Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8829 del 13/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/05/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 13/05/2020), n.8829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24653-2018 proposto da:

N.K., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMILIANO VIVENZIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO MONZA;

– intimati –

avverso il decreto n. R.G. 46814/2017 del TRIBUNALE di MILANO,

depositato il 06/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA

ALDO ANGELO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- N.K., proveniente dal Punjab (Pakistan), ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Milano avverso il provvedimento della Commissione territoriale, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) e pure di diniego del riconoscimento della protezione umanitaria.

Con decreto depositato in data 6 luglio 2018, il Tribunale milanese ha rigettato il ricorso.

2.- In punto di riconoscimento del diritto di rifugio, il decreto ha rilevato che il “racconto del ricorrente” è risultato scarsamente credibile; ha pure richiamato, in proposito, la valutazione della Commissione territoriale, come tesa a evidenziare l’inattendibilità della vicenda narrata. In ogni caso, il Tribunale ha osservato che la partenza del ricorrente dal Paese d’origine appare indicativa di una decisione sorretta principalmente da esigenze di natura economica (legate, tra l’altro, alla crescita del nucleo familiare per la nascita di un figlio). E ha aggiunto che tali esigenze sono oggettivamente non rilevanti per il riscontro della sussistenza della misura invocata.

Quanto al tema della protezione sussidiaria, il decreto ha rilevato che “vi è una convivenza generalmente pacifica tra sciiti e sunniti” nella zona di provenienza del richiedente; questa non rientra tra quelle caratterizzate da una situazione di conflitto armato o violenza indiscriminata; lo stesso sito (OMISSIS) (21 febbraio 2018), sebbene sconsigli i viaggi, non li vieta.

In ordine alla protezione umanitaria, il decreto ha evidenziato che il ricorrente non ha allegato ragioni di vulnerabilità personale idonee ad integrare i presupposti per il riconoscimento di tale misura; nè questi risulta integrato in modo adeguato o economicamente indipendente.

3.- Avverso il detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione N.K., con due motivi.

Il Ministero non ha svolto difese nel presente grado del giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorso censura il decreto del Tribunale milanese: (i) col primo motivo, per violazione della normativa di legge sulla protezione internazionale; (ii) col secondo motivo, per violazione della normativa sulla protezione umanitaria, nonchè per avere omesso di valutare i rischi per l’incolumità personale del ricorrente e della sua famiglia in caso di rimpatrio.

5.- Il ricorso va dichiarato inammissibile, in relazione a entrambi i motivi di cui si compone.

Lo stesso si ferma, infatti, alla formulazione di una serie di enunciati di tratto solo generico, che non manifestano sostanziali collegamenti coi contorni propri della fattispecie concreta, nè vengono in contatto con i contenuti specificamente proposti dalla decisione della Corte di Appello. Ne segue che il ricorso risulta non rispettoso dei precetti di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, come pur avrebbe dovuto.

6.- Va tenuto particolarmente presente, in proposito, che il motivo di ricorso per cassazione deve necessariamente enunciare “le ragioni per le quali la decisione è erronea” e deve tradursi “in una critica” specifica e puntuale “della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso” (Cass., 31 agosto 2015, n. 17330).

Pertanto, “il motivo di ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata”, formulata “senza articolazione di motivi” ovvero “sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati” (Cass., 14 maggio 2018, n. 11603; cfr., altresì, tra le tante, Cass., 2 marzo 2018, n. 5001; Cass., 3 agosto 2007, n. 17125; Cass., 6 luglio 2007, n. 15263).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello domato per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 26 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 13 maggio 2020

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