Corte d’appello che il militare avesse agito in una situazione di legittima difesa putativa, ex art. 59 c.p..

La Corte d’appello ricostruì l’accaduto come segue:

-) G.A., dopo che gli fu intimato l'”alt-Carabinieri”, in luogo di consegnarsi si diede alla fuga;

-) il maresciallo B.D. lo inseguì;

-) quando il fuggitivo stava per essere raggiunto dal sottufficiale (il più vicino tra gli inseguitori) improvvisamente si arrestò, si voltò e portò una mano alla cintola;

-) a questo punto il maresciallo dei Carabinieri, trovatosi di fronte ed a distanza ravvicinata all’antagonista, aprì il fuoco.

Così ricostruiti i fatti, la Corte d’appello ritenne in punto di diritto che la condotta della vittima (fuggire precipitosamente; fermarsi improvvisamente quando stava per essere raggiunto; voltarsi repentinamente; non dichiarare nulla sulle proprie intenzioni; portare una mano alla cintola) del tutto incolpevolmente fu percepita dal Carabiniere come l’intento di usare un’arma, e legittimamente quel gesto fu interpretato come una minaccia grave all’incolumità propria e dei colleghi.

5. Ricorrono per cassazione avverso la suddetta sentenza i familiari della vittima, con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria

6. Il ricorso, già fissato per l’adunanza camerale del 20 febbraio 2020, con ordinanza interlocutoria 26 giugno 2020, n. 12850 venne rinviato a nuovo ruolo, affinchè fosse rinnovata la notificazione del ricorso all’Avvocatura dello Stato, in quanto invalidamente effettuata presso la sede dell’Avvocatura Distrettuale, invece che presso la sede dell’Avvocatura Generale.

Adempiuto il suddetto incombente, ha resistito con controricorso il solo Ministero della difesa.

Il ricorso è stato quindi nuovamente fissato per l’odierna adunanza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 5, sia la violazione di legge (assumono violati gli artt. 52 e 59 c.p., e l’art. 2044 c.c.); sia l’omesso esame del fatto decisivo.

Nella illustrazione del motivo si assume che la Corte d’appello, nel ritenere sussistente un’ipotesi di legittima difesa putativa, avrebbe trascurato di considerare varie circostanze decisive:

-) che il maresciallo B.D. avrebbe esploso nei confronti della vittima non un solo, ma quattro diversi proiettili;

-) che tre dei suddetti proiettili esplosi dal sottufficiale erano andati a segno, l’ultimo dei quali letale;

-) che la vittima era stata attinta da colpi d’armi da fuoco esplosi dal sottufficiale già durante la fuga, e prima ancora che si voltasse;

-) che il sottufficiale aveva tirato direttamente al bersaglio, senza esplodere alcun colpo di avvertimento in aria.

Deducono i ricorrenti che le suddette circostanze impedivano di ritenere sussistente una condizione di legittima difesa putativa, giacchè – questo il fulcro della censura – il maresciallo B.D. aprì il fuoco nei confronti della vittima mentre era nella fase di fuga, e prima ancora che compisse gesti interpretabili come un tentativo ostile di reazione armata.

1.1. Nella parte in cui prospetta la violazione di legge il motivo è manifestamente inammissibile.

Lo stabilire, infatti, se una persona abbia o non abbia tenuto un atteggiamento suscettibile di essere interpretato come una minaccia grave, e tale da legittimare l’uso delle armi, è un accertamento di fatto, non una valutazione di diritto. In quanto tale, la relativa statuizione del giudice di merito è insindacabile in questa sede.

1.2. Nella parte in cui prospetta il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo il motivo è parimenti inammissibile, per due indipendenti ragioni.

In primo luogo il motivo è inammissibile perchè sotto l’usbergo del mancato esame d’un fatto decisivo in realtà censura la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, e segnatamente l’interpretazione delle deposizioni testimoniali e delle perizie disposte nel corso dell’indagine penale.

In secondo luogo il motivo è inammissibile perchè il fatto che si assume trascurato è privo del carattere di decisività.

Gli attori hanno chiesto il risarcimento del danno da morte del prossimo congiunto, non del danno causato dal ferimento.

E poichè il proiettile letale fu uno soltanto, quel che bisognava accertare nel giudizio di merito, ai fini dell’accoglimento della domanda attorea, era se al momento in cui venne esploso quel solo proiettile letale il Carabiniere si trovasse o non si trovasse in una situazione di legittima difesa putativa.

Pertanto la circostanza che, prima di quel solo proiettile letale, il milite ne avesse già esplosi uno, 10 o 100, ma tutti indirizzati a punti del corpo non vitali, è circostanza irrilevante per escludere la scriminante della legittima difesa putativa.

2. Col secondo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 52,55 e 59 c.p., nonchè degli artt. 2044 e 2697 c.c..

Deducono che la Corte d’appello, nel ritenere sussistente la scriminante della legittima difesa putativa, ha dato rilievo alla circostanza che il maresciallo B.D., comparendo sulla scena dell’operazione ed avendo udito degli spari, non potesse sapere che erano stati esplosi da un suo collega, e poteva perciò legittimamente presumere che il fuggitivo fosse armato, e fosse stato lui a sparare.

Deducono i ricorrenti che tale valutazione sarebbe scorretta, giacchè se fosse stata davvero la vittima ad esplodere i colpi di arma da fuoco che il maresciallo B.D. udì nell’approssimarsi al fuggitivo, quest’ultimo avrebbe avuto ancora in mano l’arma, mentre è pacifico che quando il fuggitivo si arrestò e si voltò verso il maresciallo dei carabinieri non avesse nulla in mano.

2.1. Il motivo è inammissibile perchè sotto le vesti della violazione di legge censura un tipico apprezzamento di fatto, quale è indubitabilmente lo stabilire se l’atteggiamento tenuto dalla vittima fosse o non fosse tale da ingenerare nel sottufficiale dei Carabinieri l’incolpevole convinzione di essere in pericolo.

3. Col terzo motivo i ricorrenti lamentano sia il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, sia il vizio di violazione di legge (assumono violati l’art. 2044 c.c.; artt. 52 e 59 c.p.).

Deducono che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere sussistente una situazione di legittima difesa putativa, dal momento che il maresciallo B.D. “ha sempre avuto una visuale libera sul fuggitivo, tanto da dover ammettere di non averlo mai perso di vista”. Ne deducono che il convenuto era perfettamente in grado di avvedersi che la vittima non fosse armata, e di conseguenza la Corte d’appello non poteva concludere che il Carabiniere avesse aperto il fuoco in una situazione di legittima difesa putativa.

3.1. Anche questo terzo motivo è inammissibile, e per due indipendenti ragioni.

In primo luogo è inammissibile perchè, come gli altri, censura la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove.

In secondo luogo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.

La Corte d’appello, infatti, ha escluso la responsabilità del maresciallo

B.D. sul presupposto che, dinanzi al gesto improvviso del fuggitivo sopra descritto, il sottufficiale legittimamente ritenne che quegli stesse per estrarre un’arma dalla cintola.

Dinanzi a questa ratio decidendi, pertanto, è irrilevante che nei momenti immediatamente precedenti l’uccisione la vittima non impugnasse una pistola. Non, infatti, il possesso di un’arma da fuoco da parte della vittima è stato ritenuto dalla Corte d’appello decisivo per escludere la responsabilità dell’uccisore, ma l’atteggiamento idoneo a lasciar supporre il possesso di quell’arma.

4. Non è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità, in quanto il controricorso depositato dal Ministero della difesa va dichiarato inammissibile.

Il ricorso per cassazione è stato infatti notificato al Ministero della difesa il 23 luglio 2020.

Da questa data è iniziato a decorrere il termine di 20 giorni per il deposito del ricorso da parte dei ricorrenti, dalla cui scadenza decorre il successivo termine di 20 giorni per la notifica del controricorso (art. 370 c.p.c.).

Il primo dei suddetti termini, al lordo della sospensione feriale, è spirato il 12 settembre 2020. Tuttavia poichè il 12 settembre 2020 cadeva di sabato, il suddetto termine era prorogato ope legis al 14 settembre 2020.

Da tale data cominciò dunque a decorrere l’ulteriore termine di 20 giorni di cui all’art. 370 c.p.c., comma 1; tale termine andava a scadere domenica 4 ottobre 2020, ed era quindi prorogato ope legis a lunedì 5 ottobre 2020.

Il controricorso del Ministero della difesa risulta tuttavia essere stato notificato il 6 ottobre 2020, e quindi fuori termine.

6. L’inammissibilità del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento, se dovuto, a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, se dovuto, da parte di G.A., G.D., G.Z., G.S., G.V.i.T. e Go.Ve., in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2021

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