Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8828 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8828 Anno 2015
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 24170-2009 proposto da:
PRETARI NINA C.F.PRTNNI26P66L496F, NAVALESI GIANNI
GIULIO C.F.NVLGNG49R17A496Y, NAVALESI MARTA
NVTMTG60E41A4961, elettivamente domiciliati in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentati e difesi dall’avvocato RICCARDO RAGUSA;
– ricorrenti contro

EMME

34

DELL’AMM.RE

SRL
E

C.F.

00513770453,

LEGALE

RAPP.TE,

IN

PERSONA

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 2/B,

Data pubblicazione: 30/04/2015

presso lo studio dell’avvocato STEFANO LATELLA,
rappresentata e difesa dall’ avvocato DINO DEL
GIUDICE, per proc. spec.del 9/2/2015;
– controricorrente

avverso le sentenze della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

n.1154/08 dep. 1’11/10/08 definitiva;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/02/2015 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocato Del Giudice Dino difensore della
controricorrente che ha chiesto il rigetto del
ricorso e si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’improcedibilità del ricorso.

depositata il 15/02/2007 n.115/07 non definitiva e

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 1992 la società EMME 34 s.r.l.
conveniva in giudizio Navalesi Gianni Giulio, Navalesi
Marta e Pretari Nina e chiedeva l’accertamento di una
servitù di passo pedonale e carrabile su area di

dall’atto notarile del 9/2/1970 e dall’allegata
planimetria, nonché la condanna alla rimozione delle
opere che ostruivano il passaggio e il risarcimento dei
danni.
Navalesi Gianni Giulio si costituiva, chiedeva il
rigetto delle domande e formulava una riconvenzionale
di riduzione in pristino e di risarcimento danni, che
non è oggetto del presente ricorso per cassazione; si
costituivano successivamente anche Navalesi Marta e
Pretari Nina che chiedevano il rigetto delle domande
della società attrice.
Con sentenza del 15/1/2004 il Tribunale accoglieva la
domanda della società, ma rigettava la sua domanda
risarcitoria.
La sentenza era appellata sia da Navalesi Gianni Giulio
che, con appello incidentale, dalla società attrice che
insisteva per la liquidazione del danno anche in via
equitativa.

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proprietà dei convenuti per tutta l’ampiezza risultante

Con sentenza non definitiva n. 115 del 2007 la Corte di
Appello di Genova rigettava l’appello di Navalesi
Gianni Giulio e con sentenza definitiva in data
11/10/2008 accoglieva l’appello incidentale della
società liquidandole il danno nella complessiva somma

La Corte di appello, con la sentenza non definitiva,
riteneva decisivo, per la delimitazione dell’area
assoggettata a servitù, l’atto notarile e la pianta
topografica allegata all’atto,

alla quale l’atto

rimandava per individuazione dei luoghi sui quali si
stabiliva la servitù; la Corte territoriale, recependo
le conclusioni del CTU osservava che era stato
accertato, raffrontando planimetria con la situazione
di fatto direttamente riscontrata,

che i lotti

destinati alla costruzione del villino di proprietà
dell’appellante erano variati rispetto alla planimetria
perchè invadevano parte dell’area asservita a passo.
Navalesi Gianni Giulio, Navalesi Marta e Pretari Nina
hanno proposto ricorso affidato a tre motivi.
La società EMME 34 s.r.l. ha resistito con il
controricorso e ha depositato memoria.
Motivi della decisione

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di euro 5.000 oltre rivalutazione e interessi.

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono il vizio
di motivazione sotto due profili così sintetizzati a
conclusione del motivo:
a) perché la Corte di Appello ha fatto riferimento, per
la individuazione della proprietà un atto notarile non

che la Corte di appello non avrebbe motivato sulle loro
difese secondo le quali nell’atto notarile 9/2/1970 con
il quale Navalesi Ezio acquistò il fondo le servitù di
passo furono individuate sulla base di una allegata
planimetria, mentre il CTU aveva fatto riferimento ad
un atto notarile sempre del 9/2/1970 denominato atto di
rettifica della servitù che non conteneva alcun
riferimento a Novaresi Ezio, loro dante causa;
b) perché la Corte di Appello non avrebbe compiutamente
risposto alla richiesta di rinnovare la CTU espletata
in primo grado al fine

di ricollocare catastalmente

tutti gli immobili interessati dalla lottizzazione,
onde verificarne l’esatta collocazione rispetto agli
atti di provenienza ed accertare in tal modo se ci
fosse stato un effettivo sconfinamento da parte della
proprietà Navalesi.
1.1 La censura sub a) è inammissibile per irrilevanza
in quanto muove dall’indimostrato e neppure verosimile

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a

applicabile alla fattispecie; i ricorrenti sostengono

presupposto che vi sia una differenza tra quanto emerge
dall’atto di rettifica e la planimetria allegata
all’atto di acquisto del fondo da parte di Navalesi
Ezio recanti la medesima data e redatti dallo stesso
notaio; neppure sono indicate le risultanze, in tesi

vendita.
La censura sub b) è inammissibile in quanto non integra
un vizio di motivazione, ma si risolve nella
prospettazione della necessità di indagini tecniche
meramente esplorative (si avanza la mera ipotesi
dell’avanzamento di due villini: il villino A e il
villino B) a fronte della esauriente motivazione del
Giudice di Appello (come riportata nella stessa
esposizione del motivo) il quale ha osservato che
nessuna integrazione della CTU appariva necessaria,
attesa l’evidenza degli accertamenti del CTU che aveva
evidenziato e descritto la situazione di fatto anche
con la redazione di una pianta topografica dei luoghi e
delle differenze tra la realtà esistente e quella
risultante dal titolo, aggiungendo che sulla
descrizione non vi erano contestazioni; va aggiunto che
pure la richiesta di ricollocare catastalmente tutti
gli immobili interessati dalla lottizzazione per

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diverse, della planimetria allegata all’atto di

accertare in tal modo se ci fosse stato un effettivo
sconfinamento da parte della proprietà Navalesi appare
richiesta meramente esplorativa.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la
violazione dell’art. 345 c.p.c. sul presupposto che la

l’eccezione riconvenzionale di usucapione.
I ricorrenti chiedono che sia affermato il principio di
diritto per il quale deve ritenersi ritualmente
proposta l’eccezione riconvenzionale di usucapione,
anche nell’ipotesi in cui non sia espressamente
formulata nelle conclusioni, ma introdotta tra i
motivi.
2.1 Il motivo è inammissibile in quanto non attinge la
ratio decidendi della sentenza impugnata.
Infatti, la Corte di Appello, pur osservando che
l’eccezione non fu riproposta in sede di precisazione
delle conclusioni, ha deciso nel merito rigettando
l’istanza di interrogatorio formale delle parti
contumaci, diretta a dimostrare l’usucapione (ossia
l’esistenza di opere che occupano il terreno fin dal
1970) in quanto le parti erano nella stessa situazione
processuale e sostanziale dell’appellante e dunque non
potevano riferire su fatti a loro favorevoli; ha

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Corte di Appello abbia ritenuto inammissibile

aggiunto che la parte poteva provare l’usucapione con
documenti, quali le concessioni ottenute dal Comune, ma
tale prova non era stata fornita; in altri termini ha
preso in esame l’eccezione di usucapione e l’ha
rigettata per mancanza di prova; queste rationes

3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono nuovamente
il vizio di motivazione in relazione al mancato esame,
al fine dell’accoglimento dell’eccezione di usucapione,
di una foto aerea dell’11/7/1971 che documenterebbe un
muro di confine già esistente e, a loro dire, idoneo a
delimitare l’area di confine negli stessi termini in
cui si trova attualmente.
3.1 Il motivo è inammissibile perché la decisività
(neppure valutabile da questa Corte a causa della
mancata produzione della foto aerea in violazione di
quanto prescritto dall’art. 369 comma 2 n. 4 c.p.c.)
semplicemente affermata in modo del tutto generico, ma
non dimostrata, nè i ricorrenti deducono di avere
argomentato la rilevanza della produzione nel giudizio
di appello.
4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile per l’inammissibilità di tutti i motivi.

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decidendi non hanno formato oggetto di ricorso.

Le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate
come in dispositivo, seguono la soccombenza dei
ricorrenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta

il ricorso e condanna i ricorrenti

in solido a pagare alla controricorrente s.r.l. EMME 34
le spese di questo giudizio di cassazione che liquida
in euro 2.500,00 per compensi oltre euro 200,00 per
esborsi, oltre 15% sul compenso per spese forfetarie,
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, addì 26/2/2015.

Navalesi Gianni Giulio, Navalesi Marta e Pretari Nina

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