Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8829 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8829 Anno 2015
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA
sul ricorso 23223 2009 proposto da:

VITTONE

RENALDO

VTTRDL58H1OH890N,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA A. DEPRETIS 86, presso lo
studio dell’avvocato PIETRO CAVASOLA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ELIO
GUGLIELMINO;
– ricorrente –

2015
401

contro

PISTONO WALTER PSTWTR5OTO4H890I, BAUDINO MARGHERITA
BDNMGH50C49H890G, elettivamente domiciliati in ROMA,
LARGO MESSICO 7, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 30/04/2015

FEDERICO TEDESCHINI, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MUSUMECI TOTI SALVATORE;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 1339/2008 della CORTE
D’APPELLO di TORINO, depositata il 29/09/2008;

udienza del 26/02/2015 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito l’Avvocato Cavasola Pietro difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avv. Michele Damiani con delega depositata in
udienza dell’Avv. Tedeschini Federico difensore dei
controricorrenti che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine, il rigetto del
ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo

E

Vittone Giovanni e Vittone Rinaldo con ricorso del 15 aprile 2002,
comproprietari degli immobili siti nel Comune di San Giorgio Canavese
censiti

al foglio VII nn. 441 e 484 del CT di detto Comune,

convocavano in giudizio

davanti al Tribunale di Ivrea i coniugi Pistono

Walter e Margherita Baudino comproprietari del finitimo fondo

nel

(Torino)

medesimo Comune, chiedendo che fossero emessi i provvedimenti necessari
per la manutenzione del possesso di servitù di passaggio pedonale e carraio
sulla proprietà dei convenuti

ordinando a questi ultimi di astenersi

dall’apposizione della sbarra o di qualsivoglia altro sistema di chiusura e/o di
ostacolo nel sito asservito. In particolare, i ricorrenti esponevano i loro fondi
come già indicati confinavano con la proprietà dei coniugi Pistono e Baudino
e
_
e

e godevano

di una servitù perpetua di passaggio da esercitarsi con ogni

mezzo su una striscia di terreno della larghezza di metri 4 corrente lungo il
lato ovest della stessa particella 482 di proprietà dei sopradetti coniugi: Su tale
particella fin dal 1997, i ricorrenti avevano esercitato l’accesso ed il recesso
alle e dalle loro proprietà, anche con mezzi meccanici e come loro i familiari,
gli amici e i terzi per motivi di lavoro posto che Vittone Rinaldo esercitava
l’attività di idraulico e tale attività aveva adibito il piano terra del fabbricato.
Transitavano la stradella di cui dice con i camion i fornitori di materiali di
idraulica, così come con i loro camion accedevano i venditori e gli acquirenti
di legna. Sennonché, da qualche tempo i coniugi Pistono e Baduino avevano
manifestato la volontà di apporre una sbarra all’imbocco
rimettendo copia di un progetto di realizzazione

.

della stradina,

e allo scopo era stata

concessa autorizzazione, salvo i diritti dei terzi, in data 10 gennaio 2002.
1

4

Si costituivano i coniugi Pistono e Baduino eccependo che mancava la prova
della molestia o anche solo del pericolo di essa. I ricorrenti non avevano
neppure indicato, ai fini della tempestività del ricorso, il periodo preciso in cui
sarebbero stati iniziati i lavori, né la tipologia degli stessi. Il progetto
comunicato alla controparte era stato modificato e la modifica

era stata

approvata dal Comune e, pertanto, il progetto indicato dai ricorrenti come
pericolo al loro possesso non sarebbe stato mai realizzato, mancava,
comunque, agli atti la prova del possesso, come asseritamente esercitato da
controparte, posto che in origine la servitù era destinata solo a scopi agricoli e
non per le attività indicate dalla controparte. La chiusura della sbarra,
comunque,

avrebbe consentito una legittima

tutela della proprietà dei

convenuti nei confronti dei terzi.
Il Tribunale di Ivrea con sentenza 255 del 2005 accoglieva la domanda di

_
,
_

manutenzione nel possesso ed ordinava ai convenuti di rimuovere la sbarra e
di astenersi dall’apposizione di qualsivoglia meccanismo di chiusura che da
qualsivoglia forma di molestia e/o ostacolo al passaggio.
Avverso questa sentenza interponevano appello i coniugi Pistono e Baudino
contestando la condanna a rimuovere la sbarra, posto che la presenza di idonei
sistema di apertura

anche

automatici

a distanza escluderebbe

la

configurabilità di una molestia nel possesso.
Si costituivano in giudizio i fratelli Vittore, chiedendo il rigetto dell’appello e
la conferma della sentenza di primo grado.
La Corte di appello di Torino con sentenza n. 1339 del 2008 accoglieva
parzialmente l’appello e in riforma della sentenza di primo grado ordinava a
,

Pistono e Baudino di dotare la sbarra di chiave e telecomando di apertura e
2

b

chiusura da consegnare al Vittone, nonché di installare un impianto citofonico
all’ingresso della stessa collegato con la proprietà Vittone. Secondo la Corte
di Torino l’apposizione della sbarra con le caratteristiche emerse nel corso
del giudizio consentivano comunque, il passaggio

pedonale e carraio ed il

comodo accesso alla stradina dalla via pubblica accompagnato dalla consegna

citofonico

di chiavi e telecomando ai sigg. Vittone e apprestamento di un impianto
alla loro proprietà non solo sarebbe stato nel pieno diritto dei

coniugi Pistono e Baudino, ma non limitava

in alcun modo il diritto di

passaggio dei Vittone.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Vittone Renaldo con
ricorso affidato a quattro motivi. I coniugi Pistono e Baudino hanno resistito
con controricorso.
Motivi della decisione

_
_

1.= Preliminarmente va esaminata l’eccezione avanzata dai controricorrenti
(Pistono e Baudino) relativa all’inesistenza della notifica del presente ricorso
per cassazione e conseguente inammissibilità del ricorso, nonché passaggio in
giudicato della sentenza impugnata. Secondo i controricorrenti il presente
ricorso per cassazione sarebbe inammissibile perché

notificato, il 21

settembre 2009, presso lo studio degli avvocati Alessandro Bonzo ed
Elisabetta Turrini che erano stati revocati e sostituiti con gli avvocati Stefano
Altara, Nicoletta Domenichini e Roberto Castelli, eleggendo domicilio presso
lo studio di questi ultimi. In particolare, si specifica che in data 22 gennaio
2008, i controricorrenti sostituendo

espressamente i precedenti avvocati

difensori, avevano conferito un nuovo mandato difensivo agli avv.ti Stefano

Altara, Nicoletta Domenichini e Roberto Castelli, eleggendo il domicilio
3

k

presso il loro studio in Torino via Ettore De Sonnaz 14. La memoria di
costituzione con in calce la nuova procura alla lite sottoscritta dai sig.ri
Pistono e Baudino, dichiarano gli stessi controricorrenti, di averla ritualmente
depositata nella Cancelleria della Seconda Sezione della Corte di Appello di

apposto dal Cancelliere in calce all’originale della memoria stessa.
1.1.= L’eccezione risulta infondata poiché la notificazione come sopra
effettuata va ritenuta nulla e non inesistente, con la conseguenza che la
proposizione del controricorso da parte dei notificati ne ha determinato la
sanatoria.
Come ritiene la dottrina processualistica, l’elemento discriminatorio tra nullità
,
_

ed inesistenza deve individuarsi avendo riguardo degli interessi e dei diritti
facenti capo ai soggetti coinvolti nella notificazione. Logico è che una
notificazione che esorbitando del tutto dai suoi paradigmi legislativi, sia stata
effettuata in

luoghi e/o a persona assolutamente estranei alla sfera del

destinatario dell’atto giudiziale,

debba ritenersi inesistente in quanto lesiva

del diritto alla difesa di costui. Di contro, altrettanto logico è ritenere
“solamente” nulla la notificazione che, seppur effettuata in inosservanza delle
norme che la disciplinano, sia in grado di portare l’atto a conoscenza del suo
destinatario e metterlo nelle condizioni di difendersi in giudizio, e/o,
comunque, la notificazione, abbia raggiunto il suo scopo, anche perché
muovere da premesse diverse da queste appena evidenziate, significherebbe
sottrarre la notificazione dai poteri di impulso del suo autore e subordinare la
sua validità ai comportamenti del suo destinatario. Per altro e in altri termini,

considerato anche che il codice di procedura civile italiano non contiene
4

Torino, in data 29 gennaio 2008, come si evincerebbe dall’esame del timbro

_
alcuna disposizione in merito all’inesistenza degli atti giudiziali, appare
ragionevole, ritenere che l’inesistenza della notificazione operi residualmente
e solo, nelle ipotesi in cui, per una radicale estraneità delle modalità di
esecuzione al modello processuale, non possa ragionevolmente ritenersi
conseguito lo scopo prefissato dalla legge. L’inesistenza giuridica della

notificazione, insomma, va ravvisata quando questa manchi del tutto o sia
effettuata in modo assolutamente non previsto dal codice di rito, tale, cioè, da
non consentirne l’assunzione nel tipico atto.
Ora, nel caso concreto, occorre considerare che la notifica de qua non può
ritenersi effettuata presso persona e/o in luogo non aventi alcun riferimento
con il destinatario dell’atto e che esso, pur se viziato, poiché eseguito al di
fuori delle previsioni dell’art. 330 c.p.c., può essere riconosciuto come
_

appartenente alla categoria delle notificazioni, anche se non idoneo a produrre
in modo definitivo gli effetti propri del tipo di atto. D’altra parte, non è privo
di significato il fatto che la notificazione sia stata effettuata presso lo studio
degli avvocati Bonzo e Turrini, essendo questi procuratori, di Pistone e
Baudino, nel giudizio fino alla revoca cui fanno riferimento i controricorrenti
e, soprattutto, non è senza significato che la sentenza della Corte di Appello di
Torino riporti in epigrafe quale domicilio di Pistone e Baudino la sede dello
studio degli avvocati Bonzo e Turrini. Così come non è neppure senza
significato che gli attuali controricorrenti in ragione di quella notifica si sono,
comunque, regolarmente costituiti nel presente giudizio di cassazione, dato
che la regolare costituzione è indice che la notificazione seppure viziata ha
1
3(

raggiunto l’effetto cui era destinata.

2.= Vittone Renaldo lamenta:
5

_
a) Con il primo motivo del ricorso, la violazione e falsa applicazione di norme
di diritto nel combinato disposto degli artt. 841, 1064, secondo comma, 1067,
secondo comma, e 933 cc. (art. 360 n. 3 cpc). Secondo il ricorrente, la Corte
distrettuale nel ritener lecita la chiusura della strada oggetto della servitù di
passaggio di che trattasi non avrebbe tenuto conto del principio affermato in

maniera costante dalla giurisprudenza di questa Corte, quello secondo cui il
disagio derivante dalla chiusura del fondo servente sarebbe dovuto risultare
per il titolare del diritto di servitù minimo e trascurabile ed ad un tempo
avrebbe trascurato una valutazione comparativa dei contrapposti interessi. Nel
caso concreto, l’incomodo rappresentato dall’apposizione della sbarra
all’inizio del vialetto

lungi dal potersi ritenere minimo ed irrilevante,

risulterebbe obiettivamente gravatorio e del tutto inutile, non apportando
_

alcun vantaggio alla proprietà dei coniugi Pistono e Baduino. L’intervento
modificatore della preesistente situazione costituirebbe incomodo grave basti
pensare che la posa della sbarra impedirebbe ai numerosi fornitori del sig.
Vittone di accedere veicolarmente al proprio immobile costituito oltre che da
fabbricato di abitazione

da un grande magazzino per l’espletamento

dell’attività artigianale ed impiantistica sanitaria e da notevole estensione di
terreno circostante per il ricovero di commerciato legname per le operazioni
di carico e scarico anche quando non è presente uno dei Vittone. E di
più,l’effettivo scopo perseguito dai coniugi Pistono e Baudino
l’installazione della contestata sbarra

attraverso

non sarebbe mai stato quello di

salvaguardare il bene oggetto del proprio diritto

bensì quello diverso di

regolamentare unilateralmente il traffico veicolare verso al proprietà Vittone
.

nella consapevolezza di come fosse alla medesima garantita titulo una servitù
6

k

perpetua di passaggio pedonale e con ogni sorta di veicolo.
Pertanto, conclude il ricorrente, dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se in sede
possessoria, pur in mancanza di qualsivoglia utilità per il fondo servente e per
i suoi proprietari e, a contrario, di evidente nocumento del fondo dominante e
dei suoi titolari, possa ritenersi corretta in applicazione delle norme di cui agli

artt. 841, 1064, secondo comma, 1067, secondo comma, la decisione che
consente l’apposizione di una sbarra a chiusura di sito asservito a passaggio,
esterno al fondo

dominante seppure appartenete a medesimo proprietario

recintato e protetto. Dica ancora se ricorrendo le circostanze

di cui sopra e,

pertanto, di mancanza di utilità per il fondo servente e di grave nocumento e
molestia per quello dominante, debba invece ritenersi integrato il disposto
della norma di cui all’art. 833 cc., e se l’integrarsi in concreto di tale norma
sia o meno ostativo all’operatività degli artt. 841, 1064, secondo comma,
1067, secondo comma.
b).= Con il secondo motivo, l’omessa o insufficiente motivazione

circa un

fatto decisivo per il giudizio, nel combinato disposto degli artt. 833, 841, 1064
secondo comma, 1067, secondo comma. Secondo il ricorrente, la motivazione
con la quale la Corte distrettuale avrebbe ritenuto legittima la chiusura della
strada su cui veniva esercitato il diritto di servitù di cui si dice avrebbe a
presupposto circostanze e ragioni inidonee a sorreggere la decisione. In
particolare la Corte distrettuale avrebbe omesso di prendere in considerazione:
a) che il dispositivo di chiusura prescelto e predisposto dai contenuti era una
semplice sbarra e non un cancello; b) il fondo servente era risultato
interamente recinto a prescindere dalla sbarra; c) il sito transitorio si trovava
.

al di fuori del predetto sistema di recinzione e protezione; d) la sbarra non
7

t)9t

sarebbe di utilità alcuna ai fini della sicurezza, dato che consentirebbe,

_

comunque, il transito pedonale; e) l’installazione e messa in funzione della
sbarra non arrecherebbe alcun vantaggio alla proprietà dei Pistono; 9 l’intento
dei Pistone è stato sempre quello di indebitamente regolamentare il traffico
della proprietà Vittone e non già quello di tutelare il bene oggetto del proprio

diritto.
2.1.= Le dette censure, per evidenti ragioni di ordine logico e per economia di
trattazione e di motivazione, possono essere esaminate congiuntamente per la
loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando entrambe sia pure
sotto profili diversi la questione relativa alla legittimità, nel caso concreto,
della chiusura della strada su cui insiste la servitù di passaggio oggetto del
_

giudizio, e le dette censure sono infondate, non solo perché si risolvono nella
richiesta di una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto già vagliati
dalla Corte distrettuale, non proponibile nel giudizio di cassazione se, come
nel caso in esame, la valutazione effettuata dal Giudice del merito non
presenta contraddittorietà e/o illogicità, ma, anche, perché la decisione della
Corte di Torino ha correttamente contemperato il diritto di transito, con quello
dei proprietari del fondo servente: di provvedere ad una qualche forma di
chiusura dello loro proprietà.
Come ha avuto modo di chiarire la Corte di Torino, l’apposizione della sbarra
con le caratteristiche emerse nel corso del giudizio, consentendo, comunque, il
passaggio pedonale e carraio ed il comodo acceso alla stradina della via
pubblica, accompagnato dalla consegna delle chiavi

e telecomandi, ai sigg.

Vittone e apprestamento di un impianto citofonico collegato alla loro
.

proprietà non solo è nel pieno diritto dei Pistono Baudino, ma non limita in
8

O

alcun modo il diritto di passaggio dei ricorrenti. E’, dunque, del tutto evidente
che la Corte distrettuale, diversamente da quanto ritiene il ricorrente, ha
fondato la sua decisione su un corretto bilanciato delle contrapposte esigenze:
le esigenze dei proprietari del fondo dominante, con le esigenze del fondo

indicati “non limitava, in alcun modo, il diritto di passaggio dei ricorrenti.
Come afferma la dottrina più attenta e anche la giurisprudenza di questa
Corte, richiamata dalla Corte di Torino, l’esistenza di una servitù, pur
comportando la restrizione delle facoltà di godimento del fondo servente, non
impedisce al suo proprietario, anche quando il fondo è gravato da servitù di
passaggio, di operare la chiusura del fondo stesso, essendogli riconosciuta tale

facoltà dal combinato disposto degli artt. 841 e 1064 cod. civ., purché dalla

..

chiusura non derivino restrizioni al contenuto della servitù e si adottino mezzi
idonei ad assicurare al titolare di essa la libera esplicazione del proprio diritto,
sia pure con un minimo e trascurabile disagio.
2.1.a).= Piuttosto, a fronte delle valutazioni della Corte distrettuale il
ricorrente contrappone le proprie, affermando, in particolare, che la chiusura
della stradina su cui insite la servitù di passaggio, non avrebbe apportato
alcuna utilità al fondo servente ed, invece, avrebbe creato un grave nocumento
al fondo dominante, ma della maggiore o minore attendibilità di queste
rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non è certo consentito
discutere in questa sede di legittimità, né può il ricorrente pretendere il
riesame del merito sol perché la valutazione delle accertate circostanze di
fatto, come operata dal giudice di secondo grado, non collima con le loro

aspettative e confutazioni.
9

servente, specificando che l’apposizione della sbarra con gli accorgimenti

3.= Il ricorrente lamenta, ancora:
a) Con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto
nel combinato disposto degli artt.91 primo comma e 92 secondo comma cpc.
Secondo il ricorrente, la compensazione delle spese giudiziali di entrambi i
gradi del giudizio non sarebbe, nel caso in esame, corretta, quantomeno, non

sarebbe corretta la compensazione relativa alle spese del primo grado di
giudizio tenuto conto che gli attuali ricorrenti avrebbero fatto ricorso agli
organi giudiziari perché costretti dal comportamento dei coniugi Pistono.
Pertanto, conclude il ricorrente, dica l’Ecc.ma Corte di cassazione se sia
legittima la compensazione anche solo parziale delle spese del precedente
grado di causa da parte del giudice dell’impugnazione , allorquando nel
menzionato precedente grado,
..

totale sia stata la soccombenza della parte

condannata alla refusione, e la parziale riforma della sentenza

nel grado

successivo abbia avuto a presupposto dei comportamenti rilevanti non tenuti
dal soccombente nel precedente grado del giudizio, ma solo proposti ad
incardinato giudizio di appello. Dica, altresì, se tali presupposti, e per tanto
sulla

mera

enunciazione

di

un

futuro

comportamento,

il

giudice

dell’impugnazione possa parzialmente compensare le spese del giudizio
avanti a sè.
b)

Con

il

quarto

motivo,

l’omessa

o

insufficiente

motivazione

nell’imputazione delle spese di lite nel combinato disposto con gli artt. 91
primo comma e 92 secondo comma. Cpc. Secondo il ricorrente di difficile
comprensione risulterebbe l’iter logico seguito dal giudice

di appello per

giungere alla compensazione delle spese giudiziali essendo limitato ad
.

affermare che: “l’esito complessivo del giudizio e la facoltà discrezionale di
10

A

valutare la causalità nella fase iniziale

e successiva del procedimento,

legittima la compensazione per metà delle intere spese della lite, restando il
residuo a carico di Pistono Baudino.
3.1.= La Corte rileva l’infondatezza delle dette censure che, per evidenti

possono essere esaminate congiuntamente.
E’ affermazione pacifica in dottrina e nella stessa giurisprudenza di questa
Corte (da ultimo Cass. n. 23226 del 14/10/2013)

che il giudice di appello,

allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere
d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo
regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito
tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della
soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un
criterio unitario e globale, sicché viola il principio di cui all’art. 91 cod. proc.
civ., il giudice di merito che ritenga la parte soccombente in un grado di
giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado.
Va, altresì, osservato che la nozione di soccombenza reciproca, che consente
la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art. 92,
secondo comma, cod. proc. civ.), sottende – anche in relazione al principio di
causalità – una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che si
siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti ovvero
anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia
stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli
altriovvero quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa
.

e riguardi una domanda articolata in un unico capo.
11

ragioni di ordine logico e per economia di trattazione e di motivazione,

I
Ora, la Corte di Torino, ha osservato questi principi e come tale la sentenza

_

impugnata non merita le censure che le sono state rivolte. Infatti, la Corte
distrettuale ha predisposto il regolamento delle spese giudiziali, così come
avrebbe dovuto fare, avuto riguardo all’intero giudizio. A sua volta,

compensazione delle spese dell’intero, la Corte distrettuale tenuto conto della
causalità nella fase iniziale e successiva del procedimento, ha correttamente
ritenuto di effettuare una compensazione per la metà delle intere spese della
lite e di porre la restante metà a carico dei coniugi Pistono e Baudino.
Il ricorrente, in verità, ritenendo non comprensibile l’iter logico seguito dalla
Corte di Torino, non tiene conto che se le spese del giudizio fossero state

poste totalmente a carico dei coniugi Pistono e Baudino, sarebbe stato violato
il principio della soccombenza, perché sarebbe stata vanificata la parziale
vittoria dei coniugi indicati e se, invece, le spese di cui si dice fossero state
compensate per l’intero, sarebbe stata vanificata la causalità iniziale del
giudizio che secondo la Corte distrettuale l’origine causale del giudizio era
riconducibile al comportamento dei coniugi Pistono e Baudino.
In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio di
soccombenza ex art. 91 cpc. condannato al pagamento delle spese del presente
giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio di cassazione che liquida in €. 3.200,00 di cui €. 200,00
per esborsi oltre spese generali ed accessori come per legge.

/7

.
12
i

nonostante, la soccombenza reciproca avrebbe potuto comportare la

Così deciso nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte di Cassazione il 26 febbraio 2015

,

,

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